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Martedì, 03 Novembre 2020 18:43

Donne nel gruppo dei primi discepoli di Gesù In evidenza

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Donne discepole

Vi erano anche alcune donne che osservavano da lontano, tra le quali Maria la Maddalena, Maria madre di Giacomo il piccolo e di Joses [oppure: Maria, quella di (= madre o moglie o figlia) Giacomo il piccolo e la madre di Ioses], e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme (Mc 15,40-41 ).

C'erano donne che "seguivano e servivano" Gesù fin da quando era in Galilea, ma Marco si ricorda di parlarne solo alla fine del penultimo capitolo del suo Vangelo! Solo qui infatti compaiono per la prima volta in Mc le donne al seguito di Gesù. Dovendo ammettere che le uniche testimoni della crocifissione di Gesù sono state delle donne, che lo hanno seguito fino al luogo dell'esecuzione sia pure "osservando da lontano", l'evangelista dice - quasi di sfuggita - che in realtà esse fin dall'inizio erano alla sequela di Gesù.

Si noti che Mc usa per loro il verbo "seguire" (akolouthéo), cioè il verbo usato nei Vangeli per i discepoli di Gesù, coloro che non solo lo seguivano nelle idee ma erano parte del suo gruppo itinerante; e usa il verbo "servire" (diakonéo), che non indica solo dei lavori di supporto materiale e logistico (es. cucinare o pulire) ma una collaborazione alla sua missione.

Ma perché Marco non ha raccontato il loro primo incontro con Gesù? Perché non le cita almeno nei momenti salienti del suo ministero? (Ad es. perché non possiamo pensare che fossero presenti in un momento cruciale come l'ultima cena? Perché no, se lo "seguivano e servivano"?).

Si ha l'impressione di essere di fronte a un caso di rimozione. La presenza di donne alla sequela di Gesù poteva essere un elemento importante per evidenziare la novità, talvolta scandalosa per quei tempi, di questo maestro (nessun "rabbì" accettava donne alla sua scuola); ma forse la cosa appariva problematica anche per Marco e poteva apparire scandalosa per i suoi lettori. Il fatto però che queste donne avessero assistito alla sua morte e fossero state presenti al sepolcro doveva essere così noto che almeno questo Marco non poteva tacerlo.

Che delle donne abbiano seguito Gesù durante la passione, abbiano visto dov'era stato sepolto e per prime la mattina della domenica si siano recate al sepolcro per ungere il corpo di Gesù trovando la tomba vuota, tutta la tradizione evangelica è d'accordo:

Mt 27, 55-56.61, 28, 1-8

Mc 15, 40-41.47; 16,1-8;

Lc 23,49.55-56; 24, 1-10;

Gv 19,25; 20, 1.

 

E il primo incontro col Risorto lo hanno avuto delle donne, stando a Mt 28,8-10 e Gv, 20, 11-18. Per questo quando, dopo l'ascesa al cielo di Gesù, gli apostoli a Gerusalemme reintegrarono il numero di 12 con la scelta di Mattia (At 1, 15-26) con la motivazione della necessità che tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto con noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone insieme a noi della sua risurrezione, le uniche ad avere titolo, secondo questo criterio, per essere apostoli (testimoni oculari di ciò che Gesù aveva detto e fatto fino alla sua morte e risurrezione) sarebbero state le donne. Infatti, stando al racconto del Vangelo più antico (Mc), gli apostoli non possono essere stati testimoni oculari della passione e sepoltura di Gesù, perché non c'erano. E se l'annuncio della morte e risurrezione di Gesù costituisce il cuore dell'annuncio apostolico, Pietro e gli altri hanno dovuto esserne informati dalle donne.

Ma c'è un brano molto significativo nel Vangelo di Luca in cui si parla di donne che stanno con Gesù e collaborano con lui ben prima delle vicende della passione e morte:

( ... ) egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C'erano con Lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni (Le 8, 1-3).

Luca è l'unico dei 4 evangelisti che ci trasmette questa notizia fondamentale: che Gesù, fin dai primi tempi del suo ministero, era accompagnato non solo da discepoli ma anche da discepole.

E' un brano che presenta una novità eccezionale, ma che probabilmente disturbava un po' nell'ambiente di Gesù e delle prime comunità cristiane (per non parlare di quando la Chiesa cominciò a istituzionalizzarsi...): le donne nel gruppo di Gesù erano delle discepole a tutti gli effetti, non semplicemente delle brave donne addette a servizi materiali, ma associate all'attività di Gesù al pari degli uomini (i Dodici).

Luca non usa il termine "discepole", perché nell'ebraico e nell'aramaico dei tempi di Gesù la parola "discepolo" non aveva il femminile (nessun "rabbì" aveva un discepolato femminile); ma nel parlare della loro attività con Gesù usa il termine "diakonein" (= servire), cioè il verbo della "diaconia", del servizio ai fratelli, del mettersi a completa disposizione; e parla all'imperfetto ("Gesù andava, c'erano delle donne che servivano), il tempo dell'azione continuata. Dunque la sequela di queste donne non era occasionale (se in Lc 24,6-8 leggiamo che le donne ricordarono ciò che Gesù aveva detto in Galilea, come avrebbero potuto ricordare le sue parole se non fossero state con lui con una certa continuità?), e il loro "servire Gesù" doveva essere non solo un supporto economico ma anche una partecipazione al suo ministero itinerante.

(Peccato che nella tradizione cristiana la novità splendida e trasgressiva di "discepole" di Gesù sia stata per tanto tempo immiserita, riducendole al ruolo di perpetue itineranti o di volenterose dame benefiche, e chiamandole "pie donne", espressione che non sembra il massimo del riconoscimento ... ).

Il fatto che nel gruppo di Gesù ci fossero delle donne doveva attirare su tutto il gruppo un giudizio negativo.

- La donna era considerata non solo un essere inferiore ma "fisiologicamente" impura, e questo rendeva impuro l'ambito che le circondava.

- Inoltre, secondo le superstizioni del mondo ebraico di allora, la presenza di una donna attirava i guai perché la prima donna biblica, Eva, era stata causa di peccato (Dalla donna ha avuto inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo: Sir 25,24); ecco perché nel mondo ebraico, quando c'era un funerale, dietro il morto venivano subito le donne, perché sulle donne gravava la responsabilità dell'esistenza della morte nel mondo.

- Che poi ci fossero donne che vivessero e si muovessero fuori del controllo del clan familiare, era inconcepibile all'epoca di Gesù (il diritto ebraico concedeva all'uomo la possibilità di ripudiare la moglie se l'avesse sorpresa fuori casa da sola).

- Altro aspetto scandaloso era che queste donne avessero seguito l'insegnamento di Gesù: allora gli ebrei non permettevano che le donne studiassero la Scrittura, perché si pensava che fossero di condizione intellettuale inferiore e che fosse pericoloso insegnare loro qualcosa di tanto sacro per gli errori in cui sarebbero potute incorrere (un detto ben noto a quei tempi era: le parole della Legge vengano distrutte dal fuoco piuttosto che essere insegnate alle donne).

 

Chi erano le donne di Lc 8, 1-3

Di alcune di queste donne Luca dice che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità. Per "guarire" usa il verbo therapéuein che significa non solo "curare" in senso medico ma anche "servire, occuparsi di, prendersi cura di"; e per indicare ciò da cui erano state curate parla di "spiriti cattivi" (espressione che nella mentalità di allora poteva indicare sia malattie fisiche che disturbi psichici) e di asthéneia che indica non solo una malattia ma anche debolezza, impotenza, insignificanza (non potere, non contare, essere senza credito): si tratta allora di donne che possono essere state curate/guarite da Gesù in qualche loro infermità ma anche curate "dentro", cioè restituite alla loro dignità e importanza di persone, a una pienezza di vita.

Ed è significativo che queste donne, di cui Gesù si era preso cura in un momento in cui avevano bisogno di aiuto, risposero prendendosi cura di lui generosamente e fino all'ultimo: la loro presenza silenziosa presso la croce, vicino al sepolcro e all'alba della risurrezione fu l'ultimo atto della loro dedizione generosa.

Luca nomina tre di queste donne: Maria la Maddalena, Giovanna moglie di Cuza e Susanna. Sono donne che sembrano godere di una libertà di movimento decisamente insolita nel mondo ebraico, dovevano essere piuttosto abbienti e soprattutto - cosa ancora più strana - disponevano dei loro beni.

- Giovanna era la moglie di un alto funzionario della corte di Erode (Antipa), tetrarca della Galilea, e Luca la ricorda ancora presente presso il sepolcro vuoto (Lc 24, 10). Doveva essere un personaggio importante, ma la tradizione cristiana l'ha quasi dimenticata o interpretata in modo assai riduttivo: commentatori del passato hanno dato per scontato che il marito fosse morto; sembrava infatti troppo strano che un'altolocata signora abbandonasse la famiglia e una vita 'normale' per seguire per le strade della Palestina un "rabbì" itinerante, piuttosto irregolare e seguito da un gruppo di straccioni; ipotizzando invece che il marito fosse morto, la realtà splendida e trasgressiva della discepola diventava quella, molto più digeribile, di una brava vedova che si· dedica all'assistenza materiale di un missionario. Ma non è detto che sia stato così, e comunque nessuno ha considerato il rischio che correva la moglie di un membro della corte erodiana mettendosi al seguito di un profeta malvisto e irregolare fino ad assistere all'esecuzione di lui.

Non sappiamo quale sia stato il motivo che spinse Giovanna a seguire Gesù; ma dal contesto della citazione lucana si può pensare che anche per lei abbia contato un'esperienza di guarigione e di amore liberante.

- Maria la Maddalena [nei Vangeli è sempre Magdalené: secondo molti studiosi significa "di Magdala", nativa di o proveniente da Magdala, ritenuto un villaggio sulla riva occidentale del lago di Tiberiade e spesso identificato con Tarichea, centro importante per la pesca e la lavorazione del pesce; tuttavia nessun villaggio o città della Galilea del I secolo d.C. è conosciuto col nome di Magdala e nella società dei tempi di Gesù la donna non veniva denominata con un toponimico, non era "di qualche luogo" ma semmai "di qualcuno": figlia di, moglie di, madre di; per questo secondo alcuni studiosi Magdalené è un eponimo, un soprannome: infatti in Lc 8,2 è "Maria chiamata Maddalena", e nel NT "chiamato" non è mai un participio toponimico ma sempre un appellativo; e se è tale, questo soprannome potrebbe derivare dall'ebraico gadal = "essere grande", da cui migdal/magdal = "torre" o anche m 'gdala = "colei che è resa grande": in tal caso sarebbe per questa Maria un appellativo post-pasquale].

E' ricordata da Luca come colei dalla quale erano usciti 7 demoni. Cosa che fa subito pensare a qualcosa di negativo e di cattivo, e di totalmente cattivo (perché nella cultura ebraica 7 era il numero della pienezza e totalità). Ma all'epoca di Gesù si attribuivano ai demoni tutte le malattie di cui non si conoscevano le cause (in pratica quasi tutte), perciò Maria la Maddalena non era stata "molto cattiva" ma "molto malata". Purtroppo su questa figura di donna grava una lettura distorta che ha prodotto la costruzione di un'immagine piena di errori.

Risale a papa Gregorio magno (circa 600 d.C.) questa lettura sbagliata che ha fissato per secoli l'immagine della "Grande Peccatrice": i "7 demoni" sono stati letti come simbolo dei "7 peccati capitali", dunque la peccaminosità totale; e siccome i peccati principali attribuiti a una donna in un contesto patriarcale erano quelli di sesso, si è fatta una facile operazione: donna+peccato+sesso = prostituta (la donna 'occasione di peccato' per eccellenza). Poi si è identificato, senza alcun fondamento, Maria la Maddalena con l'anonima "peccatrice della città" di Lc 7,36-50; e poiché di questa si racconta che abbia unto i piedi di Gesù con unguento profumato, la si è identificata con quella Maria di Betania il cui gesto di unzione di Gesù è narrato da Gv 11,2; 12, 1-8: una Maria la Maddalena "dopo la cura". Il pasticcio sulla figura di Maria la Maddalena (fatta diventare la "Grande Peccatrice", la "prostituta pentita") è rimasta nella tradizione cattolica per secoli, e oggi, anche se i teologi hanno superato l'equivoco, può ancora capitare di sentirlo ripetere in certe omelie.

Quello che invece è probabilmente il dato storico di questa donna è che deve essere stata molto malata, forse di una malattia psicosomatica che ne aveva limitato gravemente la vita di relazione, come un "non appartenersi più" e un vivere ai margini. Incontrando Gesù, ha ritrovato non solo la sanità fisica, ma la sua importanza di persona, la verità del suo essere, una vita da vivere con gioia e da spendere in una vocazione.

Non sappiamo nulla della sua vita dopo la fase evangelica, dopo le parole dell'annuncio pasquale: ho visto il Signore (Gv 20, 18). Ma è chiaro che dopo che una persona ha avuto un'esperienza così totale e folgorante, qualsiasi notizia aggiunta sarebbe stato un dettaglio inessenziale.

Una cosa che colpisce è che Luca (pur essendo l'evangelista più aperto nei confronti delle donne), parlando negli Atti degli inizi della prima Chiesa a Gerusalemme, non nomina più le donne che erano state discepole di Gesù (dice solo che "alcune donne" facevano parte del primo gruppo di discepoli che era solito riunirsi a Gerusalemme, perseveranti e concordi nella preghiera: At 1,12-14). E Paolo nelle sue lettere, che sono gli scritti più antichi del NT, sembra non averne mai sentito parlare. Eppure almeno Maria la Maddalena, a cui era attribuito un primato nell'annuncio della risurrezione, doveva essere un personaggio di spicco nella comunità primitiva.

 

Una considerazione

E' chiaro che fin dalla Galilea molte donne hanno seguito e servito quello strano rabbì itinerante, proprio come facevano i veri discepoli con il maestro. Insieme alla cerchia dei Dodici, c'erano anche loro, le donne; e, seppur frettolosamente, vengono nominate nel gruppo (Luca 8, 1-3).

Il Gesù dei Vangeli, pur presentato come colui che costituisce i Dodici, non concepiva la sua comunità come una cerchia separata di soli uomini. Le donne sembrano aver fatto pienamente parte del gruppo. Con loro Gesù verosimilmente discuteva e si confrontava, procurando non poco imbarazzo ai discepoli che faticavano a capire quell'atteggiamento anticonformista del Messia.

Certo, nella sua umanità Gesù rimaneva uomo del suo tempo, con i suoi pregiudizi culturali (v. l'incontro con la donna Cananea); ma, se da una parte è difficile immaginarlo servire a tavola, dall'altra vediamo che si è appropriato di gesti vicini al mondo femminile per esprimere il senso della sua vocazione. Gesù osservava l'agire delle donne e da loro imparava:

- è forse proprio dalla profonda umiltà delle donne che ebbe l'intuizione di come doveva essere il discepolato: farsi servo di tutti, abbassarsi, come faceva la donna quando lavava i piedi al marito ...

- è dalla discussione appassionata con la donna Cananea che Gesù chiarificò il suo mandato e prese in considerazione la possibilità di estendere la sua missione oltre i confini di Israele.

Gesù accoglieva le donne, le ascoltava, le ammaestrava, le perdonava, le guariva, le mandava in missione. Ha dato loro tanto: ha infiammato i loro cuori, le ha fatte sentire importanti, ha fatto conoscere loro un Dio materno, vicino, che le ama e non le considera persone di seconda classe.

Un Messia del genere non poteva non accendere la speranza di quante da sempre erano relegate a ruoli subordinati. Presto la voce deve essersi diffusa: e le donne, come i poveri, aderirono con gioia a quella fede capace di accogliere tutti con pari dignità.

Si può dire che Gesù abbia offerto alle donne qualcosa di cui difficilmente gli uomini avevano bisogno: uscire dall'invisibilità, dall'anonimato, dal chiuso delle loro case, aprendo loro prospettive più ampie; un'esperienza concreta di liberazione nel quotidiano. Essa provocava necessariamente una ridefinizione dei ruoli sociali, interrogava le strutture e sollecitava il cambiamento. Gesù annunciava loro che il mondo è più ampio dei confini patriarcali, delle mura di casa.

Gesù ha dato tanto alle donne; ma da queste ha pure ricevuto molto: dalle donne Gesù ha conosciuto l'amicizia più alta, quella incondizionata. Esse gli hanno aperto la porta della loro casa e quella del loro cuore, alcune hanno finanziato il suo ministero, altre gli hanno offerto ospitalità quando si sentiva stanco dopo un lungo viaggio. Le donne non si sono limitate a seguire il Maestro, sono rimaste con lui anche quando ogni speranza sembrava ormai sepolta. E a loro è stato consegnato l'annuncio della resurrezione.

Poi nei tempi successivi le comunità cristiane hanno reinserito le donne nell'ordine patriarcale. La novità evangelica è stata emendata. L'annuncio della fede affidato alle donne è diventato nucleo di una testimonianza apostolica tutta al maschile. E così Maria la Maddalena si è trovata di nuovo posseduta dai demoni del patriarcato.

Esiste, dunque, tra Vangelo e storia successiva un evidente scarto, che oggi le donne credenti hanno cominciato a mettere in evidenza.

 

 

Clicca qui per andare a "Incontro di Gesù con le donne nel Vangelo"

 

 

 

Letto 21326 volte Ultima modifica il Martedì, 03 Novembre 2020 19:50

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