“Il condannato Navalny dopo la passeggiata si è sentito male, poi si è svenuto. Subito sono arrivati i medici, poi è stata chiamata la brigata del pronto soccorso che – dopo tutte le cure necessarie che non hanno dato un risultato positivo - è stata costatata la morte del condannato”.
Così nel linguaggio della menzogna ufficiale è stato comunicato il decesso del più conosciuto oppositore del regime. Lo scopo di questa notizia è ovvio: creare il quadro della “normalità” - delle cure, del pronto soccorso, ecc. senza nessuna intenzione d’essere creduto. Come se il carcere russo fosse simile a quello norvegese. Navalny è morto nel ШИЗО, cioè nella corsia d’isolamento più severo, nella prigione dentro la prigione dove le passeggiate semplicemente non possono esserci, ma ci sono solo le torture della fame, del freddo, dei muri grigi che ti schiacciano. Nemmeno è possibile di restare sdraiato sul letto perché il letto è adossato al muro per tutta la giornata o sedere sulla sedia, non si può avere le cose personali… una tortura, insomma, anche senza il freddo e la fame per una decina di giorni. Per Navalny questa punizione era già la ventesima dopo aver passato lì in totale 10 mesi.
Navalny prima di tutto è stato conosciuto come combattente contro la corruzione. Nella Russia d’oggi combattere la corruzione significa affrontare il regime mafioso. La Fondazione da lui creata ha svelato tantissime ricchezze, lussuosissimi yacht, ville private disperse in tutto il mondo che appartenevano (e appartengono anche oggi) ai funzionari di Stato di più alto rango. È diventato famoso il suo film sulle proprietà di Medvedev, all’epoca primo ministro, il cui il costo è uguale al corrispettivo di circa 1300 anni del suo stipendio ufficiale. Il film è stato guardato da più di venti milioni di spettatori russi, ma nessuno nella Duma o sulla stampa ha osato chiedere l’indagine. La Russia d’oggi è così. Ma quando Navalny ha mostrato il palazzo personale di Putin, fantastico per la grandezza, il lusso ed il prezzo, tanta gente cominciava aspettare la reazione.
E la reazione non è tardata, Navalny è stato avvelenato durante un volo ed è giusto scampatoalla morte solo perché l’aereo ha fatto una fermata non pianificata. Poi è stato trasportato in Germania, dove è guarito quasi per miracolo. È tornato in Russia, ed è stato arrestato subito alla frontiera per dei crimini inventati dal regime. Una condanna è seguitaall’altra: 9 anni per le truffe, 19 anni per la creazione di una società sovversiva, cioè la sua Fondazione. Navalny non ha perso il suo coraggio, l’intelletto, il suo carisma e neanche il suo senso dell’umorismo. Di più: anche nel carcere ha continuato l’attività politica. Dal carcere uscivano gli appelli alla resistenza. Su internet è facile trovare la sua foto in carcere, con l’iscrizione: “Io non ho paura, non l’abbiate neanche voi”. È difficile non avere paura nella Russia di oggi dove per le semplici parole “No alla guerra” qualsiasi cittadino può essere preso e condannato. Per cosa? Per calunnia all’esercito o addirittura per terrorismo. È chiaro che quest’uomo è diventato il volto della resistenza quando ogni volto umano è offuscato dalla paura.
Adesso è arrivato l’ultimo contraccolpo. Navalny è morto. Anzi è stato ucciso. Per il momento nemmeno il suo corpo è stato rilasciato ai suoi cari. Il Cremlino ha già dichiarato che la morte di Navalny si stata una provocazione dei servizi segreti ucraini per recare danno all’immagine della Russia o qualche cosa del genere. Bisogna essere davvero drogati dalla propaganda per prendere sul serio una simile versione.
La vita di Navalny è finita. Adesso sta per partire una altra vita, quella della memoria e quella dell’immagine che entrano nella storia. La memoria e l’immagine hanno una forza incredibile che senza dubbio faranno il proprio lavoro in quel paese libero e giusto che la Russia, forse, diventerà un giorno. Oggi essa è spaccata in due, con uno scisma così profondo simile a quello della guerra civile di più di cento anni fa e nel centro di questa spaccatura si trova la guerra che è in corso. Non solo la guerra, ma tutto ciò che si nasconde alle sue spalle. Ma la nostalgia dell’URSS, anche staliniana, la dittatura senza vergogna, la corruzione senza limiti non sono il destino eterno della Russia. Un sacrificio così nobile, come quello di Navalny, così pieno di senso deve rimanere per sempre nel cuore della Russia. Navalny non è soltanto un eroe – cosa che è ovvia – ma un eroe profetico. Navalny ha trovato il nucleo, il motivo principale, la radice della sua azione proprio nella fede cristiana, da poco scoperta. “Faccio tutto, - lui disse all’ultimo processo di due anni fa nella sua maniera abituale che sfiorava lo scherzo, - secondo l’istruzione. La mia istruzione è il Vangelo dove è scritto «Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati»”.
Vladimir Zelinskji