Martin Lutero (1483 – 1546)
di Anne-Cécile Huprelle
Appassionato, angosciato, intellettuale accanito, predicatore impetuoso, l’uomo della Riforma protestante produsse anche alcuni scritti ingiuriosi per i suoi nemici, in contraddizione con l’innegabile spiritualità della sua opera. Il suo obbiettivo: ricollocare il sacro nell’unica relazione di fiducia fra Dio e l’uomo.
Martin Lutero nasce il 10 novembre 1483 a Eisleben in Germania. Molto dotato per gli studi, suo padre, operatore minerario, lo spinge, dopo la maturità, verso studi di diritto. Secondo Lutero, il suo destino avrebbe avuto una svolta in una notte del 1505. Sorpreso da un violento uragano, vede giunta la sua ultima ora: prega allora sant’Anna per chiedere la grazia, in cambio della quale sarebbe divenuto monaco. Qualche tempo dopo entra nel convento degli Eremiti di sant’Agostino di Erfurt. Considerando la sua esperienza come una chiamata di Dio, comincia a riflettere seriamente sulla morte e sulla salvezza. Le sue angosce ricorrenti tradiscono una sensibilità esasperata, quella di un uomo che dubita per sé, come per i fratelli, di fronte al giudice divino.
È ordinato sacerdote a 24 anni, poi diviene insegnante all’università di Wittenberg, pur imponendosi una vita di ascesi e di mortificazione. Vuole credere che la sua vocazione e la sua pietà lo faranno giungere al paradiso. Ma le sue azioni meritorie lo sono anche davanti a Dio? Lutero non è mai in pace. Cosciente della sua inclinazione verso il male, si sente indegno di essere sacerdote, un intermediario consacrato.
Trova liberazione nella Bibbia, in particolare nella lettera di Paolo ai Romani: “Il giusto vivrà per la fede”: secondo la sua interpretazione, se l’uomo crede nel Vangelo è salvo. Dio non sarebbe dunque quel giudice vendicatore che la Chiesa insegna; al contrario sarebbe misericordioso. Anche se l’uomo fosse peccatore per tutta la vita, l’amore e la giustizia di Dio sono doni che Cristo ha ottenuto per lui sulla croce. La religione non è una legge schiavizzante, è una fede liberatrice. Questa scoperta è vitale per Lutero. Da quel momento non cesserà di farne la chiave di lettura dei Vangeli. Liberato dalla preoccupazione individuale della salvezza, il cristiano può darsi a una vita in seno a una comunità non gerarchizzata, dove ciascuno vuole essere libero servo del Cristo.
Traffico di indulgenzeLa questione delle indulgenze spinge la teologia luterana a uscire dalle mura dell’università. Nell’ottobre 1517, levandosi contro il traffico delle indulgenze i cui guadagni dovevano servire per la metà alla ricostruzione della basilica di san Pietro a Roma, mette in discussione 95 tesi che contengono l’essenziale delle sue convinzioni. Al principio Lutero non ha la pretesa di riformare la Chiesa: propone delle piste di riflessione per ritornare a una fede spoglia da ogni convenzione. La reticenza papale darà tutta un’altra dimensione a quel che per il momento non è che una disputa teologica.
Accusato di eresia durante un processo di tre anni, continua la redazione di rapporti e continua a provocare il papa, come quando brucia sulla pubblica piazza la bolla papale della sua scomunica. Nella dieta di Worms del 1521 è messo al bando dall’Impero da parte di Carlo V. Ma troppo tardi:la polemica ormai è partita, le tesi di Lutero infiammano la cristianità di Germania e firmano l’atto di nascita della Riforma.
Fra' Lutero impegna una polemica nazionale fra i teologi come fra i cristiani più modesti, grazie a un “media” di scelta, la stampa, e quello dei predicanti che proclamano il Vangelo a suo modo. Si rifugia dal suo amico e protettore Federico di Sassonia, nel suo castello di Wartburg. Seguono anni di produzione intensa, in cui Lutero, per nulla intimidito dal suo esilio forzato, approfondisce la sua dottrina, preoccupato di riconfigurare il rapporto uomo – Dio e renderlo comprensibile: traduce il Nuovo Testamento in tedesco e mette a punto i Grandi scritti riformatori – il Papato di Roma, appello alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, Preludio sulla cattività babilonese della Chiesa, Trattato della libertà cristiana. Vi si ritrovano in maniera coerente e sviluppata le questioni concernenti la salvezza dell’uomo, la pratica della religione e la comunità dei credenti.
Per Lutero non c’è differenza di natura fra il prete e il laico. Con il “sacerdozio universale” il laico acquista una posizione centrale nella Chiesa, luogo di comunione spirituale fra gli uomini. Per lui i sacramenti, oltre il battesimo e la cena, sono inutili, come anche la gerarchia clericale, la supremazia del papa e del concilio. Infine egli nega il carattere definitivo dei voti monastici e i pratica non è più l’ascesi a fungere da modello della vita cristiana, ma la famiglia. Tutte queste idee sono coerenti con la sua esperienza personale, poiché, rinunciando alla vita monastica, sposa Caterina de Bora, un ex-monaca che gli dà sei figli.
Nel 1522 Lutero rientra infine a Wittemberg, quando la Riforma si è allargata: monaci hanno lasciato il convento, principi si sono riformati per prendere, fra gli altri, la loro distanza dal papato… La Riforma prende un colore politico e spinge principi e contadini a prendere posizione nella questione religiosa. Sorpassato dai suoi discepoli, come Thomas Müntzer, Ulrich Zwungli e Andrea Carlstadt, che reclamano una radicalizzazione del movimento, egli si mette dalla parte dei principi contro i contadini in rivolta, rifiutando di alleare la Riforma a rivoluzioni sociali.
Si rende conto allora che la Riforma deve essere organizzata più solidamente. Modifica il suo messaggio, dando impulso al “luteranesimo”, religione del popolo, dotata di princìpi e di istituzioni ecclesiastiche. Nel 1529 scrive due catechismi e fissa un nuovo culto tedesco. L’anno seguente accetta la Confessione di Augusta, redatta da Filippo Melantone, che giustifica la fede luterana. Fino alla morte rimane a Wittemberg, città che diviene per i suoi discepoli la “contro-Roma” e dove mette in pratica il suo talento pastorale. Scrive anche dei canti religiosi che sono per lui i trasmettitori privilegiati della parola.
Discorsi conviviali
Invecchiando, deluso dalla piega che prende la Riforma, moltiplica le crisi di angoscia e si mostra sempre più virulento, anzi grossolano, contro il papa, gli ebrei, il diavolo. I suoi Discorsi conviviali, aneddoti raccolti dai suoi amici (più di 7.000 a partire dal 1529), lo attestano. Il pastore Lutero, a cui piace invitare alla sua tavola ogni sorta di persone, fa delle battute salaci per far colpo sul suo uditorio, ama il buon vino e dimostra una allegria comunicativa in società. Si occupa anche di decorare il suo studio con caricature incise su legno. Una di esse avrebbe rappresentato il papa, “l'anticristo”, che cavalca una scrofa o portato via del diavolo. Questo diavolo di cui Lutero afferma che è venuto di persona a fargli visita per rimettere in causa il suo impegno personale.
Lutero, l'uomo dal carattere tutto d'un pezzo, non fa concessioni su quel che è o su quel che produce. Rispondendo all'attesa di certi cristiani, creando un nuovo linguaggio teologico, è intimamente legato all'evoluzione intellettuale e religiosa dell'Occidente. Contemporaneo dell'Umanesimo, Lutero rifiuta di appartenere a questa filosofia. E tuttavia ritornare alla fonte, toccare la stessa essenza della fede, cercare una verità trascendente non è forse, in fondo, concepire l'uomo come il punto di partenza di ogni riflessione?
(in Le monde des religions, 17, pp. 44-45)