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Sabato, 22 Dicembre 2018 16:06

IV Domenica di Avvento – Domenica 23 Dicembre 2018 -

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Anno C

- don Paolo Squizzato

Prima lettura: (Mi 5,1-4)

Così dice il Signore:
«E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me
colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui,
fino a quando partorirà colei che deve partorire;
e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.
Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio.
Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande
fino agli estremi confini della terra.
Egli stesso sarà la pace!».

Parola di Dio

Salmo responsoriale (Sal 79)

Rit. Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. Rit.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Rit.

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Rit.

Alleluia

Seconda lettura (Eb 10,5-10)

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice:
«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà”».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

Parola di Dio

Canto al Vangelo (Lc 1,38)


Alleluia, alleluia.

Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola.


Alleluia.

Vangelo (Lc 3,10-18)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


Parola di Dio

Omelia

Dinanzi all’annuncio dell’angelo, Maria s’è fatta ‘accoglienza’ dell’improbabile, del non previsto, dell’impossibile, perché in fondo la vita altro non è che ‘attesa senza oggetto’ (Simone Weil), apertura all’imprevedibilità.
Infatti il possibile – ricorda Jacques Derrida – non porta con sé mai alcun mistero.
Affinché vi sia evento, perché l’altro – il sorprendente – possa rivelarsi per ciò che è, è necessario fare esperienza dell’impossibile. Senza questo impatto non si darebbe visione del nuovo, ma solo del ‘sempre lo stesso’, della ripetizione.
Dunque Maria appena fatta esperienza dell’impossibile, «si alzò e andò in fretta» a far visita ad una donna bisognosa di aiuto (v. 39).
A muoverci sarà sempre una forza, un’energia che ci portiamo dentro tutti ma che rischia di rimanere assopita se non si rimane aperti all’azione di un Altro riconosciuto nella sua totale oggettività. È importante fare esperienza del divino in noi, aprirci alla sua azione, silenziosamente lasciare che ci imbeva di lui: solo allora la nostra stessa carne sarà manifestazione di Dio – questo è mistero dell’incarnazione – e solo allora potremmo rialzarci dalle nostre paralisi e cominciare a camminare per cominciare finalmente a prenderci cura di qualcuno.
Maria mossa da un’esperienza vissuta nella carne, raggiunge Elisabetta, altra donna che ha fatto esperienza dell’impossibile, lei sterile da sempre.
Siamo fatti per sbocciare, una vita sterile, incapace di portare frutto e di dare colore e profumo è una vita morta.
Il brano di oggi, potrebbe guarirci da una grande malattia del nostro tempo: l’incapacità dello stupore.
Non ci stupiamo più di nulla. Tutto è noto, già dato, scontato, prevedibile, immaginabile. Non c’è più spazio per il mistero, ossia la ferma certezza che la realtà non è tutta come appare, ma infinitamente altra ancora. Per questo tutto sa di stantio e di vecchio, soprattutto ciò che riguarda la religione. Basta partecipare ad alcune Messe domenicali. Ci siamo ridotti a fare archeologia del sacro, e noi preti ridotti alla stregua di bravi antiquari.
Che il Natale sia esperienza dell’acqua che fa fecondare, del fuoco che accende le potenze assopite, dell’aria che torna a far respirare e della terra che fa germogliare vita nuova.
Auguri!

CAMMINO DELLA SETTIMANA

Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri:

  • A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

  • Siamo fatti per sbocciare, ...una sterile è una vita morta.

Buon cammino!


 

"Una guida sintetica per condurre la Liturgia della Parola"

 

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Letto 29815 volte Ultima modifica il Sabato, 22 Dicembre 2018 16:30

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