Formazione Religiosa

Venerdì, 07 Luglio 2006 21:36

Sul bipolarismo (Enrico Chiavacci)

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Il termine ‘bipolarismo’ ha oggi un significato etico e politico che va oltre l’uso che se ne fa in questi tempi in Italia. In un mondo ormai globalizzato, sul piano economico come su quello dei media, si delinea ovunque uno scontro netto fra due visioni della vita associata.

Un ‘polo’ di tale scontro è costituito da chi partecipa alla vita sociale/politica cercando prima di tutto il proprio vantaggio. Ogni limitazione alla propria libertà imposta dalle leggi (o regolamenti) è vista come una triste necessità, o anche come un’insopportabile offesa, imposta dalla inevitabilità di vivere in società. Quello che succede al mio prossimo – nella propria regione o Stato o nella famiglia umana – non è rilevante rispetto al mio proprio interesse. Si pensi al pagamento delle tasse: in molti Stati (e certamente in Italia e in USA) è visto come un momento triste, oppressivo, a cui si cerca di sottrarsi in ogni modo. L’interesse privato può includere i familiari, gli amici, i membri di una comunità o regione, o anche di un’intera nazione: ma in ogni caso esclude gli altri. Nessun singolo, nessun Comune vuole impianti di smaltimento dei rifiuti nel suo territorio, e tutti (o quasi) pretendono di generare rifiuti: si smaltiscano altrove, e cioè si trasferisca il disagio ad altri esseri umani (spesso in aree più povere della terra). Alla fine del secolo XX molti Paesi si impegnarono a dare lo 0,70% della ricchezza prodotta in un anno ai Paesi più poveri (Africa centrale): in Italia siamo oggi allo 0,15 circa. Se si aumentassero le tasse di pochissimo e con rigorosi controlli sulla destinazione, ciò sarebbe possibile: in Italia invece le tasse vanno ridotte, in specie per i più ricchi, per soddisfare le aspirazioni dei buoni italiani. Gli esempi si possono moltiplicare.

L’altro ‘polo’ è costituito da chi partecipa alla vita sociale/politica cercando di essere di sostegno all’altro e all’intera intera famiglia umana. Mentre nel caso precedente le necessità dell’altro sono percepite come un impedimento al proprio progetto di vita – impedimento talvolta inevitabile, ma a cui sempre si cerca di sottrarsi – in questo caso le necessità dell’altro, della propria comunità, dell’intera famiglia umana sono viste come parte essenziale del proprio progetto di vita. Il sostegno dell’altro – materiale o spirituale o culturale che sia – avviene in genere per contatto diretto o tramite enti e associazioni private, ma all’interno di una società organizzata, una polis o la famiglia umana, è necessario che passi anche attraverso l’organizzazione di strutture pubbliche adeguate a tale scopo. L’impegno per l’altro, perché sia davvero impegno per tutti gli altri, ha bisogno dunque di tali strutture.

I due poli cercano sempre strutture legislative ed esecutive (e naturalmente giudiziarie) che rispondano alle loro esigenze. Ciascun polo, ovunque nel mondo sviluppato, si fonda dunque su un principio-base che rifletta nel miglior modo le scelte di vita dei suoi sostenitori: scelte di vita che derivano dal significato che ogni essere umano intende dare alla propria esistenza nel suo rapporto con l’altro. Ogni scelta politica deriva inevitabilmente da una scelta etica fondamentale e personale del proprio rapporto con l’altro, un rapporto che è sempre e necessariamente legato in gran parte alle istituzioni pubbliche che governano una ‘polis’. Certo ogni legge dovrebbe rispecchiare una scelta etica: nella Costituzione italiana viene precisato che ogni parlamentare deve agire ‘senza vincolo di mandato’ (art. 67), ma solo, direi, secondo scienza e coscienza (cosa che raramente avviene, per scarsità dell’una e dell’altra, e per passivo ossequio al ‘mandato’ e cioè ai capi del proprio partito). Ma quello che più conta è la scelta etica di fondo dei due poli: al di là delle singole scelte su questioni particolari è fondamentale la scelta di campo e di indirizzo globale per la vita della comunità.

È a questo livello che deve emergere la vera scelta politica per il cristiano, in qualunque Paese del mondo ove una scelta politica sia possibile. Ma nei Paesi sviluppati tale scelta è sempre possibile, e per il cristiano doverosa. Ricordiamo qui che già nell’Antico Testamento la giustizia di Dio è sempre la giustizia resa al povero. Ricordiamo che il giudizio finale del Signore sarà: “avevo fame e mi avete dato da mangiare…ogni volta che avrete fatto questo, lo avrete fatto a me”. E questo deve valere oggi sia per gli impegni diretti, sia per gli impegni mediati da organizzazioni sociali e politiche che noi possiamo promuovere o controllare. Per San Tommaso la virtù della giustizia è l’applicazione della virtù suprema della carità nella vita della comunità organizzata.

Nella scelta etica che sottostà inevitabilmente alla scelta politica di fondo il cristiano non può aver dubbi: sia sul piano locale, sia su quello nazionale, sia su quello mondiale, la scelta per il rispetto e il sostegno dell’altro – chiunque esso sia – e della comunità deve sempre prevalere su qualsiasi considerazione di interesse o vantaggio personale. Non si tratta qui del problema specifico del bipolarismo italiano: esso è solo una piccola componente di un bipolarismo ormai presente in tutti o quasi i Paesi e presente anche negli organismi politici sopranazionali, come l’Unione Europea o le Nazioni Unite. E non si tratta neppure di un bipolarismo che divida i cristiani dai non cristiani, credenti o non credenti: la chiamata di Dio alla carità è presente alla coscienza di ogni essere umano, anche – afferma il Concilio – se non ne conosce l’Autore. La Costituzione italiana nacque da un’Assemblea che rappresentava tradizioni liberali, socialiste, comuniste, cattoliche: e definì compito della nascente Repubblica la tutela degli essenziali diritti di libertà e degli “inderogabili doveri di solidarietà” (art. 2).

È chiaro che all’interno di un polo vi saranno divergenze, sia sulle priorità fra i molteplici fini sia sulla valutazione dei mezzi atti a conseguirli. Anche il Concilio dice che fra gli stessi cattolici potranno esservi opinioni diverse. Ciò può creare tensioni e dialettica sia fra singoli sia fra gruppi organizzati (movimenti e, in Italia, partiti) che si riconoscono nell’identità di fondo di un polo. Si dovrà discutere e decidere, senza che nessuno pretenda di prevalere o di porre veti: la percezione della posta in gioco – la convivenza pacifica della famiglia umana, e per il credente il cammino verso il Regno – deve imporsi sulle inevitabili divergenze su singoli temi. Molte manifestazioni e incontri internazionali e intercontinentali, come a Porto Alegre e a Firenze, hanno visto riuniti gruppi con preoccupazioni diverse (la pace, i poveri della terra, i vari problemi ecologici, la bioetica etc.) ma con lo stesso spirito: gruppi diversi ma uniti da un ideale di convivenza, contrapposto a quello di “ricchezza, potere, successo” (le tre parole sono del Santo Padre) che sembra l’ideale dominante nel mondo occidentale, costantemente proposto e subdolamente imposto dal mondo dei media. Occorre urgentemente un fronte unito a livello nazionale e internazionale: ogni ostacolo, ogni visione a corto raggio di fronte a tale urgenza, farà pagare un alto prezzo ai poveri della terra.

Occorre difendere “con competenza e professionalità la causa dell’uomo a partire proprio dal basilare diritto di ogni persona ad esser ‘libera dalla fame’…La Santa Sede auspica che a prevalere, responsabilmente, sia il senso di solidarietà verso chi è più svantaggiato e che si abbandonino interessi locali e logiche di potenza” (Benedetto XVI alla FAO, 24 nov. 2005).

Enrico Chiavacci

 

Letto 2012 volte Ultima modifica il Giovedì, 07 Novembre 2013 15:15
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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