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Mercoledì, 23 Giugno 2010 09:55

L'ascesi cristiana: Conclusione

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di Enzo Bianchi

monaco di Bose

I cristiani devono seriamente interrogarsi sulla scomparsa della dimensione ascetica dal loro vissuto. Certo, un’ascesi che non sia intesa come disprezzo del corpo e del mondo, come odio della carne, e che non sia vissuta come autoesaltazione di un asceta che si compiace delle sue prestazioni.

 

Collocata, come abbiamo cercato di fare, nell’alveo dell’economia della vita cristiana, essa può apparire non solo come essenziale al cristiano e alla chiesa, ma anche svelarsi come un compito del cristianesimo, oggi, nei confronti degli uomini. Il cristianesimo deve avere la capacità di porsi come memoria vissuta di valori umani che rischiano di essere dimenticati. A meno che non sia il cristianesimo stesso che sta dimenticando alcune sue parole e dimensioni fondamentali e siano proprio i «recuperi» laici di tali dimensioni a svegliare la chiesa ricordandole la necessità che essa parli in propriis terminis agli uomini.

L’ascesi rettamente intesa è assimilabile all’arte, al lavoro artistico, in cui la facilità e la spontaneità di espressione si ottengono solo a prezzo di estenuanti esercizi, di allenamenti, di prove, di scacchi, di riprese. Chiamato a fare della propria vita un capolavoro di bellezza e di santità, il cristiano non può tralasciare la dimensione ascetica se non a prezzo della mondanizzazione del cristianesimo. Solo l’ascesi infatti, in quanto apertura all’azione trasfigurante dello Spirito del Signore, consente all’uomo di divenire ciò che, per grazia, egli già è: un figlio di Dio.

Sì, l’ascesi è ciò che permette alla vita di un uomo, di una donna, di farsi bellezza, abilità di esistenza con se stessi e con gli altri... A volte l’ascesi richiede rinuncia, a volte pratica, esercizio abile, a volte fatica nel dominare le passioni; ma solo così i cristiani sono le «pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale» (1Pt 2,5). Come canta l’inno Urbs Jerusalem beata,

 

Tunsionibus, pressuris

expoliti lapides

suis coaptantur locis

per manum artificis;

disponuntur permansuri

sacris aedificiis24

 

Così l’ascesi è necessità cristiana, comunitaria, per formare un solo corpo in Cristo e rendere possibile l’opera d’arte: il santo edificio. E un‘ascesi che ci viene imposta sovente dagli altri, dall’altro: per essa noi acconsentiamo al progetto comune diventando capaci di aderire e comunicare con gli altri saldamente nell’edificio santo.

di Enzo Bianchi

Monastero Bose

 

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Note

(1) D. Bonhoeffer, «Stazioni sulla via della libertà» (poesia), in Resistenza e resa, Milano 1969, p. 270.

(2) B. Haring, «Impostazione odierna della vita ascetica», in La predicazione della morale dopo il Concilio, Roma 1967, pp. 162-163.

(3) Ch. Yannaras, La libertà dell’ethos, Bologna 1984, p. 117

(4) La libertà dell’ethos, p. 116.

(5) Purtroppo l’ascesi è stata rimpiazzata - diceva Max Wcber - dall’ethos secolare e capitalistico dell’accumulazione e della desolidarizzazione. L’ideale è quello della gaia scienza di Nietzsche, non più quello ascetico….

(6) Pubblicata il 15 ottobre 1989.

(7) R. Simon, «Ascèse et éthique», in Le Supplément 131 (1979), p. 497.

(8) Scala paradisi XV,98, PG 88,881A.

(9) L’ascesi, l’esperienza mistica e il faccia a faccia della santità», in La donna e la salvezza del mondo, Milano 1980, p. 90.

(10) Cf. K. Rahner, «Il patire e ‘ascesi», in Saggi di spiritualità, Roma 1969, pp. 97-140.

(11) Oggi non si ha interesse verso «l’esercizio spirituale», e ciò sia nello spazio della rinuncia, sia nel cammino dell’acquisizione di una virtù, sia nella preghiera. Si contrappongono volentieri pratica e spontaneità, esercizio e autenticità. Un esercizio sarebbe solo una pratica imposta dal di fuori, non qualcosa che scaturisce dal profondo autentico. Si suppone perciò, con scarsa intelligenza e molta superficialità spirituale, che tutto dovrebbe essere naturale nella vita, come succede agli uccelli che cantano. E’ il mito romantico della spontaneità che domina ancora in quest’ora di adolescenze interminabili... L’idolo che seduce è la spontaneità anarchica, e fare un esercizio appare ipocrisia. Ma così non è possibile una maturazione, non è possibile essere adulti nella vita spirituale!

(12) Isidoro Presbitero 4, in Vita e detti dei padri del deserto I, Roma 1975, p. 283.

(13) Iperechio 4, ibid. Il, p. 206.

(14) Eclogae XIV, PG 9,704-705.

(15) Serie dei detti anonimi 90, in Les apophtegmes des Pères du désert, par J.-C. Guy, Bellefontaine s.d. (Spiritualiré orientale 1), p. 357.

(16) Cf. A. N. Terrin, «Ascesi come autoliberazione. Considerazioni sulla religiosità oggi di moda», in Servitium 73 (1991), pp. 13-28

(17) J. Ratzinger, «Una compagnia sempre in cammino. La Chiesa e il suo ininterrotto rinnovamento», in Communio 114 (1990), p. 96.

(18) RB VII, 67-69.

(19) Cf. Didaché 8,1.

(20) Cf. Ireneo, in Eusebio, Hist. Eccl. 5,24.

(21) Testo riportato da regno-documenti 11 (1986), p. 374.

(22) Ch. Yannaras, La libertà dell’ethos, p. 115.

(23) Introduzione alla preghiera, Brescia 1948, p. 11.

(24) Inno per la dedicazione di una chiesa: «Le pietre da colpi e pressioni levigate sono rese adatte alla loro collocazione dalla mano del costruttore: sono disposte in modo da restare salde nel costituire gli edifici santi».

Letto 4489 volte Ultima modifica il Venerdì, 21 Gennaio 2011 12:50

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