La moschea, innanzitutto, non è una "chiesa" musulmana e non la si può paragonare a una chiesa cristiana, così come non è soltanto un luogo di culto ma molto di più. È una realtà polivalente, religiosa, politica, culturale e sociale.
Sono due i termini che, nella tradizione araba, chiariscono il concetto di moschea: "masjid" e soprattutto "giami", termine più diffuso nel mondo islamico. Masjid deriva dalla radice "sjd" che vuol dire "prostrarsi" mentre "giami" proviene da "gm" che significa "radunare". Nella moschea si riunisce la comunità per esaminare questioni sociali, culturali e politiche oltreché per pregare. È un luogo usato per il raccoglimento e la meditazione e anche semplicemente per riposarsi. Tutto verrà deciso in seno alla moschea.
Pertanto, ridurre la moschea a un semplice luogo di culto equivale ad andare contro la tradizione musulmana. La comunità islamica si raduna il venerdì a mezzogiorno per la preghiera che è seguita dalla "khutba", ovvero il discorso, da non paragonare all'omelia cristiana perché nella "khutba" vengono approfonditi i temi più discussi in quel momento, di carattere politico, sociale, morale. Il venerdì, per i musulmani, non è un giorno in cui si fa festa e ci si riposa come la domenica dei cristiani e il sabato degli ebrei. È una giornata in cui i musulmani si ritrovano insieme come comunità. Nella rigida e ortodossa Arabia Saudita, per esempio, il venerdì è un giorno di lavoro e i negozi abbassano la saracinesca soltanto quando i fedeli raggiungono la moschea a mezzogiorno per il rito.
Perché è scorretto parlare della moschea esclusivamente come "luogo di preghiera" e nient'altro? Perché in moschea si fa anche politica. Le decisioni politiche escono spesso dalle moschee che per questo motivo sono controllate il venerdì dalla polizia religiosa.
Dopo l'11 settembre e le guerre contro i talebani afghani e l'Iraq di Saddam, l'allarme terrorismo è salito alle stelle e nel mirino dei terroristi sono finiti anche i governi arabo-islamici moderati e filo-occidentali. Di conseguenza, in questi Paesi, le moschee sono sorvegliate più di prima così come accade in Europa. La jihad, la guerra sul cammino di Dio per difendere la comunità, viene proclamata nella moschea il venerdì. In Occidente si moltiplicano gli imam che infiammano i fedeli con sermoni anti-occidentali ritenuti troppo aggressivi e minacciosi.
Non poche moschee e centri islamici europei sono finanziati da governi musulmani, in particolare da quello dell'Arabia Saudita ben conosciuto per la sua ideologia religiosa ortodossa.
Le moschee hanno di solito un minareto dal quale il muezzin chiama alla preghiera i cittadini. Sui minareti si possono vedere altoparlanti soprattutto se, nelle vicinanze, c'è un quartiere cristiano.
L'uso degli altoparlanti sui minareti è peraltro un'innovazione contraria alla tradizione musulmana e i Paesi islamici più ortodossi la condannano.
Il richiamo del muezzin, secondo la tradizione, fu istituito da Maometto al posto dello "shopar" o corno, usato dagli ebrei e del "naqus" o campana per i cristiani. Durante l'adhan il muezzin fa il seguente richiamo: Dio è il più grande (ripetuto due volte): dichiaro che non c'è divinità se non Dio (ripetuto due volte); dichiaro che Maometto è il suo Profeta (ripetuto due volte); viene a pregare (ripetuto due volte); viene verso la salvezza / la vittoria (ripetuto due volte); Dio è il più grande (ripetuto due volte); non esiste altro Dio all'infuori di Iddio.
All'adhan, una tradizione successiva aggiunse benedizioni al profeta Maometto, alla sua famiglia e ai suoi seguaci.
Nella moschea i fedeli si prostrano sul pavimento rivestito di tappeti, stuoie o coperte. Il pavimento deve restare ben pulito e i musulmani sono costretti ad entrare nella moschea a piedi nudi o con ciabatte particolari. Durante la preghiera sono tenuti a comportarsi con educazione e rispetto così come i cristiani devono fare in chiesa, senza disturbare la gente. Si può, tuttavia, circolare nell'edificio religioso, sedersi per terra, parlare a bassa voce. Non esistono norme che impediscono ai non musulmani di entrare in moschea anche se i musulmani in preghiera non gradiscono essere disturbati o guardati con troppa curiosità dai visitatori.
Le moschee sono aperte a donne e uomini, ma il culto collettivo viene espletato in modo separato pur sotto la direzione dello stesso imam in qualità di direttore della preghiera. Nelle moschee più grandi vengono preparate delle aree particolari per consentire alle donne di partecipare alla preghiera comune. Nelle grandi città dei Paesi islamici esistono i "musallà", piccoli locali che si trovano sovente al pianterreno di una casa utilizzati per la preghiera di mezzogiorno in grado di contenere qualche decina di fedeli arrivati appositamente dalle case vicine. Secondo alcuni studiosi dell'islam, i "musallà" potrebbero essere applicati al contesto italiano poiché in tali cappelle i musulmani potrebbero pregare comodamente. Una soluzione che consentirebbe una spesa certamente inferiore per le comunità islamiche rispetto alla costruzione di grandi edifici di culto, ma che presenta un punto debole. Il rischio, cioè, che i piccoli luoghi di preghiera si moltiplichino a dismisura impedendone il controllo da parte delle autorità locali.
Filippo Re