Formazione Religiosa

Sabato, 04 Aprile 2020 17:06

Il nostro bisogno di normalità (Faustino Ferrari) In evidenza

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La normalità della vita è fatta dallo stupore e dal gusto per le mille, piccole cose quotidiane che la compongono. Il vivere richiede un'attenzione al particolare.

Ci voleva uno stato d'eccezione come quello prodotto dalla presente epidemia del coronavirus per renderci un po' conto del nostro naturale bisogno di normalità. Molte cose che prima facevamo quotidianamente, senza alcun pensiero, ci mancano in questi giorni di forzata reclusione. Fare una passeggiata o andare al bar per prendersi un caffè. Andare al ristorante o in pizzeria con la famiglia o con gli amici. Andare al cinema, ad un concerto o a teatro. Andare a fare la spesa. Stare insieme. Abbracciarsi e baciarsi. Stringersi la mano. Viaggiare. Visitare un museo o andare in chiesa per pregare. Andare a scuola, al lavoro… Un elenco che non finirebbe più.

Ci stiamo rendendo conto che tutto ciò che prima facevamo, spesso con noia e lamentandoci del solito tran tran della vita, ora ci manca. Terribilmente. La presente eccezionalità ci fa rimpiangere la nostra precedente, sperimentata normalità. Avevamo bisogno di coltivare la trasgressione, per cercare di evadere dalle gabbie della quotidianità, ma è bastato un prolungato stato d'eccezione per cambiare la nostra percezione della realtà.

Tutto ciò non può essere spiegato semplicemente affermando che gli esseri umani tendono al conformismo ed hanno bisogno di vivere reiterando le proprie abitudini. Questo bisogno di normalità nasce dalla complessità che compone la nostra vita personale con quella sociale, mediante la cultura, i valori condivisi, le norme e le leggi, le speranze e le angosce, le esperienze e le consuetudini… Si tratta di una miscela che ci costituisce e fa di noi quello che siamo – nel bene e nel male.

Tanti nostri desideri, ora, non possono essere immediatamente realizzati. Dobbiamo tornare, com'è sempre avvenuto per le passate generazioni, a procrastinarli. Per un domani che resta ancora incerto. I desideri tornano ad essere sperimentati in quanto desideri. L'avevamo dimenticato. Li avevamo sostituiti con il soddisfacimento immediato dei bisogni. Ora, confinati per le misure restrittive imposte in tempo di epidemia, dobbiamo re(imparare) a coltivare questi nostri desideri.

La società dei consumi – l'abbiamo sempre saputo, accettando questo stato di cose – ci rende perenni insoddisfatti per incentivare al massimo il consumo. Ha cancellato dal nostro orizzonte il tempo del desiderio e ci ha offerto l'attimo del consumo. Un attimo presentatoci come fuggente, da cogliere immediatamente, ma subito sostituito con altri bisogni da soddisfare quanto prima. In un incessante gioco d'insoddisfazioni da colmare attraverso l'acquisto di prodotti e servizi. Ma questa società oggi non è in grado di offrirci ciò che desideriamo. Nessun negozio virtuale può venderci quello che aspiriamo con tutto noi stessi: il ritorno alla nostra quotidianità.

La dilatazione dei tempi, in genere, aiuta ad affinare i nostri desideri, mantenendo attuali quelli più veri e profondi. Per rendere possibile ciò si ha bisogno di calma. Ma sono la fretta e la frenesia che hanno riempito le nostre giornate fino ad ieri. C'è stato poco o nessuno spazio per il discernimento: per comprendere che cosa nella nostra vita sia importante e cosa, invece, inutile o superfluo.

Ma questo nostro desiderio di normalità sottintende una cosa affatto semplice. Non ci sarà, infatti, alcun ritorno al prima. Coltivare una simile idea sarebbe cullarsi nell'illusione. Il tempo che verrà sarà ben diverso e ci resta ancora imprevedibile. Ma se si vorrà un ritorno alla normalità, ci si rende conto che ciò comporterà un radicale cambiamento dello stile di vita. Questi giorni terribili ci stanno dicendo che siamo animali sociali, che abbiamo bisogno gli uni degli altri e che il bello della nostra vita sta proprio in quello che è sotto i nostri occhi e sta nelle nostre mani: la semplice quotidianità della nostra esistenza.

Il pensare che la normalità della vita rappresentasse soltanto conformismo ci stava negando il gusto della vita. «Dobbiamo imparare ad essere normali, nella normalità della vita», (Papa Francesco). Perché la vita, per essere amata, non ha bisogno di grandi cose. Basta una semplice carezza, il germogliare di un fiore nella crepa dell'asfalto, un sorriso, il canto di un pettirosso posato sul ramo del pruno in fiore, una lieve brezza, un pane spezzato e condiviso… Con le sue lacrime ed i suoi dolori, con le sue gioie e le sue speranze. Per chi ha occhi per vedere ed un cuore capace a comprendere tutto ciò.

La normalità della vita sta nella sua quotidianità ed è fatta dallo stupore e dal gusto per le mille, piccole cose che la compongono. Il vivere richiede un'attenzione al particolare. Una concentrazione sulle cose semplici. È quello che insegna il buddismo zen. È ciò che insegna il vangelo. Per una normalità che si rivela un'assoluta novità – poiché trasfigurata dallo Spirito. Questo stato d'eccezione ci mette nella condizione di potercene arricchire. Di tornare a dare la giusta importanza alle cose che contano veramente nelle nostre esistenze: le persone, le relazioni e gli affetti, nella condivisione di una comune fragilità – e capaci perciò a rinnovarci.

«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (1).

Faustino Ferrari

Nota

1) Is 43,18-19.

 

Letto 1396 volte Ultima modifica il Sabato, 04 Aprile 2020 17:37
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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