Abituati come siamo ai meccanismi odierni dell'economia e della finanza, facciamo un po' fatica a capire come funzionava l'economia antica, che era in molti aspetti diversa da quella di oggi. Anche per capire i riferimenti "economici" che troviamo nei Vangeli, dobbiamo non farci condizionare:
a) dalle nostre idee di oggi su questioni quali: - cos'è "economia"?
- com'è organizzata la produzione? Quali sono i prodotti di base e quali i beni di lusso?
- come sono distribuiti i beni? Cosa significa essere ricchi o poveri?
- Come funziona l'uso del denaro?
b) dalla tendenza a fermarci ad aspetti "descrittivi" quali ad es.: - cosa si coltivava, quali animali si allevavano?
- com'erano gli strumenti di lavoro?
- cosa e come si pescava?
- cosa si poteva comprare al mercato? Quali monete si usavano?
Se consideriamo che la parola "economia" deriva da due termini greci (oilcos e nomos) che significano "casa" e "regola" (dunque, "economia" = "gestione della casa"), comprendiamo che l'obiettivo economico principale degli antichi era il sostentamento della famiglia e l'approvvigionamento della casa. Cosa diversa rispetto alle prime idee che oggi associamo alla parola "economia" (pensiamo subito a stipendi, prezzi, inflazione, impresa, mercato, borsa, operazioni finanziarie, multinazionali, ecc.).
MECCANISMI ECONOMICI NELLA PALESTINA DEL I SECOLO
PRODUZIONE. L'AGRICOLTURA
Per "produzione" si intendevano essenzialmente le operazioni con cui si trasformavano materiali naturali in beni necessari o utili alla vita (quindi un'idea di "produzione" molto più ristretta rispetto a quella odierna, che coinvolge anche la produzione immateriale, dall'informazione alle operazioni finanziarie on-line, ecc.).
Qualunque attività produttiva era inoltre fortemente condizionata rispetto a oggi dai limiti della tecnologia: la maggior parte dell'energia-lavoro veniva da animali e da esseri umani (ad esempio l'agricoltura era fatta essenzialmente da attività manuali integrate da qualche utilizzo di forza animale); le moderne fonti di energia erano sconosciute; strade di cattiva qualità e carri scadenti rendevano il trasporto via terra estremamente costoso, quindi ogni regione doveva essere autosufficiente per i prodotti vitali (si pensi invece a quanto poco dei prodotti agricoli che consumiamo oggi provenga da zone agricole vicine a noi), e così via.
Nella Palestina dei tempi di Gesù l'agricoltura era l'attività produttiva di gran lunga principale.
[La forte presenza di riferimenti agricoli nella parabole di Gesù riflette bene questa situazione: l'esperienza quotidiana di Gesù era radicata in un mondo agricolo, in particolare in quello della Galilea: v. schema: Riferimenti all'agricoltura in alcune parabole di Gesù in Mt].
Si calcola che tra 80 e 90% della popolazione fosse allora regolarmente impegnata nel lavoro agricolo (comprendendovi anche l'allevamento), mentre un 5% costituiva l'élite dominante, e un 10% ruotava in vari modi attorno a questa élite. Una stragrande maggioranza produttiva che era però tagliata fuori dagli aspetti decisionali della società. Rispetto all'agricoltura moderna, quella antica era poco produttiva: una resa cerealicola di 1:10 era da considerare un ottimo risultato, ma su terreni mediamente non fertilissimi come quelli della Palestina il rapporto doveva essere assai più basso.
L'attività agricola era condotta prevalentemente a livello familiare e in senso estensivo: la percentuale di utilizzo agricolo del territorio dell'antica Palestina doveva essere del 65-70% (oggi in Israele è del 40%). I principali prodotti coltivati erano: cereali (grano e orzo), legumi (lenticchie, fave, fagioli), frutta da albero (olive, uva, fichi, melagrane, datteri), frutta secca (mandorle, pistacchi).
Ma più che elencare cosa veniva prodotto, è importante capire "come" era organizzata la produzione.
Al tempo di Gesù era sempre meno facile essere un contadino tradizionale, che produceva anzitutto per la sua sussistenza. La terra era sempre più controllata dalle élite, un numero sempre maggiore di contadini finiva in contratti di affitto e produceva ciò che volevano i proprietari; e le élite privilegiavano la produzione che riempiva i suoi magazzini o aveva più valore commerciale.
[Il racconto evangelico del fico che non produce - Mc 11,13-14.20-24; Mt 21,18-22; e anche Le 13,6-9 - è un'interessante metafora del controllo paralizzante esercitato dall'élite sulla produzione agricola: la cattiva condizione del fico rappresenta la cattiva condizione degli affari agricoli dal punto di vista del contadino tradizionale. Da sempre il fico era uno dei simboli del benessere israelitico, una pianta di casa che simboleggiava una produzione familiare, controllata dal contadino ("stare sotto il fico" = la sicurezza dell'autosufficienza domestica garantita da un lavoro proprio: es. Natanaele in Gv 1,47-48: "un vero israelita ... stavi sotto il fico"). Ma al tempo di Gesù la produzione rispecchiava sempre meno una conduzione familiare volta alla tranquilla sussistenza: olive e uva erano più importanti dei fichi, le decisioni dei proprietari (per una produzione secondo i loro interessi) provocavano una specie di malattia sociale e le piante di fico languivano].
PRODUZIONE: LA PESCA
La pesca costituiva una parte importante dell'economia palestinese, soprattutto in Galilea, ai tempi di Gesù.
[Anche i riferimenti evangelici all'attività dei pescatori e alla gente che mangia pesce o lo porta con sé, conferma l'importanza di quest'attività nella vita palestinese. Si vedano, ad es., Mc 1,16-20 e Gv 21,1-14].
Di solito però si bada poco all'importanza che il sistema economico e sociale della pesca in Galilea ha avuto nell'ambito delle relazioni di Gesù e dei suoi discepoli, e invece è fondamentale. Ma per non interpretare male, bisogna anzitutto evitare di attribuire i concetti moderni di libero mercato alla pesca in Galilea ai tempi di Gesù. Questa non era una libera impresa; anche i pescatori che possedevano barche proprie facevano parte di un sistema di attività e di relazioni finanziarie gestito e controllato da gruppi di potere.
Il lago di Tiberiade era il luogo principale della pesca; oltre a rifornire la popolazione locale, il pesce della Galilea veniva esportato verso altri punti di vendita (sappiamo, ad esempio, di un percorso di distribuzione che partiva da Betsaida all'estremità nord del lago e arrivava al porto di Tolemaide sul Mediterraneo).
Il sistema economico della pesca in Galilea era controllato dall'élite al potere.
Il governante locale (ai tempi di Gesù era il tetrarca Erode Antipa) controllava il mare, il lago, i porti, i diritti di pesca e le vie di comunicazione. Egli appaltava i diritti di pesca, il controllo dei porti e i diritti di stipulare contratti di affitto ad amministratori delle tasse e dei dazi, che davano in gestione questi diritti ad agenti/mediatori ("pubblicani").
Questi stipulavano con i pescatori dei contratti che prevedevano la vendita ai migliori offerenti dei diritti di pesca e un prestito in denaro per le spese che i pescatori dovevano sostenere nella loro attività; i pescatori si trovavano così fin da subito indebitati con gli agenti/mediatori [v. Mc 2,13-14: il fatto che il banco delle tasse di Levi-Matteo si trovasse verso la riva del lago a Cafarnao, importante centro di pesca, fa supporre che fosse proprio uno di questo agenti/mediatori del diritto di pesca, comprensibilmente mal visti dalla popolazione].
Le famiglie di pescatori erano la manovalanza primaria che procurava il pesce. I pescatori potevano formare delle "cooperative" per essere in grado di fare offerte più appetibili per gli affitti della pesca. Se una famiglia non aveva un numero sufficiente di membri in età da lavoro, assumeva dei salariati per aiutare nelle varie attività.
Per le loro necessità i pescatori avevano bisogno di materie e prodotti provenienti dal mondo agricolo e dall'artigianato: lino (fibra di cui erano fatte le reti), pietre tagliate (per le ancore), legname (per costruire e riparare le barche), tela (per le vele), canestri (per il trasporto del pesce).
I pescatori vendevano il pesce alle pescherie di lavorazione. L'attività di queste consisteva nella conservazione del pesce (pulitura, salatura, essiccatura) e nella sua trasformazione in prodotto da consumare (es. salse di pesce e altri prodotti da portare ai mercati): tutte attività che dovevano pagare agli esattori delle tasse la licenza di lavorazione e le tasse sul pesce lavorato. Per la lavorazione occorreva procurarsi (con denaro o con baratto) materie e attrezzi da agricoltori, artigiani e commercianti: sale, olio e vino per la conservazione, anfore per il trasporto, ecc. Anche questi scambi erano tassati.
Il prodotto lavorato nelle pescherie veniva venduto per la distribuzione a commercianti, che rifornivano la Galilea, il resto della Palestina e anche dei porti sul Mediterraneo, attraverso trasportatori ( che erano tassati dagli esattori delle tasse per l'uso di strade, ponti e porti controllati dall'autorità locale e dagli esattori dei dazi nell'attraversamento di frontiere doganali romane.
In un sistema economico così fortemente regolato, tassato e gerarchizzato, non si possono certamente considerare i pescatori come dei liberi imprenditori e tanto meno come una "classe media" sufficientemente benestante, perché la maggior parte dei guadagni andava agli agenti/mediatori, alle società di pubblicani esattori delle tasse e a chi governava.
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