Formazione Religiosa

Martedì, 16 Marzo 2010 22:30

Come riqualificare l'Assemblea domenicale (Enzo Bianchi)

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Se il giorno del Signore è anche giorno del[a Chiesa, è da rivedere molto approfonditamente la qualità celebrativa dell’eucaristia domenicale, privilegiandone l’aspetto memoriale, presenziale e profetico. E’ pertanto da combattere la perniciosa abitudine di moltiplicare le messe festive e di convogliare alla domenica un cumulo eccessivo di attività parrocchiali.

Il giorno del Signore e della Chiesa

Come riqualificare l'Assemblea domenicale

di Enzo Bianchi 

Un aspetto problematico della domenica in quanto giorno del Signore, in quanto tempo memoriale della risurrezione di Cristo e in quanto giorno festivo (dies festivissimus lo definì Innocenzo I) oggi in Italia è quello che lo vuole come giorno della Chiesa (dies Ecclesiae). Dove “Chiesa” indica la concreta assemblea che si raduna nel giorno del Signore per fare memoria del Cristo morto, risorto e veniente, per essere confermata nella propria vocazione e missione nel mondo, per nutrirsi del cibo della parola di Dio e del pane eucaristico, per rinsaldare la propria speranza nei cieli e terra nuovi, per rinnovare la propria carità attingendo alla fonte stessa della carità, l’amore di Dio manifestatosi in Cristo.

La qualità dell’assemblea domenicale ha a che fare con la qualità stessa della vita della Chiesa nel mondo e con la configurazione del suo volto nella storia. Pertanto occorrerebbe sempre più prestare attenzione alla qualità celebrativa dell’eucaristia domenicale, tendere a una reale «partecipazione piena e attiva di tutto il popolo di Dio» (SC 24) alla stessa eucaristia, combattere la perniciosa abitudine di moltiplicare le messe festive (e pre-festive) riducendo di fatto la partecipazione all’assemblea domenicale a bisogno individuale da soddisfare e contribuendo allo sfilacciamento del tessuto comunitario.

La domanda da porsi è: quale comunità esprime l’assemblea domenicale? Quale comunità raduna? Quale modello di vita rappresenta l’assemblea domenicale per la vita della Chiesa? Il futuro della Chiesa passa attraverso la sua capacità di configurarsi come reale comunità, ekklesia, e l’assemblea eucaristica domenicale è la forma magisteriale di tale comunità. In certo senso oggi occorre reinventare la dimensione festiva della domenica tenendo presente il contesto comunitario lacerato e segnato da grande estraneità, soprattutto nelle città.

La festa è il momento di riconoscimento di una comunità, è l’occasione di confessare e visibilizzare un’appartenenza, ma è anche occasione di fortificare tale appartenenza, di darle radici. Insomma, l’assemblea eucaristica domenicale è punto cruciale per la riqualificazione della domenica come giorno della comunità cristiana.

Il tempo: come è vissuto?

Ma accanto al nodo comunitario, la domenica cristiana oggi è alle prese con un altro problema rilevante che ha a che fare con il tempo, meglio, con il modo in cui oggi viene vissuto il tempo. La struttura della festa biblica e cristiana è una struttura temporale che unisce armoniosamente memoria del passato, attesa e prefigurazione del futuro e adesione all’oggi come tempo-favorevole per l’azione di giustizia e carità, per la lode e il culto del Signore.

Oggi appare molto difficile la composizione di questi aspetti - memoriale, presenziale e profetico - all’interno di un contesto sociale e culturale segnato da un diffuso ripiegamento sul momentaneo, su un eterno presente, ripiegamento dovuto al timore verso il futuro sentito come minaccia e non come promessa e alla diffusa cultura dell’amnesia, denunciata, tra gli altri, dal teologo Johann Baptist Metz.

Oggi l’esperienza comune percepisce i tempi, incalzanti, spezzettati, frammentati, velocizzati, più che il tempo. E i ritmi della vita sociale e lavorativa sono tali che la domenica è vissuta essenzialmente come giorno di “tregua” più che come giorno di riposo (quando non si sia costretti a lavorare anche in giorno di domenica). Naturalmente intendo “riposo” come attività dello spirito.

A noi pare che ancora oggi sia vivo il rischio denunciato a suo tempo dalla Nota pastorale della Cei Il giorno del Signore (1984) che la domenica divenga il giorno della «massima estraneità». Le istanze che dominano la giornata domenicale presso molte persone sono il dormire, il. divertimento, lo svago, il consumo, lo stare in famiglia e l’avere più tempo per sé. Istanze assolutamente legittime e anche positive, sia chiaro, ma la qualità cristiana della domenica, se non ci si accontenta di un cristianesimo sociologico, è ben più alta e impegnativa.

Forse, si innesta qui una sfida che la comunità cristiana è chiamata a raccogliere. La festa, anche da un punto di vista culturale e antropologico, ha la funzione di edificare l’uomo, di dare equilibrio e robustezza all’impalcatura del suo vivere, immettendolo nel ritmo del tempo differenziato e alternato tra feria e festa, che è anche il ritmo di lavoro per guadagnare e mantenere la vita e di non lavoro per lasciar spazio alla necessaria gratuità, è ritmo di estroversione e di introversione.

L’attività domenicale

Se oggi per diverse persone non è praticabile il non lavoro domenicale, a maggior ragione occorre che anche la parrocchia e i presbiteri non diventino invadenti, nei confronti dei laici, nella richiesta di attività e impegno nel giorno domenicale. La qualità cristiana di una persona non si misura dalla quantità di attività svolte in parrocchia o negli ambienti ecclesiali.

Così si espresse a suo tempo il cardinale Joseph Ratzinger: «E diffusa qua e là, anche in ambienti ecclesiastici elevati, l’idea che una persona sia tanto più cristiana quanto più è impegnata in attività ecclesiali. Si spinge così a una specie di terapia ecclesiastica dell’attività, del darsi da fare. [...] Ma può capitare che qualcuno eserciti ininterrottamente attività associazionistiche ecclesiali e che non sia affatto un cristiano. E può capitare che qualcun altro viva solo semplicemente della Parola e del Sacramento e pratichi l’amore che proviene dalla fede, senza essere mai comparso in comitati ecclesiastici, [..] senza aver fatto parte di sinodi e senza aver votato in essi, e tuttavia egli è un vero cristiano» (Ratzinger J., “Una compagnia in cammino. La Chiesa e il suo ininterrotto rinnovamento” in Communio 114, 1990, p. 98).

Se la domenica è dies Ecclesiae, è bene che ci si ponga la domanda: quale Chiesa? E la risposta non può che rinviare, ancora una volta, all’assemblea radunata per l’eucaristia. Dove emerge con evidenza che la domenica, giorno del Signore e giorno dell’uomo, pone la Chiesa a servizio del Signore e dell’uomo. Vivere la domenica implica la domanda che i presbiteri e chi anima le parrocchie devono porsi: quale immagine ho del christifidelis laicus? Quale cristiano voglio creare? Un superimpegnato sul modello mondano vincente e a cui la domenica stessa con la sua istanza di liberazione dal lavoro si oppone, oppure un uomo con profondità interiore, capace di umanità, di fede e di carità? Un uomo spirituale?

Intesa così, la domenica potrebbe aiutare la Chiesa oggi in Italia a fare l’unità tra appartenenza ecclesiale e vita spirituale, a superare il gap attualmente verificabile fra vita ecclesiale (intesa troppo spesso come pastorale, attività sociali, ricreative, assistenziali...) e vita secondo lo Spirito, vita interiore.

(da Vita Pastorale, aprile 2007)

Bibliografia

AA. VV., Il giorno del Signore, Cittadella 1988, Assisi; Bianchi E., Giorno del Signore, giorno dell’uomo. Per un rinnovamento della domenica, Piemme 1994, Casale Monferrato; Centro di orientamento pastorale, La domenica cristiana. Novità e provocazione per la cultura postmoderna, 53 Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, EDB 2003, Bologna; Il tempo della festa. Dieci voci per riscoprire la domenica (a cura del Servizio nazionale del Progetto culturale), San Paolo 2005, Cinisello Balsamo; Tarchi P. - Mazza C. (edd.), La domenica e i giorni dell’uomo, San Paolo 2005.

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Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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