«Il dialogo fra le religioni è la grande sfida della teologia cristiana del XXI secolo», esclama Claude Geffré mentre cammina nei corridoi della facoltà domenicana del Saulchoir, fino a una grande sala che apre sul giardino e la grande biblioteca. Questo professore di teologia dogmatica, dalla voce vibrante nonostante i suoi 84 anni, si pone instancabilmente questa domanda: come privilegiare il cristianesimo, pur mantenendo un vero dialogo con le altre religioni? Claude Geffré ha già consacrato varie opere all'ermeneutica, come De Babel à Pentecôte, essais de théologie interreligieuse(Cerf, 2006). Egli incita i credenti a rileggere la Bibbia con uno sguardo sempre rivolto verso l'attualità. Ma la difficoltà consiste nell'andare avanti fra l'apertura all'altro e la convinzione di possedere la verità, costituita, secondo il teologo, dal Vangelo.
Le reticenze del Vaticano
La necessità di instaurare un dialogo interreligioso, in seno all'istituzione cattolica, è nata in questo spirito. Nell'ottobre 1965, durante il concilio Vaticano II, la Chiesa dichiarò, in Nostra aetate, di non voler nulla rifiutare « di quel che è vero e santo » nelle religioni del mondo. Partendo da questa affermazione « rivoluzionaria » nella storia della Chiesa, Claude Geffré da quarant'anni sviluppa una nuova ermeneutica, che vuole tener conto della molteplicità delle credenze dell'umanità. Anche se non ha mai criticato direttamente le sue opere, la curia romana ha però opposto il suo veto, nel 2007, alla decisione della facoltà di teologia di Kinshasa (Repubblica democratica del Congo) di offrirgli un dottorato honoris causa. Due giorni prima della data prevista per ricevere tale omaggio, la Congregazione romana per l'educazione cattolica e la Congregazione per la dottrina della fede avevano manifestato la loro opposizione e avevano consigliato a Claude Geffré di rimanere a Parigi...
Come spiegare questo disagio delle autorità vaticane? La risposta si trova nel suo itinerario intellettuale. Nel 1968 l'Istitut catholique di Parigi gli propone di offrire un insegnamento sulle teologie non cristiane. Durante le sue ricerche gli si impone una evidenza: se alle soglie del XXI secolo le grandi sfide della Chiesa erano l'ateismo e l'indifferenza religiosa, oggi la sfida più temibile è quella delle altre fedi. Claude Geffré si interroga allora sulla singolarità del messaggio cristiano per trovare dei punti di incontro con gli altri monoteismi.
Una interpretazione positiva
Bisogna, dice, « evolvere, passando da una teologia religiosa a una teologia del pluralismo religioso ». Per far questo egli sceglie un episodio biblico esemplare, la distruzione della Torre di Babele (Genesi 11, 1-9) e lo interpreta in maniera « positiva »: il pluralismo linguistico vi diviene il segno della molteplicità delle etnie e delle culture, che Dio benedice. Ma tale « evoluzione » non è ben vista negli ambienti più conservatori, perché può condurre sia al relativismo religioso - un vero pericolo secondo i più dogmatici - sia allo scetticismo. L'obbiettivo di Claude Geffré è più sicuramente quello di scoprire le convergenze che favoriscono «la comunione»: «non si deve dimenticare che il silenzio, la preghiera, l'ascetismo, sono caratteri comuni delle religioni orientali, come anche i valori di carità e di ospitalità verso gli stranieri».
Già direttore della Scuola biblica di Gerusalemme e oggi membro della Conferenza mondiale delle religioni per la pace, Claude Geffré invita a non confondere i conflitti politici con la religione, né il messianismo con il sionismo attuale, per lavorare insieme a una comunità mondiale più giusta. «Noi sappiamo ormai che la stessa sopravvivenza della nostra specie dipende dalla nostra saggezza e dalla nostra buona volontà. Allora invece di ricercare i propri interessi e di difendere gelosamente i propri particolarismi, le religioni devono comprendere la loro responsabilità storica».
Giorgia Castagnoli
(da Le monde des religions, mai-juin 2010 n. 41, pp. 16-17)