Noi però ci domandiamo: "Se questa è la parola di Dio e se al culmine di tale rivelazione Gesù comanda ai suoi discepoli: Dovunque dite Pace!, come mai questo messaggio non è riuscito ad innervare fino ad oggi - sono passati 20 secoli - tutta la realtà della comunità ecclesiale?'' La domanda può apparire una provocazione, ma a chi fa del proprio compito (...) una educazione e un incontro tra le culture, credo che la domanda debba essere familiare. Ed è talmente importante che Gesù in quell'invio ha dato una sottolineatura apparentemente strana: se non c’è un figlio della pace, cioè una persona disponibile ad accoglierla, la pace ritorni a voi. Quasi a dire : Attenti, questo è il dono più prezioso che io metto nelle vostre mani: non lo sciupate; sappiate quanto è prezioso e quindi collocatelo nel cuore delle persone, nelle dinamiche della società, nel cuore dell’umanità. E il cammino della Chiesa nei primi secoli ci ha consegnato non poche esperienze di martirio come la fedeltà a questo ideale. Poi le cose sono cambiate.
A me ha fatto sempre molta impressione il fatto che nel 416 c'è un decreto dell’imperatore Teodosio, il quale dice che per poter essere arruolati nell'esercito imperiale bisognava essere cristiani. Dal 325 al 416, da Costantino fino a Teodosio, quale cambiamento culturale è avvenuto nella società, oltre che nella comunità ecclesiale!
Ma il discorso continua, perché una volta che la guerra diventa costume, i cristiani ''veri'' vengono esentati dal fare la guerra. Nel Medio Evo, dopo il decreto di Graziano, abbiamo duo genera christianorum, cioè due specie di cristiani: i cristiani ''veri'' che vanno diretti in paradiso e gli altri che si arrangeranno alla meglio per salvarsi : sono i "Religiosi'' e i ''Laici''. I primi, vengono esentati dal fare la guerra. Perché? Perché la guerra non è componibile con la dimensione religiosa. È importante questo dato storico, e ci dice anche la difficoltà del cammino. Però il filone sotterraneo, il filo rosso di vedere che la pace appartiene all'essenza dell'esperienza cristiana rimane; infatti quelli che sono chiamati i cristiani veri, i Religiosi, sono impediti di tradire questo messaggio e di dimenticarlo.
Oggi, a venti secoli di distanza, questa consapevolezza è molto più grande. (...) Vorrei che si ricordasse come la Bibbia vede l'arcobaleno: un arco posto come segno nel cielo. Ma l'arco è strumento di guerra, è strumento di offesa. Dio lo prende e lo trasforma in segno di pace perché abbraccia la terra, perché ricongiunge cielo e terra con una singolarità, la varietà dei colori. Non ci sarà mai pace se noi non metteremo insieme le differenze, non omologandole, non negandole, ma accogliendole così come sono. Ecco il segno dell'alleanza e della pace. Ecco che l'arco da realtà di guerra e di offesa diventa invece il segno dell'alleanza e della pace. (...)
Chiudo con due riferimenti. Il primo è dalle Fonti francescane. Vi si narra che la Povertà un giorno va a trovare il primo gruppo dei frati e dice: "Vorrei vedere come vivete. Portatemi al vostro refettorio, fatemi vedere come mangiate. Fatemi vedere come dormite... ". Alla fine chiede loro: "Mi fate vedere il vostro convento? " Il testo racconta che i frati presero la Povertà e la portarono su una piccola collina. La fecero guardare attorno e dissero: "Madonna Povertà, questo è il nostro chiostro: il mondo. Non è fatto di mura, non è fatto di barriere, non è fatto di divisioni, è il mondo. Questo è il nostro chiostro". È una grande suggestione pensare oggi alla mondialità con lo stile e lo spirito di quella prima comunità francescana.
Per chiudere vi lascio, come secondo riferimento, un apologo che per me è stato sempre di grande suggestione.
Un vecchio rabbino un giorno chiede ai suoi discepoli se sia possibile riconoscere il momento preciso in cui finisce la notte e comincia il giorno. La domanda dà origine a un dialogo interessante.
- E’ forse, reagiscono i discepoli, quando si può distinguere da lontano senza fatica un cane da una pecora?
- No, dice il rabbino.
- E’ quando si può distinguere senza fatica una palma da datteri da un fico?
- No, dice ancora il rabbino.
- Ma quand'è, allora?., chiedono i discepoli.
E il rabbino risponde:
- E’ quando, sperduto nella folla, il volto di uno sconosciuto qualsiasi vi diventa altrettanto prezioso quanto quello di un padre, di una madre, di un fratello, di una sorella, di un figlio o di una figlia, di uno sposo o di una sposa, di un amico... Fino a quel momento, fa ancora notte nel vostro cuore.
(da Cem/Mondialità - dicembre 2003)