1. Nobiltà del Gregoriano, canto liturgico per eccellenza
Anzitutto è necessario entrare con passione nelle composizioni melodiche pregne di spiritualità che racchiudono l'intera gamma dei sentimenti umani. Il Gregoriano è un genere di musica che raccoglie, immerge nel mistero e infonde nostalgia del divino. La linea si presenta sempre composta e dignitosa, giovane ed eterna. Ricca di elementi sonori, si dilata in incisi, frasi e periodi, si distende in continue modulazioni. Costituisce il linguaggio dell'anima innamorata di Dio: che sfocia nella contemplazione. Riviviamo così il momento creativo, lo “stato di grazia" del melografo che canta l'ineffabilità di Colui che dona una inesauribile sete dell'eterna Bellezza. L'elevatio vocis diventa eco perenne di un mondo beato che invita ad essere lode in attesa di salire ai divini segreti della Verità.
I segni sonori diventano flusso e riflusso di uno stesso amore che emana dalla bontà di Dio e penetra nel nostro animo. Se “cantare amantis est", allora la lode diventa espressione privilegiata di colui che aspira a rifare in sé l'unità e l'armonia. La parola di Dio fatta canto, crea un effetto rivitalizzante e produce in noi un senso di sospensione, di lievità, di ascesa che facilita l'interiorizzazione, suscitando calma, serenità ed equilibrio.
Il segno sonoro abbraccia, in uno stesso complesso, il divino e l'umano: colma la distanza tra noi e Dio. "Il silenzio della gran voce invisibile - esclama Massimo il Confessore - si riflette nel loquace e sonoro silenzio della Chiesa di Dio". Ogni stato d'animo si rispecchia e si ritrova nel Gregoriano. Esso si piega a tutte le possibili espressività pur restando nobile, elevato e attuale. La sua forza intrinseca afferra, travolge, modifica anche radicalmente la nostra volontà e tutte le nostre potenze interiori per entrare in comunione col regno eterno. È il canto nuovo che sgorga dal mistero di Cristo. Dotato di bontà e santità di forme, il Gregoriano assume un carattere universale. Nulla di più efficace delle parole cantate, "quo nihil potentius" (S. Ambrogio). Amore e lode si richiamano a vicenda: "amare et laudare, laudare in amore, amare in laudibus "(S. Agostino). La melodia gregoriana fornisce una “gratia excitans", produce nell'anima una commozione che si incarna in forme espressive, generatrici di sentimenti che non appartengono più al tempo e alla sua successione.
2. Struttura e composizione interna del Canto Gregoriano
La formula melodica si unisce all'atto interiore che, incapace di esprimersi, permette all'anima di accorrere per sentieri misteriosi, all'eterno. Una intermittente tenerezza si riversa nell'anima e suscita esigenze infinite. È l'esperienza di S. Agostino: “tu eras interior intimo meo". Ogni melodia si apre a momenti estatici, a dimensioni dell'eternità che partono dal nostro cuore e dal cuore di Dio, in linee ascendenti e discendenti. Parole e segni assimilano l'onda di grazia e di luce del momento liturgico che accompagnano. Così le frasi musicali formano i sentieri che ci conducono alla preghiera. La melodia opera nel nostro cuore un incantesimo, un potere di attrazione, una gravitazione spirituale. Per questa potenza mistica, il Gregoriano diventa il canto di tutti: piccoli e grandi, dotti e semplici.
Essa vanta una infinità di inflessioni con circa 2100 modulazioni. È l'unica arte della Chiesa come "propria". Essa corrisponde alla "naturalità" musicale, risponde aritmicamente alle esigenze dell'uomo di tutti i tempi e di tutte le razze. È ditale nobiltà, da essere elevato alla nobiltà di "5egno sacramentale".
È il canto che dilata, potenzia e amplia il significato e il valore delle singole parole e ne vivifica tutti gli aspetti affettivi: gioia, dolore, contemplazione, nostalgia.. la parola, insomma, viene divinizzata mediante l'oggettività della melodia, in quanto questa possiede elementi tecnici strettamente naturali corrispondenti alle necessità dei principi musicali umani e congeniti a ciascuno. Grazie alla scala naturale, nella forma Diatonica e al ritmo assolutamente libero con la sua semplicità e naturalezza il Gregoriano risulta sempre moderno ed è fonte inesauribile di appagamento spirituale.
La finezza delle venerabili melodie, circonfuse di sovrumana bellezza, ci rivelano l'ispirazione e il gusto artistico di persone che, mosse da sentimenti gravidi di forza e di dolcezza, ci rendono idonei a comprendere il valore sacramentale della monodia e creano in noi una disponibilità psicologica al "rationale obsequium". L'impulso mistico del Gregoriano nasce dal mistero e nel mistero riposa. Costituisce il "canticum laudum…per Spiritum Sanctum Ecclesia radicatum" (S. Ildegarda). È l'"exaltatio mentis prorumpens in vocem "(S. Tommaso). Il suo fine è: "contemplata tradere". È preghiera, contemplazione, azione che abbrevia la distanza tra tempo ed eternità. Strappa l'uomo dalle bassezze della materia e, nel meraviglioso complesso di armonie che crescono e decrescono, s'innalzano si abbassano, si corrispondono in archi sempre ben proporzionati, lo eleva fino al sublime trono dell'Altissimo. "Le più riposte armonie del cuore umano si fondono con divina armonia in una unità che è ritorno dell'umile rigagnolo alla inesauribile fonte" (S. Ilario di Poitiers). Una luce calda e vivificante ci guida nell'esecuzione del ritmo che esalta il nostro sentimento, dà slancio alla nostra preghiera, commuove la nostra fantasia e descrive una mistica scala che congiunge la terra al cielo, sulla cui cima lampeggia l'immagine di Dio. Il testo liturgico viene espresso in forma vibrante, solenne e dona alla nostra vita spirituale un impulso efficace.
3. Il Gregoriano nella liturgia di oggi
Supposte una corretta respirazione e una buona tecnica vocale, i monaci e fedeli laici, ci avviciniamo al testo melodico-verbale con venerazione e dignità. Attraverso una breve catechesi liturgico-biblica, seguita da una pur breve lectio divina, entriamo più profondamente nel momento celebrativo per esaminare più da vicino le differenze ritmiche che ci permettono di assimilare lo spirito dell'artista che vi ha pro fuso con fede e amore le sue migliori energie. Noi monaci celebriamo ogni giorno in gregoriano, sia l'Eucaristia che l'Ufficio divino e, spesso, vi partecipano anche i fedeli. Usiamo anche la tertia editio tipica del Messale romano. Nelle domeniche e feste, abbiamo l'Eucaristia alle ore 11 e i Vespri alle ore 17 (16), in gregoriano. Ai fedeli viene dato un kyriale con messe scelte secondo i tempi liturgici e un fascicolo con i salmi e melodie per i Vespri. Oltre al coro monastico, abbiamo altri due cori di laici che eseguono anche brani di Canto Gregoriano. Inoltre, stiamo riorganizzando un coro di giovani (molti sono diplomati) che nel passato ha dato una buona testimonianza nelle celebrazioni e nei concerti, con esecuzione di canti esclusivamente gregoriani. A seconda della discrezione nelle richieste, anche noi monaci diamo concerti di Canti Gregoriani sia in abbazia che fuori.
Più volte abbiamo organizzato corsi di Canto Gregoriano con frequenza settimanale. Man mano che chiedono, ci prestiamo volentieri, in attesa di riprendere ufficialmente il cammino.
Comunque, pellegrini e turisti che frequentano la nostra basilica, avvertono ed esprimono il bisogno di riappropriarsi di questi messaggi melodici sempre validi ed efficaci. È mancata, purtroppo, una vera formazione liturgico-musicale, sia nelle nostre comunità e seminari, sia nelle comunità parrocchiali. Stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato.
Concludo con un testo di S. Agostino che ci esorta a cantare con ardore, con entusiasmo quella lode perenne che non può essere espressa adeguatamente con le parole, ma che, svincolando la melodia dai limiti che impongono i sentimenti, esprime l'ineffabile gioia della liturgia cosmica sintetizzata nell'Alleluia che costituirà la nostra vita nella patria celeste: "Dicamus quantum possumus Alleluia, ut semper dicere mereamur. Ibi cibus noster Alleluia, potus Alleluia, actio quietis Alleluia, totum gaudium Alleluia erit, id est laus Dei (Enarr. in Ps. 148,2).
(da Il sacro speco di S. Benedetto , 5, 2005, pp. 100-102)