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Domenica, 04 Agosto 2024 10:35

Diciassettesima domenica del tempo ordinario. Anno B

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Diciassettesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura 2Re 4,42-44

Dal secondo libro dei Re

In quei giorni, da Baal-Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.
Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».
Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 144 (145)

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
 
Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.
 
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

Seconda Lettura Ef 4,1-6

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
 
Canto al Vangelo (Lc 7,16)


Alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia.

Vangelo Gv 6,1-15

Dal vangelo secondo Giovanni

IIn quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

OMELIA

«Chiuso fra cose mortali /
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?». (G. Ungaretti)
«Di che è mancanza questa mancanza, cuore,
che a un tratto ne sei pieno?» (M. Luzi).
Il cuore percepisce che tutto non è ancora Tutto.
Il pane non basta alla fame dell’uomo. «Duecento denari…», uno sproposito, non saranno mai abbastanza per soddisfare la fame di vita. Siamo solo la ‘razione di vita per l’oggi’, cinque pani e due pesci. Bastiamo solo per quest’oggi, per questa vita, troppo breve per esserci sufficiente.
E questo perché siamo essenzialmente relazione. Relazione col Tutto; parte del Tutto. Se viviamo incentrati sul nostro piccolo ego, saremo morti viventi attaccati coi denti a questa breve storia che è la vita.
Un ramo d’albero se pensa d’essere solo un ramo, vivrà nell’ossessione di essere tagliato, di spezzarsi, di cadere a terra. Ma se si percepirà parte dell’albero, relazione essenziale con l’alberò saprà che se anche cadrà a terra la sua vita è immensamente più grande, e per questo non può finire in quanto albero appunto, linfa vitale che non si esaurirà. E la sua pace sarà grande.
La vita che viviamo, se partecipata nella relazione è moltiplicata, entrando così nella sfera dell’eterno; acquisisce una portata in grado di vincere anche la morte. E trasformerà questo povero mondo in un giardino, luogo delle relazioni sane e vitali, dove gli altri da nemici diverranno compagni, etimologicamente ‘coloro con cui si condivide il pane’. Il testo parla di «molta erba in quel luogo» desertico (v. 10), un giardino appunto, figura di paradiso.
 
Paolo Scquizzato
 
Letto 98 volte Ultima modifica il Domenica, 04 Agosto 2024 10:43
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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