Formazione Religiosa

Martedì, 19 Febbraio 2008 00:20

Tertulliano (Lorenzo Dattrino)

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TERTULLIANO

di Lorenzo Dattrino

 

Se si eccettua l’Octavius di Minucio Felice, la cui data è incerta, la letteratura cristiana fa la sua prima comparsa nel 197 con le opere di Tertulliano. (1)

Egli nacque a Cartagine in data da fissare tra il 150/160, in un ambiente pagano. Il padre, un funzionario di Roma, vantava il titolo di «centurione proconsolare». Trascorse gli anni della sua giovinezza con una condotta alquanto libera, ed è di questa, una volta divenuto cristiano, che egli espresse il rammarico con profonda amarezza. (2) Crebbe e si maturò soprattutto nell’esercizio della parola. «Più preziosa di questa retorica, però, la scienza del diritto influì profondamente sulla formazione intellettuale di Tertulliano; essa pose nelle mani del futuro apologista delle armi che non dovevano servire solamente a fare sfoggio, ma a combattere; dopo i pagani, saranno gli eretici a farne le spese: l’argomento della prescrizione, tolto dalla lingua giuridica, darà alla tesi classica della Tradizione una forma e un’efficacia nuova». (3)

Non si conosce né il tempo né il motivo della sua conversione alla fede cristiana. Probabilmente fu l’esempio offerto dalla fortezza dimostrata dai martiri. Data l’impulsività del suo carattere, una volta convertito egli dedicò tutto il suo ardore alla difesa della fede cattolica, bersaglio delle persecuzioni imperiali e delle calunnie popolari. Non per nulla le prime sue opere avranno per fine la difesa dalle prime e dalle seconde. Da allora la sua vita conobbe tre fasi ben distinte, ognuna delle quali fu caratterizzata dai vari contenuti della sua stessa fede: si ebbe così un primo periodo, con la sua piena aderenza alla nuova fede (197-206). Un secondo tempo, in cui già si manifestava il suo interesse per le dottrine montaniste (207-211). Un terzo periodo, in cui egli dichiarò la sua piena adesione al montanismo e il suo completo distacco dalla chiesa cattolica (212-217). Con questa data cessano le notizie sulle opere da lui scritte: l’ultima infatti porta il titolo De pudicitia.

San Girolamo ci dice che egli giunse a una tarda vecchiaia, protratta quindi, forse, fin verso il 240.

Dei suoi numerosi scritti, citeremo i più importanti, distinti in tre gruppi.

a) Gli scritti apologetici

• Ad nationes (Ai pagani). È il primo dei suoi scritti: risale al 197, e si compone di due libri. L’autore sottolinea anzitutto l’ingiustizia delle persecuzioni contro i cristiani, confuta le calunnie diffuse tra i pagani e mette in luce la licenza e l’immoralità dei costumi e dei riti del paganesimo. L’opera, più che pregi di maturità, si presenta come un preludio al secondo scritto, composto subito appresso e ben più importante: l’Apologetico.

• L’Apologeticum. «Molti motivi dell’opera precedente vi vengono ripresi quasi con le medesime parole, ma con una rielaborazione più compiuta ed efficace, con logica serrata, rigore giuridico, veemenza di passione, sì da fare di quest’opera uno dei capolavori destinati a sopravvivere nei secoli. Dopo un’introduzione di carattere giuridico sull’ingiustizia delle leggi e di procedimenti, con cui si perseguitano i cristiani, l’autore richiama e confuta le accuse di delitti occulti, quali l’infanticidio e l’incesto; poi quelle dei delitti manifesti, quali il disprezzo della religione ufficiale e dell’imperatore. Dimostra che i pretesi dèi non sono tali; i cristiani riconoscono l’unico vero Dio che si è manifestato in Cristo e sono leali verso l’imperatore e verso la patria; la loro condotta è irreprensibile e l’amore fraterno regna tra di loro. Il cristianesimo è ben superiore alla filosofia, perché esso ha desunto dalla Scrittura quanto ha di buono. L’opera si conclude con un’appassionata esaltazione del martirio», (4) come vedremo in una prossima lettura.

Di quest’opera così famosa piace riportare alcuni celebri passi. Anzitutto il commento, con cui Tertulliano presenta la risposta data da Traiano alla richiesta di Plinio per avere direttive sul modo di procedere nei riguardi dei cristiani che in Bitinia, regione della Turchia asiatica che si affaccia sul mar Nero e sul mar di Marmara, egli trovava molto numerosi.


Letture

Lettera di Traiano a Plinio (111-113).

«Caro Plinio, la pista che hai seguito nell’istruire i processi contro quelli che ti sono stati deferiti come cristiani è proprio quella alla quale dovevi attenerti. Non si può infatti stabilire una norma generale che assuma quello che si potrebbe chiamare un carattere rigido. Non si deve prendere l’iniziativa di ricercarli; qualora vengano denunciati e convinti, bisogna punirli, con quest’avvertenza però, che, chi neghi di essere cristiano e lo faccia vedere con i fatti, cioè tributando atti di culto ai nostri dèi, quantunque per il passato abbia suscitato sospetti, ottenga indulgenza in grazia del suo ravvedimento. Riguardo poi alle denunce anonime, non debbono essere prese in considerazione in nessun procedimento giudiziario: testimoniano una prassi abominevole che non si addice per nulla ai nostri tempi».

(Plinio, Ep. X, 97. Tr. di P. Carrara, I pagani di fronte ai cristianesimo, Firenze 1984, 11, pp. 58-59)

Commento di Tertulliano

«Plinio, mentre governava la sua provincia, consultò l’imperatore Traiano sul da farsi, riferendo che, tranne la loro ostinazione a sacrificare, null’altro aveva scoperto circa i loro riti, se non che tenevano convegni antelucani per inneggiare a Cristo come a un Dio e per rassodare la loro disciplina, proibendo l’omicidio, l’adulterio, la frode, la perfidia e gli altri misfatti. Allora Traiano rispose che tali persone non dovevano ricercarsi; ma, se venivano deferite, erano degne di pena.

O sentenza necessariamente confusa! Dice di non doverli ricercare perché innocenti e ordina di punirli come rei! Perdona e infierisce, dissimula e condanna. Perché, o censura, ti dai la zappa sui piedi? Se condanni, perché non ricerchi? Se non indaghi, perché non assolvi?».

(Apologetico 2,6-8. Tr. di F. Guerino, L’Apologetico, Roma 1950, pp. 43-44)

L’altro passo famoso lo troviamo verso la fine dell’opera:

«Il sangue dei martiri è una semente!»

«Suvvia, egregi governatori: sarete ancora più egregi presso il popolo se gli immolerete i cristiani. Orsù, coraggio, tormentateci, torturateci, condannateci, stritolateci: la vostra iniquità è la prova della nostra innocenza! Dio permette che noi soffriamo tutto questo... Eppure a nulla giova la vostra squisita crudeltà, anzi è un’attrattiva per la nostra religione. Più siamo mietuti da voi, più cresciamo: il sangue dei cristiani è un seme!».

(Apologetico, 50. Tr. di E Guerino, L’Apologetico, Roma 1950, p. 203)

 

 

 

b) Gli scritti polemici

• De praescriptione haereticorum (La prescrizione degli eretici). L’opera fu dettata da Tertulliano, indotto dalla preoccupazione di difendere la fede dei semplici cristiani, in vista delle seduzioni offerte dal pullulare di tante eresie che, a partire dalla metà del Il secolo, nascevano come funghi. Se alcune finivano per scomparire presto, altre invece incontravano un progresso così rapido che al tempo dello scrittore erano diffuse quanto, per poco, non lo era la stessa chiesa cattolica. (5)

Per «prescrizione» si intende un mezzo, con cui, per il decorso del tempo e il concorrere di determinate condizioni e circostanze, qualcuno acquista o perde un diritto, oppure si ritiene liberato da un’obbligazione. «Gli eretici - egli scrive - pretendono di correggere la regola di fede per mezzo delle Scritture. Essi, però, non hanno alcun diritto di agire così, perché le Scritture non appartengono se non alle chiese fondate dagli apostoli o derivate da loro. Tali chiese possono, in virtù di un possesso ininterrotto, vale a dire, in virtù del diritto di “prescrizione”, fare uso delle Scritture». Di fronte alle pretese degli eretici, le chiese hanno il mezzo di opporre questo diritto. Ireneo aveva già fatto ricorso all’argomento, adducendo l’apostolicità delle chiese antiche. È vero però che Tertulliano espone la sua argomentazione in forma del tutto originale, ricorrendo ai principi più certi e più fondati del diritto. Ne derivò che la sua opera ebbe un’importanza insolita di fronte alla storia delle controversie proprie di quell’età. (5)

• Adversus Marcionem (Contro Marcione). È quasi superfluo sottolineare l’importanza di quest’opera: essa è stata definita «la chiave di volta di tutta la ricostruzione della propaganda marcionita e la base centrale d’ogni punto d’accesso allo sviluppo disciplinare e soteriologico cristiano del II e del III secolo». (6) Conobbe tre successive redazioni: di queste, soltanto l’ultima, la terza, è a noi pervenuta: fu scritta, con ogni probabilità, tra il 207 e il 208.

L’opera, la più estesa tra quelle scritte da Tertulliano, si articola in cinque libri: nei primi due l’autore confuta il principio fondamentale della dottrina marcionita, vale a dire, non solo la distinzione, ma l’opposizione fra il Dio dell’Antico Testamento e il Dio del Nuovo: è semplicemente assurdo, scrive Tertulliano, pensare all’esistenza di due dèi! Nel III libro dimostra che Cristo è il Messia preannunciato nell’AT. e nel IV affronta Marcione come responsabile del rimaneggiamento del Vangelo di san Luca. Nel V critica l’eresiarca per avere esteso lo stesso metodo di manipolazione e di alterazione ad almeno dieci delle lettere di san Paolo, con il ripudio delle altre: le Lettere pastorali e agli Ebrei.

• Adversus Praxean (Contro Prassea). È noto che si tratta dell’eretico vissuto nel II secolo: quanto sappiamo di lui, ci proviene unicamente dalle notizie incluse in quest’opera. Giunto a Roma, Prassea vi sostenne per due decenni (180-200) una dottrina trinitaria di contenuto modalista: unica la persona divina, variamente denominata secondo gli aspetti, sotto i quali la si voglia considerare. Quindi, non il Verbo, ma il Padre si sarebbe incarnato, teoria che prese il nome di «Patripassianismo». Nello scritto di Tertulliano appare per la prima volta il termine Trinitas. L’opera contiene la più chiara esposizione prenicena della dottrina ortodossa intorno alla Trinità.

 

c) Scritti di carattere disciplinare e morale

I più noti sono tre e hanno costituito in ogni tempo uno degli aspetti più singolari della personalità di Tertulliano: essi hanno per oggetto il matrimonio e costituiscono il motivo più stretto della sua adesione alle dottrine montaniste. Ognuno di questi scritti appartiene a un periodo diverso dell’evoluzione religiosa di Tertulliano.

• Ad uxorem (Alla moglie). In previsione della propria morte, egli raccomanda alla moglie di non passare a seconde nozze. L’opera, in due libri, ha forma epistolare, e risulta, nella sua struttura interna, un indirizzo di carattere esortativo. Fu scritta tra il 200 e il 206, quando Tertulliano era ancora cattolico. Fin dall’inizio egli propone quello che sarà il fondamento di tutta la sua dottrina intorno al matrimonio: «Io non ripudio, egli scrive, l’unione dell’uomo e della donna, benedetta da Dio come il vivaio del genere umano, destinato perciò a popolare la terra e a formare il mondo (Gn 1,28): essa è dunque permessa, nei limiti però di una sola unione». (7) Come si vede, l’unicità del matrimonio è fin d’ora enunciata, sia pure con moderata premessa. Vedremo alla fine la condanna inesorabile delle seconde nozze.

• De exhortatione castitatis (L’esortazione alla castità).

Anche in quest’opera, diretta a un amico che aveva perduto la moglie, ritorna l’invito a non risposarsi. Scritta probabilmente tra il 204 e il 212, vi appaiono evidenti i primi sintomi della sua deviazione montanista: il matrimonio è permesso, ma si risolve, dopo tutto, in un vizio maltollerato. La verginità e la continenza sono beni superiori.

• De monogamia (L’unicità delle nozze). Con quest’opera noi siamo introdotti nella sfera della vera maturità di pensiero propria di Tertulliano relativamente alle nozze. L’affermazione, posta fin dal principio del trattato, è esplicita e solenne: «Noi riconosciamo un solo matrimonio, così come riconosciamo un solo Dio». (8) L’urgenza di questa affermazione suppone due avversari, chiamati in causa perché seguaci di dottrine opposte: gli eretici, i marcioniti, perché interdiscono del tutto le nozze; i cattolici, detti gli psichici, perché le raddoppiano fino a permettere le seconde, le terze nozze, ecc.

Dei primi il nostro autore non intende preoccuparsi, ora, né molto né poco; gli importano i cattolici, da lui ritenuti, in materia, i più pericolosi, ed è soprattutto nell’impugnarli che egli trova il pretesto per impostare tutta la questione delle seconde nozze, da lui irrimediabilmente condannate.

d) La dottrina

Indubbiamente complessa risulta la personalità di Tertulliano. Di tanti giudizi pronunciati su di lui. mi sembra che il seguente, di G. Bardy, sia dei più obiettivi. «Tertulliano fu anzitutto un moralista, nel senso che il maggior numero dei suoi scritti fu destinato a delle questioni di morale. Ma sarebbe trascurare alcuni degli aspetti essenziali delle sue opere quello di tener presenti soltanto i punti di vista delle sue dottrine morali. In effetti egli ha toccato tutte le questioni suscettibili di interessare la dottrina e la vita cristiana. Come apologista egli ha portato risolutamente la difesa del cristianesimo sul terreno del diritto; ai pagani ha mostrato che gli editti imperiali contro i cristiani non avevano nessuna base giuridica; agli eretici ha opposto l’argomento della prescrizione e ha dimostrato che essi non avevano il diritto di fare appello all’autorità delle Scritture cattoliche. Teologo non s’è accontentato di confutare Marcione e gli gnostici. Allo scopo di delucidare i dogmi della Trinità e dell’incarnazione ha apportato delle formule indimenticabili. Moralista, s’è spinto, d’istinto, (purtroppo!), anche prima del suo passaggio al montanismo, fino a soluzioni le più austere e rigoriste. Tuttavia, nel lungo periodo in cui egli s’è mantenuto fedele alla disciplina cattolica, seppe temperare le sue esagerazioni con saggi e prudenti rilievi». (9)


Per l’approfondimento

Edizioni

PL 1-2; CSEL 20; 47; 69; 70; 76; CCL I, Il.

Cf. J. Lebreton, Gli scrittori cristiani d’Africa, in Storia della Chiesa, II, p. 247.



Note

1) Cf. De resurrectione carnis, 59.

2) J. Lebreton, Gli scrittori cristiani d’Africa, in Storia della chiesa, II, p. 254.

3) M. Pellegrino, voce Tetulliano, in EC, XI, 2026-2027.

4) R. F. Refoulé, Le traité de la prescription (SCh 46), Paris 1957, Introduzione, p. 11.

5) Cf. G. Bardy, voce Tertullien, in DthC, XV, 1,135.

6) E. Buonaiuti, Il cristianesimo nell’Africa romana.Bari 1928, p. 100; citazione di R. Braun, Contre Marcion (SCh 365), Paris 1990, p. 7.

7) Tertulliano, Ad uxorem, I, 2,1.

8) Tertulliano, De monogamia, I,2.

9) Cf. Tertulliano, voce Tertullien, in DThC, XV, 1, 139.

Letto 7037 volte Ultima modifica il Giovedì, 03 Febbraio 2011 14:36
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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