La prima cosa da notare negli scritti giovannei è la mancanza assoluta del termine chiesa e delle strutture che la riguardano; l’attenzione è tutta concentrata sulla realtà interiore della chiesa e sul discepolato; i discepoli sono la chiesa e questa si manifesterà espressamente con la venuta dello Spirito. Basta scorrere rapidamente il vangelo di G. per renderci conto di quanto determinante sia la presenza e l’opera dello Spirito nella missione di Gesù.
La chiesa comunità dei credenti
La nota introduttiva è data da Gv 1,12: “Quanti però lo accolsero, ad essi diede il potere di diventare figli di Dio”. La fede non è un dato statico, perché c’è anche il suo contrario, il rifiuto della fede, tema che percorre tutto il vangelo. La fede, quando c’è, ha tre caratteristiche: è rimanere nella parola di Gesù; si apre alla ‘conoscenza’ nel significato semitico Gv 6,69; è una fede che ‘porta molto frutto’ 15,8.
I credenti sono rappresentati dai ‘dodici’ che aprono la schiera dei discepoli, per i quali Gesù ha dato la sua vita. Con la pasqua egli ritorna dai discepoli nello Spirito e vi rimane per sempre, in modo che la chiesa possa continuare la sua opera mediante ‘la memoria’ delle cose compiute da Gesù nella vita terrena, 14,16.
Nei capitoli 14-16 è espressa ampiamente la presenza e l’azione dello Spirito mediante il quale Gesù si rivela e fa sì che i discepoli siano dimora sua e del Padre e vivano uniti a lui, 14,23. Ma sono due testi in particolare che mettono in luce questo stretto legame di vita dei discepoli con Gesù. Il primo è il c. 15 che parla di Gesù vite vera. I discepoli sono uniti a lui per loro stessa ‘natura’ come i tralci appunto; da lui ricevono vita e attività; uniti nell’amore possono portare frutto e sono resi mondi per la parola di Gesù; se lo abbandonano vengono recisi dalla fonte stessa della vita.
L’altro testo è quello del c. 10, 1-17 dedicato al pastore e al suo gregge. Il rapporto delle pecore con il pastore è segnato dalla reciproca conoscenza e confidenza e per mezzo suo esse possono avere accesso ai pascoli della vita; ed il pastore dà la vita per le sue pecore in un gesto di libera donazione; le pecore sono sicure nelle mani di Gesù, buon pastore. Risulta chiaro da queste brevi annotazioni come la comunione ecclesiale di cui parliamo, non ha nulla di esteriore, ma si fonda su un profondo rapporto di amore, fondato sulla illuminazione interiore della fede; questo è l’elemento costitutivo della chiesa; le strutture vengono dopo e dovranno corrispondere a questa natura mistica espressa nel rapporto Gesù - discepoli.
Chiesa universale e rapporto con il mondo
Due testi in particolare, ci offrono l’immagine della chiesa universale. Il primo è il c. 4 che ci presenta l’incontro di Gesù con la Samaritana. Il colloquio con questa appartenente alla comunità ‘scismatica’ dei Samaritani offre all’evangelista l’opportunità di esporre il progetto di Gesù che consiste nel superare le barriere che dividevano i popoli ed aprire a tutti la porta della salvezza. Il c. 12, 12s allude chiaramente all’universalità della chiesa, quando parlando ai proseliti ellenisti, parla che con la sua morte i popoli verranno a Gesù. In questo senso la chiesa si presenta come l’unità di tutti i popoli, la ricomposizione dell’umanità nella comunione con Dio, da cui proviene la perfetta unità nella conoscenza amorosa di Dio, come sottolinea a più riprese il c. 17, noto come la preghiera sacerdotale di Gesù.
Il rapporto di questa chiesa con il mondo non è facile; anzi la visione del quarto vangelo è piuttosto pessimistica, in quanto evidenzia l’ostilità del mondo situato nelle tenebre, 1,5 cieco ed incapace di vedere la luce che è Gesù, 9,41. Questo mondo cieco perseguita la chiesa e Gesù: “Vi cacceranno dalle sinagoghe; anzi, sta per giungere l’ora in cui chiunque vi uccide potrà credere di offrire un sacrificio a Dio. E questo faranno perché non hanno conosciuto né il Padre né me” 16,2s. Tuttavia, verso questo mondo si manifesta l’amore di Dio, che ha inviato il Figlio non per condannare, ma per salvare, 3,16s.
Strutture della chiesa
Questa chiesa così unita a Cristo mediante la fede e l’amore, quindi così ‘spirituale’, non è qualcosa di aereo, ma situata nel quadro di una chiesa visibile e concreta. In primo luogo esiste una missione concreta, di Gesù e degli apostoli che la continuano. Il segno evidente di ciò lo abbiamo nella apparizione del Risorto ai discepoli: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” 20 21. Così il vangelo parla di ministero, soprattutto nella persona di Pietro, sotto la cui autorità sono presenti ed attivi gli altri ministeri e il gregge dei fedeli, 21,15s.
C’è un accenno anche al culto, nel discorso con la Samaritana, 4,19-24 ed al battesimo, nel discorso con Nicodemo, 3,5. Il c. 6 è totalmente dedicato all’eucaristia, mentre in 20,21 è indicato il potere di rimettere o ritenere i peccati. Nonostante alcune letture diverse, qui si tratta di una missione dei discepoli di Gesù, loro conferita dal Risorto. Così abbiamo una presentazione originale della chiesa, fondata sul mistero di comunione e inviata nel mondo per esserne testimone vivente.
Nelle lettere giovannee
In queste lettere, probabilmente più recenti del vangelo, emergono i tratti di una chiesa concretamente strutturata. La prima cosa da notare è il ruolo che l’autore manifesta verso la comunità, alla quale comunica ciò che bisogna credere e ciò che bisogna evitare, 2,1.15.27. Egli ha una profonda relazione personale con la comunità, che in 3Gv 4 viene chiamata ‘miei figlioli’. Viene qui espressa una autorità spirituale esercitata in modo fraterno e paterno, come tipico della chiesa di Gesù.
Tale modalità consiste nella ‘comunione’ con il Padre e il suo Figlio Gesù Cristo ed è fondata sull’amore preveniente di Dio. Ed è radunata nello Spirito di Dio 1Gv 4,2 che la comunità ha ricevuto da Gesù Cristo come unzione che rimane nei membri della comunità, 2,20,27. Lo Spirito dona alla comunità anche la parola. Questa parola è Gesù, ‘Parola della vita’ che si è manifestata, 1,1s. “La parola che lega la comunità a Dio e a Gesù Cristo, fa rifluire sui suoi membri la vita e fa sì che la amino vicendevolmente, è sempre la stessa della tradizione e certo, non soltanto come una sua ricapitolazione, ma anche come una ripetizione attuale della medesima nello Spirito”, vedere 1,1s; 2,7s; e 3,11 (Schlier 175). Lo Spirito è sorgente di ogni confessione, come pure è la fonte di ogni predicazione, per questo la comunità non avverte alcun contrasto fra tradizione e Spirito.
Chiesa e mondo
È la comunità dei credenti che ha ricevuto l’amore di Dio, la comunicazione della vita mediante Gesù, l’illuminazione dello spirito per la conoscenza della parola ispirata, vive nel perdono dei peccati e comunica fraternamente amore ed accoglienza. Questa fede consiste nell’avere “in sé la testimonianza del Figlio di Dio” 5,10. Essa porta alla osservanza dei comandamenti: “Chi osserva i suoi comandamenti, rimane in lui ed egli in noi” 3,24; ed anche “Dio è carità e chi rimane nella carità rimane in Dio e Dio in lui” 4,16.
Questa comunità di credenti vive il suo distacco dal mondo, perché esso è il luogo della alienazione, della concupiscenza e della ostentazione della superbia, 2,15s. Il mondo ed il suo principe sono entrati anche nella comunità, mediante le eresie che la minacciano. Esse riguardano soprattutto la verità dell’umanità di Gesù, che vogliono negare e poi una vantata esenzione dal peccato, quasi non avessero bisogno di salvezza, 1,8; 2,22; 4,2s.
La comunità credente vive nel tempo finale ‘in cui le tenebre se ne vanno e brilla già la vera luce” 2,8. Questa chiesa esposta alle tentazioni, ma che rimane fedele al vangelo di Cristo, è il segno del tempo finale già iniziato.
Un breve confronto tra i Sinottici ed il quarto Evangelo ci fa vedere come le diverse tradizioni si intersecano e come la teologia espressa nei testi giovannei corre sui binari dell’unico storia della salvezza e dell’unico Mediatore, il Cristo Signore. Vedremo il seguito nei testi di Paolo.
Marino Qualizza