La fame, la povertà, la corruzione e la violenza sono aumentati; ma sono cresciute anche coscienza, protesta, organizzazione, volontà esplicita di alternativa.
Quel sigillo mistico che Rahner profetizzava per questo nuovo secolo appare, senza dubbio, con molti volti, nella confusione ma anche nel dialogo. Le religioni sempre di più sono pluralismo religioso, e dovranno diventare convivenza e scambio. La fede rifrange mille nomi e mille ricerche, e la fede condivisa fraternamente sarà il grande supporto della speranza umana.
Dio è in vista. E’ in vista l’umanità nuova.
C’è una crescente, incontrollabile ansia di cambiamento.
In messaggi e fori e piattaforme la parola d’ordine è: “Vogliamo un’altra cosa!”. Vogliamo un altro mondo, perché un altro mondo è possibile, ed è necessario e urgente. Un mondo uno, senza primi né terzi, senza imperi e senza genocidi, senza profitti sanguinari e senza esclusioni disperanti. Vogliamo un’altra America, diciamo qui concretamente: senza dominazioni e senza “alche” (nell’originale “alcas”, “plurale” di Alca, Area di Libero Commercio delle Americhe, ndt), in fraterna unione. Vogliamo anche un’altra Chiesa, senza “classi”, senza centralismi, senza liti fra denominazioni.
Nel mondo questa volontà di cambiamento si esprime simbolicamente nel Forum Sociale Mondiale e nei fori regionali. Nella nostra America il cambiamento più significativo si chiama ora Lula, proiezione di speranza per tutto il continente. Nella Chiesa le inquietudini stanno convergendo nella proposta di un processo conciliare, che sembrerà inopportuna a certi spiriti retrogradi e che tuttavia traduce in forma assolutamente ecclesiale la volontà di tantissimi di essere e di fare un’altra Chiesa, più dalla parte dei poveri del Regno, più samaritana, più sinodale, più corrispondente, più fraterna. Non è inopportuno un Concilio Vaticano III o un Messico I o un Bombay asiatico…
La verità è che siamo stanchi del dominio e della mancanza di trasparenza nei diversi ambiti pubblici e nelle segrete sfere personali. Questo nostro mondo e questo nostro piccolo cuore, tanto cattivi in apparenza, contengono una profonda carica di buona volontà, di sete di verità, di fame di vita e di Dio. I segni dei tempi, malgrado tante contraddizioni, sono ben più luminosi e carichi di speranze. Come dice il proverbio sefardita: “l’ora più scura è quando sta per albeggiare…”
Anche in questa Prelatura di Sao Felix do Araguaia, nostra adolescente Chiesa particolare, siamo al cambiamento. Quest’anno compio 75 anni e, come di rigore canonico, rinuncio alla mitra. Abbiamo avuto negli ultimi mesi un periodo abbastanza fecondo di “transizione”, con le Assemblee regionali e la promulgazione di un Manuale – obiettivi, atteggiamenti, norme – che è riferimento e guida del nostro “cammino”.
In questa ora e con questa breve circolare voglio manifestare gratitudine, a nome di tutto il Popolo della Prelatura e di tutta l’equipe pastorale, per la solidarietà, la collaborazione, la presenza gratuita e incondizionata dei tanti amici e delle istituzioni che hanno accompagnato e reso possibile la nostra missione e le sue strutture di servizio. In primissimo luogo ricordiamo ovviamente le operatrici e gli operatori pastorali che qui hanno sopportato “il peso del giorno e del calore”, e che hanno sopportato me. La lista, di operatori e amici, è troppo lunga per citarne i nomi ad uno ad uno. Dio li tiene tutti scritti nel Libro della Vita. Alcuni amici e organizzazioni ci hanno accompagnato fin dalla prima ora e soprattutto ci hanno accompagnato nelle ore della repressione e della incomprensione. Io so che i nostri amici e queste associazioni – tutti – continueranno ad essere amicizia, solidarietà, presenza per la Prelatura di Sao Felix do Araguaia. Siamo già tutti/tutte gente di casa, impresa familiare, una piccola, stimolante parte del regno di Dio “fra l’Araguia, lo Xingu, il Parà e il Travessao”.
Personalmente mi sento come uno alla fermata di un bus, senza sapere bene né l’ora né la destinazione immediate, ma, in ogni caso, sapendo che continueremo in comunione l’umile viaggio umano verso la Casa paterna-materna.
Il proverbio sefardita parla della luce dell’alba, un proverbio universale che dice che nell’ora del tramonto nessuna luce abbaglia… Faccio miei in questa ora alcuni versi di “L’uomo della Mancha” nei quali mi riconosco particolarmente:
Sognare un altro sogno impossibile
Lottare quando è facile cedere. Vincere il nemico invincibile. Negare quando la regola è vendere. Quante guerre dovrò vincere per un poco di pace! E domani, se questo suolo che ho baciato Fosse mio letto e perdono, saprò che è valsa la pena delirare e morire di passione.
E in questa ora, e in tutte le ore, valga soprattutto la parola d’ordine che le Sorelle di Gesù ci hanno ricordato, celebrando nella Prelatura i loro 50 anni di presenza in mezzo al popolo Tapirapé:
”Gridare il Vangelo con la vita”.
Ci salutiamo. Continueremo uniti nella Pace militante del Regno.
Lettera Circolare 2003
Mons. Pedro Casaldaliga