1. Storia
Per la celebrazione dell’Eucaristia sono necessari pane e vino con acqua. Senza nessuna intenzione di un qualsiasi simbolismo erano portati all’altare dal servitore o piuttosto dal diacono. E iniziava, subito dopo, la preghiera consacratoria. Notiamo che era portato vino con acqua. Il vino era fabbricato molto denso come uno sciroppo e, per essere bevuto,era necessario renderlo più liquido.
Però dobbiamo ricordarci che in questi secoli non si pagava con la moneta che era assai rara, ma in natura. Così i fedeli portavano alla sacrestia (pastoforia) il pane che non era azzimo fino al secolo nono, il vino misto con l’acqua e anche diversi doni per il sostentamento del clero e anche dei poveri,come grano, olio, farina, legumi, ecc. Anche oggi i contadini amano offrire dei doni naturali: recentemente al Sacro Speco un gruppo di contadini degli Abruzzi in pellegrinaggio ha portato dopo la Messa, davanti all’altare, del pane, del vino, della pasta, delle bottiglie d’olio ecc. Dunque,questa preparazione si prolungava attorno all’altare e suggeriva il tema del dono e della carità.
Notiamo che negli scritti del primo testimone chiaro della liturgia romana, san Giustino, nella sua prima apologia scritta ad Antonino Pio, alla fine della preghiera comune che concludeva la liturgia della parola, si trova che a questo punto i battezzati, rimasti soli dopo la partenza dei non battezzati, si davano il bacio di pace prima di iniziare l’eucaristia e di offrire i doni. Questo era un evidente ricordo delle parole di Gesù: “Se tu hai qualcosa contro il tuo fratello, lascia la tua offerta, vai a riconciliarti con il tuo fratello, poi va’ a portare il tuo dono all’altare. Tutte le liturgie hanno conservato questo, eccetto la nostra che ha trasferito il bacio di pace immediatamente prima della comunione. Sarebbe auspicabile che sia possibile scegliere questo segno di pace sia prima dell’inizio della celebrazione, sia prima della comunione. I gruppi neocatecumenali hanno ottenuto il permesso di dare il bacio di pace prima dell’offerta dei doni.
Dunque è entrato un simbolo dell’unione e della carità nel gesto dell’offerta. Ma presto è anche entrato un altro simbolo:quello dell’acqua che prima era una semplice necessità, in Occidente il gesto di versare l’acqua nel vino è visto come l’unità dell’umanità con la divinità. Tale è il senso della preghiera che accompagna il gesto di versare l’acqua nel vino. Questo simbolo appare già con Cipriano. In Oriente, l’acqua versata è riscaldata e vista come l’acqua che usciva dalla ferita di Gesù sulla croce.
Ma, sia in Africa, sia a Roma, nacque un simbolismo importante dell’apporto dei doni. Il pane e il vino non erano più portati alla sacrestia: in Africa i fedeli portano all’altare il pane e il vino in processione, a Roma il celebrante, abitualmente il Papa, veniva tra i fedeli per raccogliere il pane e il vino.
Da questi gesti doveva nascere una nuova spiritualità,come vedremo fra poco.
Tutto questo si faceva in un relativo silenzio oppure, più tardi, con il canto di un salmo.
Prima di iniziare la preghiera eucaristica s’introdusse una preghiera sopra i doni che spiegava il gesto compiuto e chiedeva al Signore di accoglierlo. Questa preghiera era chiamata super oblata, cioè sopra le offerte. Poi è stata chiamata secreta, perchè il celebrante la diceva a voce bassa. Circa questo uso ci sono soltanto delle ipotesi tra le quali la più probabile sarebbe che non essendo finito il canto dell’offertorio, il sacerdote impaziente iniziava la preghiera sopra le offerte….
Verso il secolo decimo e anche più tardi, i sacerdoti introdussero delle preghiere che accompagnavano ciascun gesto d’offerta con una preghiera, in particolare per chiedere perdono per i peccati
L’introduzione di queste preghiere, chiamate apologie,coincide con una usanza nuova entrata nella Chiesa nel secolo decimo al posto di penitenze lunghissime, si prevedeva una commutazione della pena, cioè era possibile far celebrare delle Messe in sostituzione della penitenza da compiere
Celebrando cosi, secondo questa intenzione, il sacerdote introduceva delle preghiere per il perdono dei peccati
Il Messale del 1570, detto di Pio V, conteneva molte preghiere di questo genere che sono passate nella Chiesa universale
2. Teologia
Tali atteggiamenti dovevano far nascere una teologia e una spiritualità particolari. Presto vediamo che i fedeli (ricordiamo che il pane era fabbricato a casa e portato alla chiesa con il vino e altri doni) diventano consapevoli che il pane e il vino che portano dalla loro casa diventerà il corpo e il sangue del Signore e vedono nella loro offerta, anzitutto nel momento in cui questi doni erano portati all’altare, la loro personale dedicazione e la loro unità con Cristo.
Però si deve essere attenti a mantenere nei giusti limiti questa teologia dell’offerta dei doni. Difatti la vera offerta sacramentale, centro della Messa, come vedremo più tardi, è nella Preghiera eucaristica, dopo la consacrazione, l’offerta della vittima al Padre per la riconciliazione del mondo. Non possiamo pensare che nella Messa ci siano due momenti d’offerta, quello costituito dall’offerta dei fedeli che portano i loro doni e quello del Cristo, vittima al Padre. Nella Messa c’è un unico momento di offerta, dopo la consacrazione. Dunque, per essere esatti, dobbiamo dire che al momento dell’offerta dei doni, anche i fedeli si consegnano simbolicamente in questi doni, preparandosi ad essere offerti con Cristo e ad offrire con lui al Padre la sua vita e la nostra. Questa sarebbe la vera teologia e spiritualità dell’offertorio. Si può vedere come il titolo di “offertorio”sarebbe indicato per questo momento della Messa.
Dopo il Vaticano II è stato tolto dal Messale il titolo “offertorio” che, invece, conviene bene alla preghiera eucaristica che, giustamente, i Greci chiamano nella loro liturgia anaphora, che significa offerta.
Il momento della preparazione dei doni non è un momento morto della liturgia della Messa mentre si portano i doni all’altare pensiamo a prepararci ad essere offerti e ad offrire con Cristo il suo sacrificio
Notiamo che nel rito bizantino,la preparazione dei doni si fa alla “protesi” ,cioè dietro l’iconostasi ,prima dell’inizio stesso della Messa e con molti simboli della Passione. Poi, dopo la preghiera universale si fa la grande entrata, cioè il sacerdote con il clero esce dalla porta sinistra dell’iconostasi ed in processione entra dalla grande porta camrninando verso l’altare, portando solennemente il pane e il calice con l’incenso.
3. Realizzazione
Quando nel secolo nono la Chiesa latina ha adottato il pane azzimo, i fedeli non hanno più portato il loro pane. Difatti soltanto gli ebrei fabbricavano del pane azzimo, mentre nelle altre famiglie era fabbricato del pane lievitato. La fabbricazione del pane azzimo fu riservata a degli specialisti. Le conseguenze di questo furono importanti e si deve dire che ciò ha generato una certa povertà nel rito della Messa, anzitutto nella partecipazione dei fedeli, anche per quanto riguarda i doni per i poveri, e più ancora quando l’uso della moneta si generalizzava. In quel momento la colletta prese il posto dell’offerta dei doni in natura.
Come realizzare oggi questo rito della preparazione dei doni per favorire meglio la partecipazione dei fedeli?
Non si vede un miglior sistema che nella preparazione di una tavola coperta da una tovaglia bianca e disposta al fondo della chiesa e sulla quale vengono disposti un cestino con delle ostie e delle patene con delle grandi ostie, il calice o i calici già riempiti di vino e l’acqua. Al momento della preparazione dell’altare questi doni vengono presentati da alcuni fedeli. A questo momento si canta il salmo e l’antifona dell’offertorio o un canto simile o si suona l’organo.
Penso che questo dovrebbe essere organizzato per ciascuna Messa:così i fedeli si comunicano con i doni portati all’altare. Certo il pane non è più portato da casa come nel passato, ma rimane un simbolismo forte e facilmente capito con una breve catechesi data anche al momento del gesto. Ci si abitua così a non comunicare con delle ostie consacrate durante una altra Messa. Questo modo di fare, frequente nelle Chiese di rito romano, scandalizza gli orientali che sempre si comunicano con del pane consacrato alla Messa. Essi fanno come noi soltanto quando non celebrano la Messa ma unicamente una liturgia della Parola. In questa occasione comunicano con ciò che chiamano i “presantificati”,cioè consacrati prima. E’ ciò che facciamo noi il venerdì santo e che non dovremmo mai fare quando si celebra la Messa.
Certo, questo pane consacrato durante un’altra Messa, è la realtà del corpo e del sangue di Cristo, ma si deve dire che la qualità del segno è fortemente diminuita.
Per la realizzazione occorre dare prima una buona catechesi nel senso che abbiamo indicato qui sopra. Occorre ripetere ih breve questa catechesi alcune volte prima di iniziare il rito della processione con il pane e il vino.
La colletta che ha preso il posto dell’offerta dei doni in natura, dovrebbe essere finita ai momento della preghiera sopra le offerte e in ogni caso non si deve più camminare nella chiesa quando inizia il Prefazio.
Per questo,se l’assemblea è numerosa, occorre moltiplicare il numero di quelli che raccolgono le offerte. Ma si potrebbe anche pensare ad una tavola destinata a ricevere dei doni in natura per la chiesa e per i poveri.
In certe occasioni e in favore di una catechesi, l’altare potrebbe rimanere nudo durante la liturgia della Parola. Poi, al momento della preparazione dei doni, due persone stendono la tovaglia sopra l’altare.
Si ricorderà che facciamo questo il venerdì santo:dopo la liturgia della parola e l’adorazione della croce, si stende la tovaglia sopra l’altare rimasto nudo perché sarà portata l’eucaristia per la distribuzione della comunione. Ma nella chiesa antica l’altare era sempre denudato dopo la celebrazione e la tovaglia veniva stesa al momento della preparazione dei doni. Il corporale che si utilizza adesso tiene il posto di questa grande tovaglia.
Quando l’altare è preparato si può incensare i doni sopra l’altare e poi l’altare stesso, anche il celebrante, i ministri e i fedeli.
Questo incensamento ha un significato molteplice. Incensare i doni significa onorarli, ma anche, in un certo modo, separarli dall’ambiente generale per dare loro un posto a parte. Per questo, nel passato,con l’incensiere si facevano segni di croce e circoli attorno ai doni
Clicca qui per tornare all'INDICE di questo tema: "Cammino verso l'Eucarestia"