Formazione Religiosa

Sabato, 14 Aprile 2007 21:25

«Vi è stato detto, ma io vi dico» (Giordano Muraro)

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L’approvazione delle convivenze non distruggerà certamente la famiglia e la società. Ne siamo persuasi perché le realtà naturali quando vengono buttate fuori dalla porta rientrano dalla finestra.

Il disegno di legge sulle coppie conviventi

(«Vi è stato detto, ma io vi dico») sono quelle che Gesù ha pronunciato all’inizio del discorso della montagna e che vengono spontaneamente in mente leggendo il disegno di legge sui Di.co. Gli uomini pronunciano le loro parole e dettano le loro leggi, che talora distano dalle parole di Dio quanto il cielo dista dalla terra. E il cristiano sa quali accogliere come guida della sua vita.

Lasciamo da parte i toni accesi. Andiamo alla sostanza. L’approvazione delle convivenze non distruggerà certamente la famiglia e la società. Ne siamo persuasi perché le realtà naturali quando vengono buttate fuori dalla porta rientrano dalla finestra. Lo abbiamo visto nell’Est, dove la religione era stata bandita, e nonostante tutte le persecuzioni ha continuato a vivere nel cuore degli uomini ed è subito tornata alla superficie con la caduta del muro di Berlino.

Nonostante questa convinzione ci chiediamo se questa prova possa essere risparmiata alla società e se possiamo portare argomenti ragionevoli che dimostrano la verità della posizione della Chiesa. Non lo faremo con argomenti di fede, ma con argomenti tratti dalla ragione. Procederemo nel modo seguente: a) presenteremo prima le ragioni che vengono portate per difendere l’introduzione dei Di.co; b) quindi ci dilungheremo nell’esposizione delle ragioni che fondano il diritto della famiglia a un riconoscimento pubblico e a un sostegno, e la mancanza invece di questo fondamento nei Di.co; c) e in ultimo risponderemo alle obiezioni.

I) Perché sostenere il disegno di legge sui Di.co?

Si portano molte ragioni; ma possono essere raggruppate intorno alle tre principali.

1 Per un motivo di giustizia. a) La Costituzione autorizza le persone a creare rapporti che favoriscono la crescita delle persone. Non è giusto discriminare chi realizza questi rapporti attraverso il matrimonio e chi li realizza attraverso altre forme come possono essere i Di.co. b) Lo Stato ha il dovere di proteggere quelle minoranze che non hanno la possibilità di rivendicare i propri diritti. Tali sono i conviventi e gli omosessuali.

2 Per un motivo di carità. L’uomo ha bisogno non solo di giustizia, ma anche di amore. Non si vede perché due persone che si amano vengano discriminate in base al modo con cui realizzano l’amore. C’è amore nelle convivenze, nelle unioni omosessuali, nei matrimoni civili e in quelli religiosi. Lo Stato deve sostenere ogni forma di amore, perché l’amore è una necessità della persona, e perché porta frutti nella convivenza sociale. Ecco perché si ritiene ingiusto e disumano riconoscere dei diritti a un tipo di amore e negarli ad altri.

3 Per un motivo di libertà. La persona deve essere libera nelle sue scelte. Nessuno può imporre all’altro il suo modo di pensare e di vivere, ma tutti hanno il diritto di fare quelle scelte che ritengono migliori e che non offendono i diritti degli altri. Le diverse forme dei Di.co non vengono imposte; si affiancano alla famiglia tradizionale, e ognuno è libero di scegliere. Sarebbe offensivo per la libertà dei singoli imporre a tutti lo stesso modo di amarsi e imporlo addirittura per legge e negare dei diritti a chi si discosta da questo unico modo.

II - Riflessione sui diversi modi di amare

1 Perché no ai Di.co. Quelle appena esposte sono le ragioni principali che vengono portate per dimostrare che le convivenze hanno il diritto di essere riconosciute pubblicamente dalla società. Noi invece riteniamo che i rapporti affettivi creati dalle convivenze non abbiano le caratteristiche necessarie per essere riconosciute e sostenute dalla società. Perché? Perché le convivenze danno vita a un legame precario che può essere sciolto da un momento all’altro, per la sola decisione di uno dei due, per qualunque motivo. Non offre garanzie di continuità. Diventa un amore "debole". Infatti l’amore esprime tutta la sua carica vitale solo quando si impegna a prendere in carico la persona totalmente e per sempre. Solo allora le persone sentono di potersi affidare l’una all’altra e possono iniziare un cammino che fa "di due una sola vita", le apre alla fecondità, e crea una comunità di mutuo aiuto (materiale, spirituale, affettivo) che diventa una risorsa insostituibile per la vita delle persone e della stessa società.

Qui non si tratta del diritto delle persone a creare dei rapporti affettivi tra di loro e di crearli nel modo che ritengono più adatto al loro benessere e al loro sviluppo. L’articolo 2 della Costituzione italiana riconosce ai suoi cittadini questo diritto e nessuno lo contesta. Il problema riguarda il riconoscimento pubblico di queste relazioni. È importante ricordare la distinzione tra i diritti della persona e i diritti delle unioni create dalla persona. Infatti, una cosa è rivendicare il diritto ai rapporti affettivi, altra cosa è la pretesa che questi rapporti siano riconosciuti e sostenuti dalla società. Una persona può creare tutte le amicizie che vuole e nel modo che vuole; ma non può pretendere che la società conferisca dei diritti a queste sue amicizie. L’amicizia è un fatto privato che resta nel privato e non ha particolari rilevanze sociali.

È la società stessa che decide a quali unioni conferire dei diritti, e a quali no; non in modo arbitrario, ma in base al principio della giustizia distributiva che dice di dare a ognuno secondo l’apporto che dà alla costruzione del bene comune. L’unione fondata sull’amore fedele e indissolubile, aperto alla fecondità e all’interazione con la società, contribuisce in modo determinante alla vita delle persone e dell’intera società. Per questo porta in sé il diritto a essere riconosciuta, sostenuta e protetta dalla società. Gli amori "deboli", cioè gli amori che non danno la garanzia di continuità, potranno produrre dei benefici episodici e parziali nelle persone singole, ma non sono una risorsa sicura per la crescita delle persone e della società. Per questo non hanno rilevanza sociale e di conseguenza non possono pretendere un riconoscimento e un sostegno pubblico. Anzi, distolgono l’attenzione dal problema vero, che è quello di aiutare le persone a prepararsi a vivere l’esperienza dell’amore fedele, indissolubile, fecondo, e a sostenerlo con opportune previdenze quando decidono di realizzarlo.

2 Perché sì alla famiglia fondata sul matrimonio. Spieghiamo meglio queste affermazioni. L’uomo ha bisogno di amore. Ne ha bisogno per venire all’esistenza, per svilupparsi e crescere come uomo, per non sentirsi solo nel cammino della vita, per sentire forza e sicurezza quando declinano le forze, per affrontare il passaggio da questa vita a un’altra vita. Non gli basta un amore qualunque, ma ha bisogno di un amore che si prenda cura di tutta la sua persona, per sempre.

Anche la società ha bisogno di amore, ma non è capace di produrlo. Produce giustizia (quando ci riesce!). Ma la giustizia non è sufficiente a umanizzare i rapporti tra gli uomini, e soprattutto non è sufficiente per rispondere al bisogno di amore che ogni uomo porta in sé come un’esigenza insopprimibile. Giustizia e amore sono le due energie indispensabili per l’esistenza e lo sviluppo della persona. Ma se all’esigenza di giustizia provvede la società, chi provvede all’esigenza di amore?

La risposta la offre la stessa natura, in un modo originale. Noi vediamo che nel cuore dell’uomo e della donna nasce e si sviluppa un particolare tipo di amore che è capace di procurare nello stesso tempo la crescita delle persone e il progresso della società. Non si esaurisce nelle persone, ma si estende a macchia d’olio nel figlio, nei fratelli, nella parentela, dando vita a una vasta comunità di mutuo aiuto che nutre la vita di chi ne partecipa, e solleva la società da molti servizi che dovrebbe invece organizzare se queste persone fossero sole. Di più. Questa comunità di mutuo aiuto non si limita a fornire dei servizi alla società; ma ha il potere di creare l’amore, cioè l’energia fondamentale per la vita delle persone.

Abbiamo già detto che l’uomo non può vivere senza amore. Adesso dobbiamo aggiungere che anche la cura della persona non è sufficiente se non viene realizzata con amore. Non basta l’organizzazione, la professionalità, l’efficienza. È necessario che tutti questi interventi siano permeati di amore. La società non può assicurare questa modalità essenziale, perché non va oltre la giustizia, cioè oltre quello che il cittadino ha diritto di aspettarsi e la società ha il dovere di dargli. Ma il bisogno della persona va ben oltre questo diritto. Per questo la società per essere veramente umana richiede un’altra fonte di vita che nasce dal fatto che un uomo e una donna si amano di un amore fedele e indissolubile, estendono questo amore al figlio che procreano ed educano, si dilata nella parentela e si diffonde nell’intera società. È questo l’amore di cui le persone e la società hanno bisogno.

È l’amore che viene assicurato dalla famiglia fondata sul matrimonio, cioè su un patto che lega l’uomo e la donna, i figli e i parenti in una comunità in cui tutti sono attenti a tutti, con quell’attenzione e dedizione che può essere ispirata solo dalla volontà di "volere il bene" dell’amato. Così mentre l’uomo e la donna si amano con questo amore, costruiscono non solo il loro benessere, ma anche il benessere del figlio e della stessa società. È proprio questa capacità di creare con l’amore un’ampia comunità di mutuo aiuto che fonda nella famiglia il diritto del riconoscimento e dell’aiuto da parte della società.

Questo non avviene nella convivenza, perché alla convivenza manca la garanzia della continuità, che è la qualità indispensabile per sviluppare tutte le potenzialità di vita racchiuse nell’amore; e ancor meno avviene nell’unione omosessuale, perché in questa unione manca anche la possibilità della fecondità e di tutti i beni che derivano alle persone e alla società dalla fecondità.

III. - Risposta alle obiezioni

1 Si dice. Le persone hanno il diritto di creare dei rapporti affettivi e di avere un riconoscimento pubblico di questi rapporti. Non è vero. La Costituzione conferisce al cittadino il diritto di creare le relazioni che ritiene necessarie alla sua vita e alla sua crescita; ma la società non ha il dovere di riconoscere tutte queste unioni. Solo la famiglia fondata sul matrimonio è un’aggregazione umana che garantisce benefici rilevanti alle persone e alla società. Infatti assicura all’uomo e alla donna di essere presi in carico per tutto l’arco della loro vita, permette di procreare ed educare i figli, di dare vita a una comunità di mutuo aiuto fondata sull’amore, e di estendere questa attenzione amorosa alla parentela. Sono beni che la società può ricevere soltanto dalla famiglia. Per questo ha il dovere di riconoscere i benefici che da essa riceve e di sostenerla. Aiutando la famiglia, aiuta se stessa.

Questo non toglie che i singoli cittadini possano dare vita a unioni che possono essere regolate dal diritto privato, senza dare origine a un’istituzione parallela a quella della famiglia. È vero anche che la società ha il dovere di proteggere le minoranze, ma nel senso che deve garantire anche alle minoranze i diritti comuni a tutti i cittadini; non certamente nel senso che debba rispondere a tutti i loro desideri, trasformando i desideri in diritti.

2 Si dice: è disumano non riconoscere dei diritti a persone che si vogliono bene e si prendono cura l’uno dell’altro, con pazienza, dedizione, amore. Il fatto che vivano questa esperienza nella cornice della convivenza o del matrimonio diventa un fatto secondario. Anche questa affermazione non è vera. Ciò che differenzia il matrimonio dalla convivenza è proprio il fatto che la convivenza non garantisce la continuità di questa presa in cura con amore. Non si può premiare chi da un momento all’altro può abbandonare il partner, provocando lacerazioni e sofferenze. Agli eventuali diritti che possono nascere da una cura prolungata si può provvedere con previdenze regolate dal diritto privato, senza dare vita a un riconoscimento che istituzionalizza l’amore precario.

3 Si dice: le persone sono libere di scegliere lo stile di vita che preferiscono; è inaccettabile che lo Stato imponga a tutti il modo di amarsi, discriminando tutti quelli che si amano in modo diverso da quello da esso stabilito. Anche in questo caso dobbiamo distinguere. Lo Stato non impone il modo di amarsi e non penalizza quelli che si discostano da quanto stabilisce. La società fa un’operazione molto più semplice: esamina i benefici che riceve dai diversi tipi di amore; e privilegia quell’amore che produce maggiori beni nelle persone e nella società. Chi sceglie un amore che ha dei risvolti nulli o quasi nulli nella società, non può poi invocare gli stessi diritti di un amore che si impegna a produrre dei beni anche nella vita sociale. Un geometra non può invocare gli stessi diritti e riconoscimenti dell’architetto, motivando la richiesta con il fatto che tutti e due hanno studiato e si applicano con serietà alla loro professione. La diversità di studi e di professione fonda il diritto di essere considerati in modo diverso e impiegati in compiti diversi.

Giordano Muraro

(da Vita Pastorale, 3 2007)

 

Letto 2598 volte Ultima modifica il Giovedì, 27 Febbraio 2014 23:07
Fausto Ferrari

Religioso Marista
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