Il Corano parla del Paradiso 67 volte diciotto col termine Janna (Giardino), undici come Adan (Eden), altre come Firdaus (termine derivato dal greco Paradeisos), Dâr âl-Salâm (Luogo della Pace), Dâr âlMuqâma (Luogo del Soggiorno) e altri termini allegorici.
Leggiamo nella Sura 43, versetti 69-73: «A coloro che hanno creduto nei Nostri segni e sono rimasti sottomessi verrà detto: Entrate nel Paradiso, voi e le vostre spose! Vi sarete trattati bene. Verranno fatti passare piatti d'oro e coppe; tutto ciò che le anime desiderano e di cui gli occhi si deliziano. Vi resterete in eterno. Questo è il Paradiso che vi sarà dato in eredità come compenso di ciò che avete operato. Vi troverete frutti abbondanti e ne mangerete».
E ancora (10, 25): «Dio chiama al soggiorno della Pace, e dirige chi Egli vuole sulla via diritta». 15, 46: «Entrate (in Paradiso) in pace e con sicurezza». 16, 32: «Le persone le cui azioni sono state buone vengono chiamate dagli angeli, che dicono loro: La Pace sia con voi; entrate in Paradiso, come ricompensa delle vostre azioni».
Ecco la Descrizione del Giardino promesso ai timorati (47, 15): «Vi saranno ruscelli dall’acqua incorruttibile, ruscelli di latte dal gusto inalterabile, ruscelli di vino, delizia per quelli che ne bevono, ruscelli di miele purificato. Vi troveranno frutta e il perdono del Signore». E poi (83, 22-26): «Certo, i puri vivranno nelle delizie; sdraiati su letti elevati guarderanno intorno a sé. Vedrai sui loro volti il riflesso della delizia. Verrà dato loro da bere un vino raro, sigillato da un sigillo di muschio - e gareggiate per questo fra di voi - mischiato con acqua del Tasnim».
A tutta prima sembra che il Corano dia del Paradiso una descrizione materiale e tangibile. Ad una lettura più approfondita del Sacro testo dell'Islam ci si avvede tuttavia che non è così. Anzitutto: nel primo e nel secondo periodo della predicazione del Profeta Maometto alla Mecca, il Paradiso è descritto nel Corano come un luogo quasi terreno; nel terzo periodo della Mecca ogni descrizione è più astratta e decisamente allegorica; ed infine nel periodo di Medina l'accento è posto essenzialmente sul Ritorno in Dio come vera e sublime ricompensa di una vita irreprensibile.
In effetti già in 2, 25 leggiamo: «E annuncia a quelli che hanno creduto e fatto opera buona che ci sono per essi dei giardini sotto i quali scorrono ruscelli. Ogni volta che ne avranno frutti in ricompensa diranno: Ecco ciò che ci veniva dato un tempo come ricompensa, ma sarà qualcosa solamente simile che verrà dato loro. Ivi avranno delle spose pure; e vi dimoreranno in eterno». Ma nel versetto seguente (26): «Dio in verità non esita a coniare delle parabole: un moscerino o poco più. Quanti credono, sanno quale è la verità da parte del Signore; e i miscredenti dicono: Che cosa ha voluto significare Dio con una simile allegoria? Egli ne smarrisce molti, e molti ne guida».
Il Paradiso è dunque una parabola, come spiega 47, 15, Parabola del paradiso promesso ai devoti: «Vi sono là ruscelli d'un'acqua non inquinata, e ruscelli di latte dal gusto inalterabile, e ruscelli di vino, delizia per chi beve, e ruscelli di miele puro. E vi son là, per loro, frutti d'ogni sorta, e il perdono del Signore». Così i semplici di spirito credono in una soluzione escatologica semplice, mentre i musulmani più evoluti e i Sufi (i mistici dell'Islam organizzati in confraternite regolari, analogamente ai frati nel Cristianesimo) sottolineano piuttosto un altro versetto: «Ai credenti e alle credenti Dio ha promesso Giardini sotto i quali scorrono ruscelli, per dimorarvi in eterno, e dimore eccellenti nei giardini dell'Eden. Orbene: è ben più grande la contemplazione di Dio. Ecco il conseguimento immenso!» (9, 72).
Parlando del Paradiso come ricompensa alle buone azioni dei credenti, il Corano dice (32, 17): «Tuttavia nessuno sa ciò che è nascosto loro col termine di delizia di ricompensa delle loro opere». Ed ancora (2, 156): Înnâ li’Llâhi wa innâ iLayhi râji’ûn, «Certo, veniamo da Dio e, certo, noi ritorniamo a Lui». Questa è la grande ricompensa: il ritorno dell'anima - goccia dell'oceano infinito che è Dio - a quell'oceano da cui proviene e al quale di continuo aspira, quel ritorno a Dio di cui il Corano parla ben 22 volte (2, 285; 3, 14, 28, 55; 5, 48; 6, 60, 108, 164; 10, 23, 56; 11 ,4; 13, 36; 24, 42; 25, 71; 29, 8; 31, 15, 23; 39, 7; 40, 43; 75, 12; 88, 25; 96, 8) e che per i mistici è il vero stato paradisiaco. A questo proposito l'eminente donna sufi Râbi' a bint Ismâil âl'Adaûiyya (?-801) fu vista un giorno correre per le strade con un secchio d'acqua in una mano e una fiaccola accesa nell’altra. Le fu chiesto: «Dove vai? Che cosa vuoi fare?». Rispose: «Con la fiaccola voglio incendiare i frutteti del Paradiso, e con l'acqua spegnere le fiamme dell'inferno; questi due nulla che ci impediscono di sperare la speranza più grande: l'annientamento in Dio».
D'altronde nei Commentari esoterici del Corano, il grande maestro sufi Abd âlRazzâq âlQâshânî (?-1329) parla di un Paradiso degli Atti, di un Paradiso degli Attributi, di un Paradiso dello Spirito e dell'Essenza, che è «la contemplazione (shuhûd) essenziale con l'estinzione totale, in cui non sussiste traccia alcuna di egotismo».
Per il grande sufi iraniano Shâboddîn Yahyâ Sohravardi (1155-1191) gli avvenimenti dell'escatologia non hanno un luogo precipuo, e pertanto sono privi di credibilità. Per lui anche l'intervallo di tempo fra la morte e la resurrezione (il barzakh, di cui parla il Corano in 23, 100) ha un significato escatologico.
E il sufi transoxiano Azîz âlDîn Nasafî scrisse: «L'anima umana è un'anima parlante. A questo livello è "l'anima imperativa". A grado a grado si innalza sino al livello dei saggi. Giunta a questo livello è detta "anima biasimante". A grado a grado si innalza ancora sino al livello degli Amici di Dio. A questo livello l'anima parlante è detta "anima santificata". Di grado in grado, s'eleva ancora sino al livello dei profeti. Giunta a questo piano l'anima parlante è detta anima pacificata". L'anima raggiunge allora la perfezione, e per lei è il tempo del ritorno. O anima placata! Ritorna al tuo Signore appagata e appagante; entra dunque coi Miei servi, entra nel Mio Paradiso! (Corano, 89, 27-30). Quel "a grado a grado si innalza ancora…” è stato interpretato da alcuni saggisti come indicazione di successive reincarnazioni».
Nasafî continua poi: «O sufi! Ritorna al tuo Signore significa: O Anima, raggiungi le intelligenze e le anime del mondo superiore, i gradi del paradiso. Entra nel Mio Paradiso significa: raggiungi l'Intelligenza prima, che è il tuo paradiso precipuo. Quando l'anima giunge al livello dei saggi supera l'Inferno e raggiunge i gradi del Paradiso. Quando giunge al livello degli Amici, supera i gradi del Paradiso, e giunge al suo paradiso specifico. Quando giunge al livello dei profeti, supera il suo paradiso specifico e giunge a Dio. Corano, 54, 54-55: E per i timorati: Giardini con ruscelli, di un soggiorno di Verità presso un Re onnipotente (Muqtadiru)».
Inoltre: «O sufi, sinché non ti sarai purificato del tutto dalle inclinazioni biasimevoli e non ti sarai ornato di qualità lodevoli, non ti potrai liberare dall'Inferno e non raggiungerai i livelli del Paradiso. Sino a che non saprai e non vedrai la realtà delle cose e la loro ragion d'essere, non accederai al Paradiso che è il tuo. Sino a che non morirai a te stesso e non ti rianimerai in Dio, non giungerai a Dio. Queste tre tappe corrispondono rispettivamente alla Sapienza, all'Amicizia divina, alla Missione profetica (...)».
In conclusione: il Corano si avvale di parabole e di immagini, vista l'imperfezione del linguaggio degli esseri umani e l'imperfezione delle loro visioni e della loro comprensione. A mano a mano che l'essere umano evolve - ed evolve se cammina sul sentiero di Dio o se Dio gli concede la grazia dell'illuminazione - passa a comprensioni superiori. Così il Corano, come affermò il Profeta stesso, si presta a sette gradi di interpretazione. Colui che compie il cammino evolutivo, sa che il Paradiso - qualsiasi cosa esso sia - lo si merita comunque con le azioni rette, con lo sforzo (jihad) compiuto sulle proprie passionalità; non con la sola acquiescenza ai riti di una religione e al dolore esistenziale (il quale, dice la Scienza islamica, e unicamente dovuto all'ignoranza).
In effetti il Corano dice (45, 27-28): «Il Giorno in cui sorgerà l'Ora, in quel Giorno gli impostori saranno perduti. Vedrai ogni comunità genuflessa. Ogni comunità sarà convocata davanti al suo Libro: Oggi sarete retribuiti per le vostre azioni». Non per l'appartenenza ad una specifica comunità religiosa, quindi, ma per ciò che avremo fatto. Dio assolve - se Egli lo vuole - solo a condizione che venga riparato il male fatto e vengano compiute buone azioni riparatorie.
Gabriele Mandel Khân