La figura di Maria ricorre nei vangeli in modo discreto, poco appariscente, anche se, in genere, significativo. Ricordiamo, ad esempio, che nel vangelo di Marco ella compare solo una volta in maniera esplicita (3,31-35), e un discorso analogo vale anche per il quarto vangelo in cui Maria viene menzionata due volte, rispettivamente all'inizio (2,1-11)e (quasi) alla fine della narrazione (19,25-27). Diverso è invece il ruolo che ella svolge negli altri due vangeli, soprattutto perché Matteo e Luca, pur se in modi diversi, raccontano la nascita e l'infanzia di Gesù.
Non è evidentemente possibile in questa sede passare in rassegna tutti i testi evangelici in cui compare Maria, e probabilmente non è neanche necessario, dal momento che esiste già un'ampia bibliografia sull'argomento. In questa sede vorremmo attirare l'attenzione solo su un aspetto della figura di Maria, quello che la rende esemplare per noi, come già lo fu per la prima comunità dei discepoli di Gesù. Come recita il titolo di questo contributo, infatti, proporremo una serie di riflessioni sulla fede di Maria, che si esprime soprattutto nell'ascolto della Parola, alla quale ella ha dato pieno assenso e consenso.
Maria modello dell'ascolto
Leggendo i vangeli, colpisce il fatto che Maria non venga presentata come un soggetto di culto, ma piuttosto come una credente, anzi, come la credente: «Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45). Pronunciando queste parole, Elisabetta riconosce che Maria, per prima e forse meglio di tutti, ha saputo accogliere e custodire la Parola fatta carne. Questa accoglienza non è avvenuta in maniera "naturale", automatica, ma è maturata invece all'interno di un processo meditativo, di cui Luca ci permette di intravedere il travaglio: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19); «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (2,51). In maniera discreta, l'evangelista evoca un tempo di silenzio all'interno del quale è avvenuta l'accoglienza di una Parola diversa da quella che Maria si aspettava. Maria ha dovuto confrontarsi con un Altro, i cui pensieri non sono esattamente simili ai nostri, come già disse il profeta Isaia (55,8-9).
Dal testo evangelico trapela una verità, per noi confortante: Maria non ha compreso tutto e subito, ma, al contrario, ha dovuto riflettere in silenzio su parole ed eventi di cui non percepiva immediatamente il senso e la logica, come anche noi dobbiamo fare. Maria, la discepola credente, ha vissuto in anticipo l'insegnamento che Gesù impartirà solo in seguito: «Non c'è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere» (Lc 8,17-18).
Non si tratta dunque solo di ascoltare e nemmeno di farlo in modo prolungato, cose di per sé già lodevoli. Esiste infatti una dimensione ulteriore, che fa piuttosto riferimento alla qualità di questo atto. Maria, in questo vera figlia d'Israele, confrontava i fatti e gli eventi che aveva davanti a sé e che riguardavano il Figlio, con le Scritture che già conosceva, alla ricerca di luce, costruendo nessi e rapporti, magari a prima vista non evidenti, ma tuttavia reali. Così facendo, Maria può veramente essere percepita ed essere realmente un modello paradigmatico, esemplare, per ogni discepolo di ieri e di oggi, dunque anche per noi.
Maria e la Scrittura
La relazione tra Maria e la Scrittura d'Israele, che noi chiamiamo Antico Testamento, è stata spesso sottolineata dai pittori i quali hanno innumerevoli volte rappresentato Maria nell'atto di leggere un libro nel momento in cui l'angelo entrò da lei. Nel racconto dell'annunciazione (Lc 1,26-38) questo non è detto esplicitamente, ma è tuttavia un modo assai valido di rappresentare l'evento in questione. Maria viene presentata come una figlia d'Israele che si confronta con le parole della Scrittura, cercando di comprenderle e desiderandone il compimento. Il suo ascolto si qualifica dunque come un processo attivo, di taglio non accademico (ci sia concesso di usare questo termine evidentemente anacronistico), ma piuttosto sapienziale ed esistenziale. Maria non si avvicina alla Scrittura per erudizione, ma per comprendere il senso della vita sua e del suo popolo.
Desideriamo sottolineare questo aspetto, perché esso è talora carente nei nostri contesti pastorali odierni, in cui si fa fatica a percepire la dimensione comunitaria della fede e si pratica spesso un ascolto individualistico della Parola, che genera a volte una fede "a modo mio", che non favorisce il senso di appartenenza ecclesiale e il conseguente impegno a livello di prassi. Pur essendo dunque da apprezzare, in senso generale, un impegno di lettura della Parola, soprattutto a fronte di altre derive di tipo pesantemente devozionistico, va comunque sorvegliata un'attitudine che potrebbe essere definita "consumistica".
Talora infatti ci si avvicina alla Scrittura con lo stesso atteggiamento con cui si va al supermercato: mettendo cioè nel carrello quello che capita, magari le offerte più pubblicizzate, senza preoccuparsi
della qualità del prodotto, e "spizzicando" qua e là. Anche da questo punto di vista ci sembra che la fede di Maria sia esemplare perché lei non si è sottratta a un confronto, a volte anche doloroso, con la Parola (cf Me 3,31-35 e paralleli), ha soppesato tra sé e sé parole ed eventi, riflettendo su di essi e restando in attesa. Di che cosa? Del loro (eventuale) compimento o di riuscire a comprendere ciò che ancora restava nascosto, si potrebbe dire.
In ogni caso, Maria tiene aperta la domanda, non si accontenta di risposte facili, scontate, rassicuranti, come si evince, a nostro avviso, dal fatto che due volte Luca sottolinea la meditazione di Maria (cf i testi già menzionati o in precedenza, cioè Lc 2,19.51). Concordiamo, a questo proposito, con quanto dice un famoso esegeta: «Questo è l'atteggiamento di Maria di Nazaret, continuamente sottolineato nel vangelo dell'infanzia: una fede riflessiva e attenta, una fede progressiva che matura e si approfondisce fino all'esperienza pasquale» (Fabris R., I Vangeli, Cittadella 1978, Assisi, p. 972).
Dall'ascolto alla lode
Se nel racconto dell'annunciazione non è detto chiaramente che Maria stava leggendo il libro delle Scritture nel momento in cui l'angelo entrò da lei, la relazione tra la madre di Gesù e la Parola emerge invece in maniera esplicita nel Magnificat (Lc 1,46-55). L'inno che Maria canta può essere paragonato a una collana, le cui singole perle sono costituite da citazioni bibliche. Molto evidente è nel testo il riferimento al cantico di Anna (1Sam 2,1-10), ma si percepisce in maniera altrettanto palese l'eco dell'esperienza dell'Esodo, di molti salmi e oracoli profetici. Si potrebbe provare a identificare le singole allusioni testuali contenute nel Magnificat, un lavoro già fatto da altri autori, ma in questa sede vorremmo solo richiamare l'attenzione su quanto il Magnificat sia profondamente radicato nell'esperienza spirituale del popolo d'Israele di cui Maria si appropria e di cui si serve per esprimere la sua esperienza. L'ascolto della Parola operato da Maria è dunque profondo e interiorizzato, al punto che ella non ha altre parole da utilizzare nel momento in cui canta, con gioia, la sua fede.
Conclusione
La fede di Maria è esemplare per ogni credente, e dunque valida e attuale anche per noi oggi. Se volessimo sintetizzare brevemente il senso del percorso fatto, potremmo ribadire l'importanza di un ascolto della Parola prolungato, attivo, che mantiene aperta una domanda, un'attesa di cui si aspetta il compimento. Non bisogna, in maniera troppo sbrigativa, concludere che per Maria tutto è stato facile, a motivo dei privilegi di grazia di cui lei avrebbe goduto, perché questa non sembra essere la prospettiva che emerge dai racconti evangelici.
I vangeli ci descrivono invece una donna profondamente radicata nell'esperienza di fede del suo popolo, che si nutre delle parole della Scrittura, al punto da saperle applicare a sé in maniera fedele e insieme creativa, utilizzandole come chiavi d'interpretazione del proprio vissuto personale. A lei può essere applicato quanto Gesù dirà nella spiegazione della parabola del seminatore: «Il seme è la parola di Dio [...]. Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza» (Lc 8,15).
Donatella Scaiola *
* direttore della rivista Parole di Vita, professore ordinario nella Facoltà di missiologia della Pontificia università urbaniana, Roma, professore invitato nella Facoltà di teologia della medesima Università oltre che nella Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, Milano
(da Vita Pastorale, n. 7, 2013, pp. 87-88)