Formazione Religiosa

Mercoledì, 23 Febbraio 2005 23:45

La morale cattolica e il delirio di onnipotenza (Enrico Chiavacci)

Vota questo articolo
(2 Voti)

La morale cattolica ha conosciuto una dottrina della guerra giusta, codificata in tutti i manuali di teologia morale e in tutti gli interventi della S. Sede dalla fine del XVI sec. fino al concilio Vaticano II. Con il concilio tale dottrina viene dismessa, al più alto livello magisteriale.

LA LEGITTIMA DIFESA E LE SUE CONDIZIONI

La morale cattolica ha conosciuto una dottrina della guerra giusta, codificata in tutti i manuali di teologia morale e in tutti gli interventi della S. Sede dalla fine del XVI sec. fino al concilio Vaticano II. Con il concilio tale dottrina viene dismessa, al più alto livello magisteriale. Viene invece mantenuta la dottrina della legittima difesa anche a livello collettivo. Le due dottrine differiscono radicalmente, ma hanno in comune il riferimento a rapporti fra Stati sovrani, rappresentati dai rispettivi governi (la legitima auctoritas). Oggi la situazione geopolitica è in rapida e radicale modificazione, determinata dalla globalizzazione delle strutture della vita associata sul pianeta: tale globalizzazione va intesa in tutta la sua complessità, quale ho cercato di descrivere in tre miei precedenti articoli. Solo nel quadro di tale sistema complesso è possibile comprendere e cristianamente valutare ogni evento bellico degli ultimi anni: l'attacco alle Twin Towers e la conseguente risposta militare sono solo eventi di questo tipo, che però coinvolgono più direttamente l'area della cultura occidentale. Eventi egualmente sanguinosi vi sono stati negli ultimi dieci anni in Africa e in Asia, mentre altri eventi meno sanguinosi (non direttamente bellici) ma altrettanto umanamente devastanti si sono registrati (e sono ancora in atto) in America Latina. È utile - io credo - ripensare sommariamente il passato per cercare quali debbano essere le vie dell'annuncio evangelico per il futuro della famiglia umana.

La dottrina della guerra giusta, elaborata per un'umanità intesa come somma di Stati sovrani, ciascuno indipendente (appunto, sovrano) nella ricerca del proprio bene comune, fu di grande importanza sociale ed etica per arginare, regolamentare e restringere azioni militari assai diffuse e senza remore morali. Le condizioni di legittimità (morale) sono tre: la legitima auctoritas, il debitus modus e la justa causa. In sostanza, la guerra è un'azione militare deliberata da uno Stato (un governo) contro un altro Stato, condotta nel rispetto del diritto di guerra internazionale, per conseguire finalità ritenute giuste attraverso la depressio - la sconfitta - armata dell'altro Stato, quando ogni via pattizia sia stata esperita e risultata vana. La causa giusta è la tutela di un diritto violato o l'affermazione di un diritto reclamato; è ovviamente la legittima difesa militare da un'aggressione militare; l'eguale difesa di altro Stato più debole e incapace di difendersi da solo. (In pratica poi qualunque causa - giusta o ingiusta - ha potuto rientrare in questo schema, e il clero ha sempre pregato per la vittoria del proprio glorioso esercito). Quando ci si appella ai dettati della morale cristiana in materia di guerra giusta, si deve ricordare che tali dettati valgono esclusivamente per questa fattispecie - ben precisa - di situazione di scontro armato. Ma, anche nel quadro di questa fattispecie, sia l'enciclica Pacem in terris (1963), il primo documento magisteriale in assoluto dedicato esclusivamente e sistematicamente al tema della pace, sia la Costituzione Gaudium et spes (1965) (1) abbandonano del tutto l'idea di guerra giusta, e mantengono esclusivamente la nozione di legittima difesa nel senso più stretto, cioè di difesa del popolo contro un'aggressione fisica (attenzione alla traduzione italiana «ut populi iuste defendantur») (2) che diviene «difendere i giusti diritti dei popoli»: la Pacem in terris (parte III in fine) rifiuta esplicitamente la guerra «ad violata rura sarcienda» (e anche qui, guarda caso, la traduzione italiana indebolisce indebitamente il testo latino). La derubricazione da guerra giusta a legittima difesa di ogni azione militare condotta da un governo contro un altro ha un significato profondo, e direi molto più evangelico. È un significato che in questi nostri tempi è utile ricordare a tanti cristiani laici ed ecclesiastici, ignoranti della dottrina magisteriale vigente e sordi al richiamo preciso e insistentemente ripetuto dell'attuale pontefice: «non c'è giustizia senza perdono».

La dottrina della legittima difesa è assai antica, e indipendente dalla dottrina della guerra giusta legata alla figura dello Stato sovrano. Ogni difesa, per essere legittima moralmente, ma anche giuridicamente (si ricordi il reato di eccesso in difesa), deve essere veramente e solo difesa. Vi deve perciò essere un'aggressione violenta (fisica) in atto (sia pure allo stato iniziale); lo scopo deve essere esclusivamente quello di cercare di respingere il male minacciato; i mezzi usati devono essere proporzionati, e cioè non rischiare di procurare mali più gravi di quelli da cui ci si vuole difendere. Ogni idea di vendetta o di ritorsione o di legittimazione a rendere male per male è radicalmente esclusa: che l'altro (singolo o gruppo) voglia farmi del male non legittima la mia intenzione di fargli del male, ma legittima solo il minimo necessario per impedirglielo, e anche questo entro precisi limiti. Io non posso uccidere uno perché mi sta derubando, né rischiare di fare del male a innocenti per difendermi dall'aggressione. L'uso di armi di strage indiscriminata - nucleari o convenzionali - è definito come «crimen contro Deum et ipsum hominem, quod firmiter et incunctanter damnandum est» (3).

LE GUERRE OGGI: LE STRUTTURE GLOBALI

Negli ultimi anni si sono verificati molti episodi di azioni armate di ogni tipo, ma quasi mai nel quadro di scontri globali fra Stati sovrani. Tensioni anche gravi fra Stati, con rischio di guerra, vi sono state e vi sono oggi. La tipologia di tali fenomeni è sconfinata, e qui non posso analizzarla. Ma oggi questi fenomeni non sono interpretabili fuori del quadro della globalizzazione delle strutture fondamentali della convivenza della famiglia umana. Esaminiamo alcuni aspetti di questa interconnessione.

L'invasione di armi leggere o anche pesanti in paesi poverissimi, che non hanno denaro per comprarle nè capacità tecnica di produrle. Ciò è in primo luogo interesse dei produttori e commercianti di armi: a questi operatori economici non è posto in pratica alcun limite nazionale o internazionale. Si dice che queste armi provengono dalla svendita causata dal disfacimento dell'URSS. Ciò è vero, ma è solo una piccola parte dalla verità. La verità più importante è che il potere politico degli stati ricchi, e con grosse finanziarie impegnate nella produzione e commercio di armi, è controllato dagli interessi di queste finanziarie. Negli USA il controllo della vendita di armi personali (dalla pistola al mitra semiautomatico) - quello che da noi è il porto d'armi - è stato costantemente e a più riprese bocciato dal Congresso, controllato dalla lobby della National Rifle Association. In molti paesi, fra cui l'Italia, sono stati concessi crediti umanitari a paesi poveri col patto che una parte doveva essere spesa in acquisto di armi. Nel 1980 l'Iraq, fino ad allora armato dall'URSS, ricevette armi pesanti e sofisticate dal mondo occidentale per far guerra all'Iran (la Signora Thatcher dichiarò candidamente che non vendeva armi all'Iraq, ma motori di ricambio per carri armati). Nella guerra dell’Afganistan contro l'invasione sovietica un diluvio di armi occidentali estremamente sofisticate si riversò in Pakistan, forse creando così la sua potenza nucleare, e certamente armando il Pakistan stesso nelle sue pretese sul Kashmir. Alla fine della guerra del Golfo (1991), l'allora presidente Bush (padre) concesse crediti per circa 35 miliardi di dollari ai paesi mediorientali che l'avevano sostenuto, crediti da essere usati per l'acquisto di armi americane (elicotteri e carri armati). Per quanto ne so, alcune imprese italiane (e forse tedesche) si sono arricchite vendendo armi leggere e mine alle varie fazioni della guerra dei Balcani. Gli USA si sono rifiutati di firmare una decisione dell'ONU sul bando delle mine anti-uomo.

Ma ben più grossi interessi finanziari stanno dietro allo sviluppo di nuovi sistemi di arma elettronici. La fase di ricerca e sviluppo di tali nuovi sistemi richiede enormi investimenti privati e la sicurezza di avere compratori finali a 10-15 anni dall'inizio dello sviluppo. Oggi è in corso una commessa del Pentagono per 3.000 nuovi aerei - i JSF - con la prospettiva di venderne altrettanti ad altri Paesi ricchi e potenti. Ciascuno costerà oltre i 100 milioni di dollari: il budget finale previsto dalla Lockheed (insieme alla Boeing) è di circa 7/800 miliardi di dollari. La produzione di serie è prevista per il 2010-2013. Ma è previsto, e già allo studio, un nuovo tipo di aereo da guerra telecomandato. E già oggi la concentrazione di grandi corporations aerospaziali consente l'acquisizione di un bersaglio per razzi o missili via satellite (con il GPS, global positioning system, già in uso su auto normali) con la precisione di pochi metri, e la guida automatica dell'arma sul bersaglio per mezzo del laser. Si tratta di investimenti di dimensioni enormi che esigono ritorni finanziari enormi. Si stanno dunque preparando guerre di qui a 10/20 anni: nessuno sa come sarà il mondo allora, ma l'unica cosa certa è l'enorme profitto finanziario privato. Queste grosse finanziarie sono quasi interamente negli USA, ma i capitali (e il loro controllo reale) può essere nelle mani di chiunque: di un emirato, di un gruppo europeo, dello stesso Bin Laden. Grandi concentrazioni di capitali (privati) sono dovute oggi al petrolio, e il controllo delle fonti e del trasporto del petrolio (oleodotti e rotte marittime) è fondamentale: dietro a ogni guerra vi può essere l'ombra del petrolio, qualunque siano le motivazioni - giuste o ingiuste - che siano addotte di fronte a un Parlamento o a un Congresso o all'opinione pubblica. La nobiltà o almeno la ragionevolezza di interventi militari è spesso solo uno schermo dietro al quale si celano ben altri e meno nobili interessi privati. Come le vere motivazioni di una guerra rispecchiano spesso interessi privati a livello planetario, così le motivazioni fornite alla pubblica opinione mondiale, e spesso agli stessi organi di governo interessati, sono nobili o ragionevoli ma sostanzialmente false, sempre prodotte e manipolate accuratamente da pochissime agenzie (pubbliche e più spesso private), e trasmesse da grandi media che coprono tutto il pianeta e che sono quasi interamente in mani private. La Cnn con la sua rete satellitare copre tutte le terre abitate. L'informazione mondiale, orale o visiva, può essere vera, manipolata, interamente prefabbricata: la Cnn non è un’associazione umanitaria, ma una grossa corporation che opera esclusivamente a fini di profitto ed è in vari modi finanziariamente collegata con altre corporations.

Queste grandi strutture politico-militari, economiche, mediali determinano assai spesso (o quasi sempre) quelle operazioni militari che oggi si dicono impropriamente guerre. Ma vi è un'altra struttura globale che spinge in vari modi masse gigantesche a far proprie le guerre volute da nascosti poteri, ed è la miseria che copre la grande maggioranza della famiglia umana. Chi è in miseria o in condizioni di degrado umano totale è sempre pronto alla ribellione: si pensi al paradosso di popolazioni affamate, ma in cui ogni ragazzino gira con un mitra. Per tutti i poveri della terra, il nemico è sempre il potere e il potere è visto sempre (e a ragione) nel mondo occidentale e in particolare negli USA, luogo simbolico, ma anche luogo in cui avvengono le grosse transazioni finanziarie. Si aggiunga che gli USA sono il solo paese militarmente in grado - a oggi - di sconfiggere o distruggere ogni altro Paese. Io ho visitato con cura molti paesi poveri nei vari continenti, e ovunque fra i poveri vi è un odio latente verso gli USA. Non meraviglia che si sia recentemente assistito a scene e dimostrazioni antiamericane, e anche a una più o meno segreta soddisfazione per gli attentati alle Torri di Manhattan, non solo nei paesi islamici, ma in popoli assolutamente non islamici, tendenzialmente pacifici, di religione cristiana o buddista o animista.

QUESTA GUERRA NON È LEGITTIMA DIFESA

In queste condizioni la reazione degli USA ai recenti terribili attentati, tanto tragica per il popolo afgano quanto inutile alla lotta contro il terrorismo organizzato, ha moltiplicato l'antiamericanismo nel mondo intero. Ma se è stata dannosa per l'immagine degli USA, è stata altamente benefica per le corporations degli armamenti. Il terrorismo diviene oggi il catalizzatore e il veicolo della rabbia dei poveri: la vera lotta al terrorismo - come ormai è riconosciuto da ogni parte, e in specie negli interventi vaticani di ogni grado - è la lotta contro l'insopportabile miseria dei quattro quinti dell'umanità, è la lotta contro noi stessi e il nostro modo - preteso cristiano - di concepire il bene comune della famiglia umana. Solo così si può tagliare l'erba sotto i piedi di pochi gruppi fanatici.

Ogni idea di guerra è stupida: il terrorismo organizzato non è identificabile con uno Stato sovrano. Il necessario finanziamento può provenire da stati o centrali di potere alleate con gli stessi USA; il personale può essere reclutato fra fanatici (o resi fanatici dalla miseria ed oppressione) di qualunque paese, e può essere addestrato in qualunque Paese che non abbia la forza o l'interesse a impedirlo. Tutto ciò è oggi evidente e provato. Il presidente Bush parlò all'inizio di una vera guerra, e istituì tribunali speciali contrari a ogni concezione umana del diritto; ma ora, quando gli viene rimproverato di trattare in modo disumano i (pochi) prigionieri e di volerli punire con la morte (e senza diritto di appello), in contrasto con le convenzioni di Ginevra, risponde che non sono prigionieri di guerra, ma solo terroristi. Il suo concetto di guerra al terrorismo è quello di avere il diritto di compiere azioni militari a proprio piacimento in qualunque stato, consenziente o no. Truppe USA sono già nelle Filippine con vari pretesti; Kissinger predica l’assoluta necessità di una guerra totale all'Iraq; nel mirino di dichiarazioni di autorevoli collaboratori presidenziali vi sono Somalia, Siria, Indonesia e anche Iran, mentre la presenza di truppe USA in Afganistan (e in Pakistan?) è già assicurata per mesi o anni.

Nell'attuale situazione mondiale non si può dunque parlare di guerra giusta da misurare secondo i vecchi canoni della morale cristiana. E non si può parlare neppure di legittima difesa. Non vi è un aggressore specificato, né in atto né potenziale. Non ci si limita allo stretto necessario per difendersi. Si usano armi e bombardamenti indiscriminati e di strage (le bombe da 7.000 tonnellate di esplosivo lanciate per giorni e giorni su intere aree non possono esser classificate altrimenti). Non si adotta alcun criterio di proporzionalità: i milioni di profughi che sono costretti a andare e venire fra Afganistan e Pakistan in condizioni miserabili per sfuggire alla guerra, le migliaia di morti innocenti, la mancanza di medicine e di cibo sono sotto gli occhi di tutti.

La reazione all'attentato alle Twin Towers e al Pentagono si sta risolvendo in un delirio di onnipotenza, e tutto indica che è divenuta un pretesto per affermare un dominio militare e politico assoluto su almeno tutta l'Asia centrale. Al tempo stesso questa pretesa guerra/non-guerra sta generando sempre nuovo terrorismo e fanatismo e sempre crescente rabbia nelle masse povere, impotenti nella loro miseria. Anche l'Arabia Saudita, fedele alleata fino ad oggi, comincia già a mostrare la sua insofferenza per truppe e armamenti USA presenti sul suo territorio dal 1991 (mettendo a rischio le basi militari USA necessarie per attaccare l'Iraq). E anche in Europa (non però nel governo italiano) cominciano a levarsi severe riserve di fronte a ulteriori azioni belliche degli USA.

IL RUOLO DELLA TEOLOGIA MORALE

Siamo così di fronte a una situazione planetaria in cui tutto può accadere. Al tragico fanatismo dei terroristi risponde un parallelo fanatismo di un potere militare senza limiti e senza riserve etiche. La globalizzazione del potere e degli interessi economici ci sta conducendo tutti verso una rivolta planetaria sanguinosa (già intravista da Paolo VI nella Populorum progressio) e al tempo stesso verso una convivenza dominata da un'unica potenza militare. La teologia morale è oggi disarmata: la realtà globale rende vane le classificazioni del passato. Ma io credo che sarebbe sufficiente prendere sul serio la dottrina della Gaudium et spes, che mantiene solo il diritto di legittima difesa alle rigorose condizioni che ho sopra esposto. E prendere sul serio e pretendere l'applicazione della Carta e delle Dichiarazioni delle Nazioni Unite. La teologia morale cristiana può e deve pretendere da tutti i governi il rifiuto secco di partecipare a qualsiasi azione militare, comunque denominata o mascherata, che non sia su mandato preciso e sotto il diretto controllo dell'ONU. Ciò è assolutamente necessario, anche se non sufficiente, per la vita della famiglia umana in strutture globali. Se gli USA - che hanno sempre visto di malocchio un potere dell'ONU superiore al loro - non ci stanno, possono sempre uscire ufficialmente dall'ONU come fece la Germania di Hitler. La definizione di pace del concilio Vaticano II - la vera et nobilissima pacis ratio di Gaudium et spes è quella di «costruire cioè un mondo veramente più umano per tutti gli nomini e su tutta a terra» (4). Di qui non si esce, se non rinunciando nei fatti al nome di cristiano.

Enrico Chiavacci

Note

1. GS specialmente 77.79-82: EV 1/1585-1610.
2. GS 79: EV 1/1596.
3. GS 80: EV 1/1601; si noti che questa è l'unica vera e propria damnatio del concilio Vaticano II.
4. GS 77: EV 1/1585.

(in RTM, XXXIV, 133, 2002, pp. 11-18)
 

Letto 2571 volte Ultima modifica il Giovedì, 07 Novembre 2013 16:38
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search