C'è un tempo per la guerra
ed un tempo per la pace,
ed in tanti ci si consuma per la guerra
ma non si ha il tempo
per costruire le stagioni della pace.
In troppi si seminano violenze
e distruzione e morte
indifferenti al dolore, alle sofferenze,
capaci per gli affari ed i guadagni
ma non per le ragioni della vita.
In troppi si coltiva per i giorni della guerra
moltiplicando gli arsenali,
i traffici e i depositi di armi,
le parole della contesa e dell'odio,
della sopraffazione e del disprezzo
e non i semi di ciò che produce
vita ed ancora vita
nella convivenza e nel dialogo.
Il tempo della guerra
è tempo di menzogne
– la guerra,
figlia della menzogna
e madre della menzogna –
genera se stessa
nel tempo del consenso indifferente,
dei ricompattamenti bellicisti,
della riduzione delle narrazioni,
del sonno della ragione.
E si può combattere in nome di un dio
di una religione o di una chiesa
– bestemmia la più esecrabile
la più blasfema e demoniaca.
Sempre pronti a fare di Dio
un Gott mit uns
coi colori delle proprie divise,
la benedizione delle armi,
la condivisione della propria parte
e la certezza della vittoria finale.
Se le risorse non fossero
per produrre armi
e per mantenere eserciti
anche i deserti fiorirebbero
e ci sarebbe cibo
un po' per tutti
e pace e tranquillità
ed ognuno potrebbe soggiornare
nella propria casa.
E tutto ciò non rappresenta il sogno buonista
di un qualche ingenuo irrealista,
ma una prospettiva di vita,
il frutto fecondo di precise scelte.
Eppure si continua a volere un tempo per la guerra
– e per la morte
e non il tempo della pace…
E noi, in questo tempo,
quando in tanti si sacrificano
per un tempo di guerra,
in questa Pasqua,
continuiamo ad osare
di celebrare la risurrezione
con il racconto
di un Dio sconfitto
su di un patibolo
dai potenti di turno,
dalle armi e dalla violenza.
E così facendo
scegliamo
vita ed ancora vita.
Faustino Ferrari