in questo caso i farisei. "Fariseo" significa "separato" (dal comune popolo), ed essi osservano tutti i 613 precetti che sono riusciti a estrapolare dalla legge di Mosè.
Essi attendono Gesù al varco perché è un pericolo pubblico. Già al cap. 3, dopo che Gesù aveva guarito l'uomo con il braccio paralizzato, i farisei avevano deciso di ammazzarlo. Perché se Gesù, trasgredendo la legge, fa del bene, allora mette in crisi la validità della legge farisaica, si mettono in pericolo le strutture religiose.
E gli chiedono un segno per "tentarlo", cercano pretesti per accusarlo. Il verbo "tentare" è quello già adoperato all'inizio del Vangelo per indicare le tentazioni del Satana nel deserto. Satana non compare più dopo quell'episodio, ma compaiono i suoi emissari. E quindi Gesù rifiuta, i suoi segni non sono per "questa generazione".
Nella tradizione ebraica si parlava di tre generazioni: la generazione del diluvio, perita tragicamente; la generazione del deserto, ed erano morti; e la terza, la generazione del Messia. Gesù fa capire chiaramente che questa generazione del Messia rischia di perire e di non arrivare alla terra promessa.
E Gesù salì di nuovo sulla barca verso l'‟altra riva" (espressione che nei Vangeli indica sempre i popoli pagani).
"...avevano con sé nella barca un pane" (non: "un solo pane", come viene tradotto). Marco non ha la preghiera del Padre Nostro, che troviamo in Matteo e in Luca, ma la teologia di questa preghiera è presente. Questo pane è la presenza di Gesù, questo pane che Gesù prende e spezza è la sua vita, che alimenta gli altri.
"E Gesù raccomanda loro «Attenzione! Guardatevi dal lievito (il lievito è qualcosa che corrompe) dei farisei e dal lievito degli erodiani!»": il potere, il dominio, l'oppressione unisce farisei ed erodiani: gli uni detenevano il potere religioso, gli altri quello civile. Chi vive sotto l'ambito del potere è refrattario all'azione di Gesù.
"E parlavano gli uni con gli altri perché non avevano pane": hanno Gesù, ma non lo vedono. "Ancora non intendete?" Non è un problema di udito, è un problema di comprendonio. "Avete il cuore" – il cuore non era la sede degli affetti, ma indicava la coscienza – "indurito". La loro mente è indurita, ancora legata al vecchio.
"Avete orecchie e non udite, avete occhi e non vedete": qui l'evangelista ci prepara all'episodio difficile della guarigione del cieco. E' un problema interiore, non è un problema fisico, è un problema spirituale.
E Gesù con grande pazienza, di fronte a questi discepoli, come scolari testardi, ricorda loro i fatti passati. Gesù esprime tutta la sua delusione riguardo i discepoli. L'evangelista sta denunciando quanto l'attaccamento alla tradizione o all'ideologia religiosa possa vanificare la novità portata da Gesù. Il vino richiede otri nuovi, altrimenti si perde il vecchio e si perde il nuovo.
Ed ecco l'episodio della guarigione del cieco di Betsàida, città pagana di frontiera.
"... e gli portano un cieco": l'evangelista adopera il linguaggio dei profeti dove la cecità, la sordità erano tutte figure della resistenza che il popolo metteva nel comprendere e nell'accogliere il messaggio del Signore.
Gesù lo prende per la mano e lo conduce "fuori del villaggio". L'evangelista sta citando il profeta Geremia, cap. 31, dove dice "prendendo la loro mano per condurli fuori dalla terra d'Egitto"; questo cieco vive in una terra di prigionia, è questa terra di schiavitù che gli impedisce di scorgere la luce di Dio.
"fuori del villaggio". Villaggio? Betsàida era una città popolosa! "Villaggio" è un termine tecnico adoperato da tutti gli evangelisti per indicare il luogo dove la tradizione è talmente attecchita che le novità vengono viste con sospetto.
Gesù non lo può guarire all'interno del villaggio perché altrimenti ritorna nella condizione di prima, lo deve condurre fuori della tradizione religiosa. E Gesù gli sputa negli occhi! Gesù fa una azione violenta perché indica la resistenza.
La saliva all'epoca era considerata "alito condensato", immagine dello Spirito. L'evangelista indica l'azione di Gesù di comunicare il suo Spirito, e usa un altro termine greco che non indica occhi, ma "visione": il problema non era oculistico, era interiore. "E gli impose le mani" cioè gli comunica vita; poi gli chiede se vede qualcosa, ed egli "alzati gli occhi..." : il verbo usato richiama Isaia 61, per indicare l'azione dell'unto del Signore, del Messia, che è quella di far recuperare la vista ai ciechi. L'evangelista inserisce richiami biblici per farci capire che non è solo una guarigione, ma è un'azione per liberare i discepoli e far loro scorgere un Messia universale.
"diceva: «scorgo gli uomini perché percepisco come alberi che camminano»". I verbi usati sono due: c'è il verbo "scorgere" che indica uno sguardo superficiale, e il verbo "percepire" che significa entrare nel significato di quello che si vede. E sono gli stessi termini adoperati dal profeta Isaia (6,9) nel rimprovero del Signore al popolo, perché "lo guardano, ma non vedono" (si veda anche Mc 4,12).
Qui l'uomo comincia a guardare e poi finalmente a vedere, e, pur scorgendo uomini, vede alberi: esseri vivi, ma che non odono e non vedono. L'evangelista adopera questo paragone per indicare un essere vivo, ma che non vede e non ascolta, non ode.
E l'espressione con l'articolo determinativo "gli uomini", rimanda all'ultima volta che era apparso il termine "uomini", quando Gesù denuncia ai farisei e agli scribi "Quella che voi spacciate come tradizione degli antichi, in realtà sono precetti degli uomini!" Ecco il motivo della cecità dei discepoli: come questo cieco di Betsàida, non vedono perché la tradizione religiosa, impostata sul potere di Dio e sulla sottomissione, li ha accecati, e impedisce di scorgere l'azione di Dio nella vita delle persone.
E' la prima volta che una guarigione di Gesù non riesce al primo impatto: l'evangelista ci fa così capire la resistenza dei discepoli. "Allora Gesù di nuovo impose le mani sui suoi occhi" e finalmente "fu ristabilito e scorse tutto".
"E lo rinviò alla sua casa", ecco il mistero di questo brano, che è chiaramente teologico, figurato, " dicendo: «non entrare nel villaggio»". Il processo di liberazione è crescente, il rischio è che se si torna indietro si perde tutto. Ma Marco ci dirà che questa guarigione non è andata a buon fine, incontreremo ancora il cieco (10, 46-52), ed è l'unica volta che una persona guarita da Gesù ha un nome.
Filippo Giovanelli
Parrocchia di San Giacomo – Sala
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"Il Vangelo di Marco: ANNO B"
in "La Messa, occasione di ... catechesi della Parola"