Vi è qui un’età in cui si insegna ciò che si sa, ma poi ne viene un’altra in cui si insegna ciò che non si sa: questo si chiama cercare. Ora è forse l’età di un’altra esperienza: quella di disimparare, di lasciare lavorare l’imprevedibile. (R. Barthes)
Nella scuola la sfida (una delle sfide) è oggi rappresentata dalla presenza dell'alunno straniero, presenza che viene sostanzialmente affrontata secondo due modalità/approcci. La prima modalità mira all’assimilazione/integrazione, perché deriva dall'assunto dell'alunno straniero come impasse, ostacolo da aggirare e superare, per cui la "terapia" diventa la pura e semplice acquisizione di strumenti atti a riportare la normalità nella scuola ripristinando l'equilibrio, forte del fatto che la scuola, in quanto agenzia di socializzazione e in quanto istituzione, potrebbe essere intesa come tendente all'integrazione, nel senso dell'annullamento delle differenze. Duplice è la matrice di questo approccio: da un lato infatti esso può essere ricondotto alla tendenza al mantenimento dell'integrità della cultura d'accoglienza, dall'altro alla necessità di fornire all'estraneo gli strumenti, linguistici, culturali, pragmatici, indispensabili al suo inserimento e alla sua capacità di intervento nella nuova realtà.
La seconda modalità è quella portata ad interrogarsi sulle possibilità di valorizzazione della diversità. Certo tale programma richiede preparazione, impegno, nonché risorse di vario tipo e stimoli contestuali. Questo approccio appare inoltre maggiormente problematico in quanto rischia sia di scontrarsi con rigidità e ostacoli di varia natura, sia, data la complessità della questione, di scivolare esso stesso in un eccesso "tecnicista", che sopravvaluti il supporto strumentale, per cui lo studio e la conoscenza della diversità diventa campo di applicazione di regole predefinite e polivalenti. La valorizzazione della diversità può infatti portare ad una standardizzazione della stessa, che diventa così un oggetto dogmaticamente positivo, da trattare in quanto tale. Ne deriva che le culture si riducono ad essere prodotti dati e finiti, astorici, immutabili; così, l'individuo che proviene da una cultura altra finisce per essere identificato tout-court con essa, come l'uomo "ultrasocializzato" di Parsons, e non considerato invece un protagonista, un interprete di quella cultura, che con quella cultura ha interagito, magari pure modificandola, così come interagisce con la nuova cultura. L'approccio alla valorizzazione nasconde inoltre un'altra insidia, che è quella insita nell'identificazione "diverso=ideale". In quest'ottica il diverso viene assunto come baluardo dell'identità incontaminata rispetto alla civiltà "disumanizzante" del mondo occidentale. L'approccio alla valorizzazione può dare maggiori risultati nel momento in cui si storicizzano tutte le culture, con un'attenzione critica anche nei confronti dei modelli culturali dominanti.
Scuola, istituzione per l’assimilazione e/o officina di convivialità delle differenze
La scuola, se come istituzione è portata a mettere in atto un processo di assimilazione del diverso, come officina di idee e culture rappresenta un ambito privilegiato per generare e promuovere, in qualsiasi individuo di qualsiasi cultura, il senso critico, la capacità di interrogare e ridiscutere se stessi, il proprio contesto, i propri modelli conoscitivi: questo è il primo e ineliminabile passo dell'intercultura, questo è già, di per sé, fare "intercultura", impostazione preliminare o comunque insopprimibile qualora si affronti un qualsiasi programma interculturale, in cui le esercitazioni, i percorsi e le unità didattiche costituiscono importanti strumenti di supporto, ma non certo la materia prima.
Di fronte a queste nuove presenze, diventa inoltre maggiormente importante individuare le modalità di coinvolgimento complessivo della realtà anche esterna alla scuola, in primo luogo delle famiglie straniere, attivando anche il territorio in questo rapporto, valorizzando le esperienze di vita, dando loro la possibilità di conoscere la scuola e rapportarsi ad essa, aumentando la "familiarità" con la scuola, promuovendone anche il valore in modo che essa non sia intesa semplicemente come "area di normalizzazione" dei figli. Una distanza fra scuola e famiglie, non solo in termini propriamente fisici ma anche in termini di assenza di esperienze e percorsi in comune, si traduce nella distanza fra scuola e alunno straniero, e ancor più fra l'alunno straniero e la propria famiglia, dal momento che l'esperienza scolastica dei figli se non è mediata e rielaborata nel contesto originario rischia di creare un baratro culturale rispetto allo stesso. Non dimentichiamo che l'alunno straniero è un giovane individuo che, al pari di tutti i suoi coetanei, vive un processo di inculturazione, che altro non è che il comune percorso di socializzazione primaria e secondaria, ma accanto a ciò egli è anche costretto ad affrontare un processo di acculturazione, ovvero di acquisizione di contenuti linguistici, simbolici e normativi appartenenti ad una cultura altra. Questo duplice percorso rende la costruzione dell'identità sicuramente più faticosa di quanto già non lo sia per ognuno.
L'alunno potrebbe così essere portato a "prendere le distanze" dalla famiglia che viene sentita come inadeguata al nuovo ambiente, soprattutto se in condizioni di debolezza socioeconomica come di fatto solitamente accade. Ciononostante egli avverte il disagio e il conflitto di questa distanza dalla propria stessa appartenenza, e la coscienza di questa condizione non può che aumentare la coscienza della propria diversità all'interno della scuola. Ecco perché è importante trattare la diversità come un elemento proprio di ognuno, portare tutti gli alunni della classe ove siano presenti alunni stranieri (ma anche se non sono presenti) a riscontrare a loro volta elementi di distanza rispetto al punto, o famiglia, di origine, distanza che ogni vissuto individuale inevitabilmente produce. Valorizzare la diversità significa allora evidenziare la diversità di ognuno, processo che non allontana, al contrario avvicina come avvicinano le esperienze comuni.
Adel Jabbar
Intercultura: un termine intorno al quale nascono e si promuovono oramai numerose iniziative, dibattiti approfonditi, pubblicistica, il cui elemento chiave e propulsore, nel mondo scolastico così come nella società in generale, è rappresentato dalla presenza dell'altro, inteso come migrante, come straniero. Tale presenza rappresenta in un certo senso la punta emergente di quell'ampio processo che caratterizza sempre più l'intero pianeta, noto con il termine di globalizzazione. Come la globalizzazione produce una sempre più accelerata espansione del mercato, con tutte le implicazioni sul piano economico, sociale, culturale, così si introduce un'accelerazione anche nell'ambito degli spostamenti umani. Di fatto, gli attori del mutamento sono in primo luogo gli individui che attraversano i diversi contesti culturali, e ogni cultura non è che il risultato di numerose interazioni e quindi di processi interculturali in continua trasformazione.