'A Livella è una famosa poesia, in napoletano, di Totò. Ambientata in un cimitero, parla di una persona rimasta chiusa nel camposanto dopo aver fatto visita alla tomba della zia defunta. Ha così la possibilità di assistere al discorso tra due defunti – un marchese e un netturbino – seppelliti uno accanto all'altro. La livella è la morte, che annulla le differenze, nonostante le belle tombe e gli epitaffi, le condizioni sociali e le ricchezze possedute in vita.
Il tema non è originale. Già altri, in passato, avevano affrontato l'argomento della morte che rende tutti gli esseri umani uguali. Ad esempio, lo scrittore milanese Giuseppe Parini, nel suo Dialogo sopra la nobiltà. Si tratta di un'immagine molto popolare. Ci sono detti e proverbi a non finire. La morte ci trasferisce tutti nella medesima condizione.
Qualcuno ha parlato di livella anche in questi giorni segnati dall'epidemia del coronavirus e dalla morte di migliaia di persone contagiate. Come se l'epidemia rendesse tutti uguali di fronte al pericolo della morte. Ma è proprio vero che le differenti condizioni di vita non hanno nulla a che vedere con la possibilità di morire dei contagiati? Che si è tutti nelle medesime condizioni?
Non c'è bisogno d'approfondite analisi per rendersi conto che non è così. Si sta considerando, infatti, la vita e non la morte. Le differenze ci sono e restano macroscopiche (1). Sia rispetto alla possibilità del contagio, sia rispetto all'avvalersi delle cure e al trattamento sanitario. In uno stato d'eccezione quale quello causato da una pandemia, chi non ha sufficienti mezzi di sostentamento economico, se si ammala, deve rassegnarsi a morire – e, spesso, senza poter neppure accedere ad un ospedale. Diversi leader politici si sono espressi con sufficiente cinismo a riguardo. «Rassegnarsi a veder morire i propri cari» vale essenzialmente per le classi sociali più deboli e povere. I ricchi possono curarsi con i migliori medici, nelle migliori strutture, avendo a disposizione i migliori farmaci. Per tutti gli altri restano soltanto le miserevoli briciole di un'assistenza sanitaria allo sfacelo. Mentre la mantenuta e continua efficienza delle armi e degli eserciti viene condotta unicamente per garantire l'attuale status quo, ornata con gli specchietti per le allodole del sovranismo e del populismo.
Una famiglia che occupa un appartamento di sessanta metri quadri e con quattro figli non vive l'isolamento domestico imposto allo stesso modo di quanti vivono in una villa con ampio parco. I miei vicini di casa che si sono subito rifugiati in montagna, nella loro seconda o terza abitazione, stanno conducendo una vita ben diversa da quella degli altri vicini rinchiusi in piccoli appartamenti di città. Accedere ad un posto di rianimazione, in uno stato d'eccezione, diventa per troppi una lotteria fortuita rispetto a chi ha la possibilità economica di potersi comprare il posto ed averlo garantito in una qualche clinica privata. Assicurarsi uno stato di reale isolamento è certo soltanto per coloro che ne hanno economicamente la possibilità. Mentre quanti non hanno i più semplici mezzi di sussistenza sono ridotti allo stremo e alla fame.
Molti restano ammirati per le donazioni che i vari ricchi stanno facendo. Ma anche questo è fumo negli occhi. Poiché non ci si rende conto che se i ricchi sostenessero, anno per anno, lo stato sociale attraverso il versamento di tasse adeguate, i servizi pubblici sarebbero ben migliori anche in tempo di calamità. E queste donazioni sono semplici briciole. Mark Zuckerberg, proprietario di Facebook, ad esempio, che nel 2019 ha dichiarato un patrimonio di 74 miliardi di dollari, recentemente ha annunciato di donarne 10 milioni (raddoppiabili in futuro) per l'emergenza coronavirus.
Una bella cifra? In realtà, briciole quasi invisibili. Infatti, un pensionato con un reddito annuale intorno agli 8.000 euro che compie una donazione di 10 euro, in proporzione a quanto donato da Mark Zuckerberg, offre quasi dieci volte tanto. I 10 milioni di Mark Zuckerberg rappresentano la 7.400a parte del patrimonio personale, mentre il pensionato, con la sua piccola donazione, versa la 800a parte del proprio reddito annuale. Viene alla mente il racconto evangelico dell'obolo della vedova (2).
L'attuale stato d'eccezione imposto dall'epidemia evidenzia ancora con più forza ed attualità la necessità di un altro tipo di livella, causata non dalla condizione della morte, ma resa indispensabile dallo stato della vita sul pianeta. Vale a dire, la necessità di un'equa ridistribuzione delle ricchezze e delle risorse, accompagnata al ripensamento delle funzioni di uno stato sociale che sia a vantaggio dei cittadini. La concentrazione economica verificatasi in questi ultimi decenni non è mai stata sostenibile ed il fallimento di tutto ciò c'è svelato col peso dell'attuale catastrofe.
Non c'è bisogno di briciole di pseudogenerosi filantropi, ma di giustizia.
Faustino Ferrari
Note
1) Si attende uno studio sociologico che evidenzi le condizioni economiche e le classi d'appartenenza dei morti per coronavirus.
2) Mc 12,41-44; Lc 21,1-4.