L’Eucaristia fonte di speranza
di Marino Qualizza
Forse suona inconsueto questo titolo nei riguardi dell’eucaristia, abituati come eravamo a considerarla o come oggetto di adorazione o come momento di devozione individuale nella comunione. Ma se esaminiamo più a fondo i diversi aspetti di cui l’Eucaristia si compone, troviamo che la speranza dovrebbe occupare un posto rilevante per il valore intrinseco in essa contenuto. Infatti la riflessione teologica, che già troviamo nei testi ispirati di S. Paolo e di S. Giovanni, danno grande rilievo a questa tematica. Non è un caso allora che anche la teologia da una quarantina d’anni a questa parte abbia riscoperto il valore della speranza, fondandola direttamente sulla risurrezione di Gesù, di cui noi facciamo memoria proprio nella celebrazione eucaristica. Si richiamano perciò tre aspetti indivisibili: risurrezione, eucaristia, speranza. Basterà solo ricordare che la speranza, in quanto virtù teologale non è un pio desiderio né tanto meno una supposizione, ma la degustazione già anticipata di quello che saremo e ci sarà dato. Proprio la dimensione della speranza faceva usare alla teologia, in tempi ormai abbastanza lontani l’espressione “già e non ancora” con ciò si vuole indicare che noi siamo già entrati nel mondo di Dio, anche se la sua definitiva partecipazione avverrà in un tempo che è dinanzi a noi. Proprio questa apertura costituisce il dinamismo della fede, che assume il colore della speranza, e apre prospettive importanti nella vita cristiana. Addirittura nell’antichità l’interpretazione della bibbia in senso dinamico e aperta al futuro del mondo di Dio era dato proprio dalla speranza. Questo aiutava i lettori della bibbia a non considerarlo un libro di memorie sul passato, ma come la parola potente di Dio capace di creare e rinnovare la storia nella quale essi e noi viviamo. Si poteva comprendere benissimo allora come la verità della bibbia portasse all’Eucaristia e che questa fosse la verità concreta vissuta e dinamica della rivelazione biblica.
Tenendo conto di questo si può comprendere bene come anche la Chiesa in Italia abbia scelto per la sua prossima assemblea di Verona proprio il tema della speranza. E dovrebbe essere chiaro a tutti che la scelta non è stata fatta per offrire un po’ di consolazione agli sfiduciati cattolici italiani, ma per renderli protagonisti di un progetto che richiede consapevolezza e ardimento. Chi si nutre dell’Eucaristia diventa per ciò stesso portatore di un bene che viene da Dio e che è indispensabile per il mondo. Ai cristiani di oggi allora si chiede un rinnovamento che parta da una convinzione e da una esperienza. La celebrazione eucaristica non è una cerimonia, anche se per certi aspetti deve averne le sembianze, ma è il momento qualificante e fondante tanto dell’identità della Chiesa quanto della sua missione. L’identità è data dalla comunione e dalla condivisione fra i credenti; cosa che non può essere lasciata solo ai desideri, ma concretizzata nella realtà, pena l’inefficacia del segno sacramentale. La missione è data dalla conseguente apertura dei cristiani verso il mondo e dalla cordiale accoglienza di quanto c’è nel mondo. Solo la considerazione di questi due aspetti dovrebbe dare nuovo vigore ed anche nuova gioia nella partecipazione alla celebrazione eucaristica. Proprio la gioia della comunione con Dio diventa l’espressione della speranza che si dovrebbe leggere sul volto di ogni credente.