la divinizzazione
Le sante Scritture dicono questo télos in modi diversi: parlano di redenzione, salvezza e dunque di destinazione al regno di Dio, alla vita eterna, alla comunione trinitaria. L'occidente ha assunto e commentato in vari modi questo scopo della vita cristiana, mentre l'oriente con molta audacia ha preferito parlare di théosis, di divinizzazione. La parola biblica fondamento di questo linguaggio è quella che troviamo nella Seconda lettera di Pietro: «La potenza di Dio ci ha fatto dono di ogni bene ... mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua gloria e la sua potenza ... ci ha donato beni grandissimi e preziosi ... perché diventaste partecipi della natura divina» (hìna ghénesthe theìas koinonoì phjseos: 2Pt 1,3-4).
Quest'azione che ci rende divini, che ci fa Dio, che ci divinizza, da Atanasio in poi è soprattutto attribuita allo Spirito santo. «Per la potenza che dimora nell'uomo la divinizzazione inizia già sulla terra, la creatura è trasfigurata e il regno di Dio è cominciato»15. Atanasio è l'autore della felice espressione «Dio è diventato sarcoforo perché l'uomo diventi pneumatoforo»16 e proprio lui ha insistito su questo protagonismo dello Spirito santo nella vita cristiana. Egli scrive: «Se diventiamo partecipi dello Spirito, ci uniamo a Dio già in vita»17. E ancora: «Per mezzo dello Spirito santo noi tutti diventiamo partecipi di Dio ... partecipiamo alla natura divina attraverso la partecipazione allo Spirito santo ... perché lo Spirito divinizza quelli in cui è presente»18. Questa rivelazione appare sempre abbagliante, eppure questo è lo scopo della vita cristiana: diventare Dio per grazia attraverso le energie dello Spirito santo che ci fa figli nel Figlio! Questo d'altronde, secondo tutta la patristica orientale, è lo scopo dell'incarnazione: Dio si è fatto uomo perché l'uomo possa diventare Dio...
Solo il Verbo è Figlio di Dio per natura, ma lo Spirito santo abitando in noi fa di noi dei figli per partecipazione, figli che vivono della stessa vita di Dio vincitore del peccato e della morte: «Lo Spirito stesso è la vita di quelli che partecipano di lui»19.
Oh luce, troppa luce! Il cristiano a questo punto sente tutto il suo corpo, la sua carne, la sua psiche cristificata: non è più lui che vive, ma Cristo che vive in lui. Questo cristiano in cui le energie dello Spirito santo sono energie di divinizzazione all'opera ha i sentimenti di Cristo stesso (Fil 2,1), agisce e parla, si comporta come il Figlio stesso di Dio, a tal punto che il mondo vede in lui un'icona della trasfigurazione. In lui già inizia a operare la resurrezione, la vita eterna, plasmando il volto e trasfigurandolo con la luce della bellezza eterna e divina...
Come il corpo del Signore fu glorificato sul monte, trasfigurato nella gloria di Dio e nella luce infinita, così il corpo del peccato viene trasfigurato e splende come un bagliore, perché sta scritto: «Ho dato loro la gloria che tu mi hai dato, o Padre» (Gv 17,22); e come innumerevoli ceri si accendono a un solo fuoco, così i corpi membra di Cristo saranno il corpo di Cristo: la nostra natura umana è trasfigurata nella pienezza della Divinità diventando intieramente fuoco e luce...
E la chiesa? Grazie allo Spirito essa diventa interamente comunione dei santi e alle cose sante, diventa colomba20, cioè sposa ripiena di carità, di amore, dunque di Spirito santo che è l'amore tubante sempre: «Vieni, Signore Gesù!». Oh colomba, sposa pronta per lo Sposo, umanità in Dio!
di Enzo Bianchi
Monastero di Bose
Note
1) Ireneo, Contro le eresie IV,31,2: «il seme del Padre di tutte le cose, cioè lo Spirito di Dio» (SC 100, t. Il, p. 794).
2) Nicola Cabasilas, La ,vita in Cristo IV,4, PG 150, 600B-C.
3) Sulla qualità materna dello Spirito santo, oltre alle intuizioni del Vangelo degli Ebrei che vedono nello Spirito una presenza materna (M.-A. Chevallier, Souffle de Dieu, Paris 1978, pp. 151-153), molti sono gli accenni nelia tradizione patristica e liturgica della chiesa siriaca (cf. E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit pur l'Eglise d'après la tradition syienne d'Antioche, Paris 1971); cf. anche Pseudo-Macario, Omelia 28,4: «Dopo la caduta, Adamo non vedeva più né il Padre nè la buona e tenera madre, cioè la grazia dello Spirito, né il dolce e desiderabile fratello, il Signore» (Spirito e fuoco. Omelie spirituali [Collezione Il], a cura di L. Cremaschi, Bose 1995, p. 307); e ancora Diadoco di Folica, Cento capitoli 61: lo Spirito santo ci insegna a gridare «Abba» comportandosi «come una madre che insegna al proprio figlio a chiamare "papà" e ripete tale nome con lui finché lo porta alla consuetudine di chiamare il papà anche nel sonno» (SC 5 bis, p. 121).
4) Basilio, Lo Spirito santo XV,36, PG 32,132B.
5) Paolo VI, Discorso di Pentecoste, 25 maggio 1969, in Insegnamenti di Paolo VI, voI. VII, p. 309.
6) Oikefosis pròs Theòn, dia toû pneùmatos (La familiarità con Dio avviene per opera dello Spirito»): Basilio, Lo Spirito santo XIX,49, PG 32,157B.
7) Cf. D Staniloae, Bréviaire hésychaste, Chevetogne 1971.
8) Discorso 35, n A. J. Wensinck, Mystic Treatises by Jsaac of Nineveh,, Amsterdam 1923, p. 174.
9) Citato da K Barth, La proclamazione del vangelo, Torino 1964, p. 58.
10) L. Bouyer, Le Consolateur, Paris 1980, pp. 113-133
11) Ignazio di Antiochia, Ai Romani 7,2.
12) Cf. Gualtiero di San Vittore, Discorso III,1 CCCM 30, p. 27.
13) Cf. Basilio, Lo Spirito santo XVI, 39, PG 32,141.
14) Commento a Giovanni 32,8, CCSL 36, p. 304.
15) Giovanni Paolo II, Orientale Lumen 6.
16) Sull'incarnazione e contro gli ariani 8, PG 26,996C.
17) Discorso contro gli ariani III,24, PG 26,373C.
18) Lettera a Serapione 1,24, PG 26,585C-588.
19) Ireneo, Contro le eresie V,7,1, SC 153, pp. 86-88.
20) La chiesa è vista come colomba da Agostino, Il battesimo III,17,22 e VII,51,99, PL 43,149-150 e 241, e prima ancora da Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico 5, PG 44,864D-865A e 868C. Ma già Origene si era così espresso: «A questa chiesa dunque Cristo dice: "Vieni, tu mia colomba ...» (Commento al Cantico IV,2,25, SC 376, p. 712.
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