Ecumene

Mercoledì, 14 Settembre 2011 19:58

Il ruolo rilevante dell'Islam iraniano (Andrea Pacini)

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All'interno dell'ampio e variegato scacchiere del mondo musulmano contemporaneo gioca su molti livelli un ruolo rilevante l"'islam iraniano", per usare la nota definizione dell'orientalista francese Henry Corbin.

I livelli che interagiscono tra loro nel definire il ruolo dell'islam iraniano sono quello propriamente religioso, quello politico-religioso e quello schiettamente geopolitico. Sul piano religioso l'Iran è l'unico grande Paese musulmano in cui l'assoluta maggioranza della popolazione appartiene all'islam sciita, che ebbe la sua culla nell'attuale Iraq, ma che in Iran ha conosciuto l'espansione più intensa.
Sebbene oltre la metà della popolazione irachena sia sciita, e così oltre un terzo della popolazione libanese, e nonostante che ampie comunità sciite esistano in Afghanistan e Pakistan, l'Iran è tuttavia l'unico Paese moderno in cui lo sciismo sia la religione assolutamente maggioritaria con alle spalle una lunga tradizione storica. Questa caratteristica religiosa per un verso isola l'Iran rispetto al restante mondo musulmano sunnita, in particolare rispetto a importanti Stati quali la stessa Arabia Saudita, la cui ortodossia religiosa wahabita è fiera avversaria dello sciismo; per l'altro verso l'Iran costituisce anche un punto di riferimento strategico sul piano religioso per le restanti comunità sciite, verso le quali l'Iran sviluppa una molteplicità di relazioni, talora non prive di tensione.
Dal punto di vista religioso l'islam sciita è certamente originale rispetto al sunnismo, per l'enfasi posta sui dodici imam il cui ruolo si esprime non solo nel magistero tramandato nei loro scritti, ma anche nella credenza che essi continuino a svolgere un ruolo intercessorio e di guida della comunità sciita. Né si deve trascurare la speculazione filosofica, che è parte integrante della tradizione sciita, a differenza di quello che è avvenuto nel sunnismo, che ha estromesso la filosofia dal proprio seno. In questo senso la cultura sciita è profondamente speculativa e intensamente influenzata dal platonismo, rielaborato al suo interno in connessione con gli elementi del credo musulmano.
Dal punto di vista politico-religioso la peculiarità dell'Iran sta nel fatto che esso rappresenta l'unico Paese in cui la rivoluzione islamica abbia avuto realmente successo dando origine a una politica e a uno Stato di netta ispirazione islamica. La Guida religiosa del Paese, che di fatto rappresenta l'autorità politica suprema - seppure in equilibrio con altre istituzioni - trae la sua autorità dalla teologia sciita che enfatizza la guida degli imam ormai defunti nei confronti della comunità storica. con la novità elaborata da Khomeini. per cui la Guida del Paese svolge un particolare ruolo vicario dell'imam nascosto (il dodicesimo, che non si crede morto, ma "nascosto" e che si ripresenterà alla fine del mondo). La dottrina dell'islam nascosto e il suo ruolo di araldo della consumazione della storia e del mondo, conferisce all'islam sciita una tonalità fortemente escatologica, così come la tragica fine di molti dei dodici imam, interpretata come vero e proprio martirio, conferisce allo sciismo una coloritura drammatica, non priva di esaltazione della sofferenza. L’dea che la Guida religiosa del Paese svolga un ruolo vicariale dell'imam nascosto, permette una costruzione politica interamente legittimata dal piano religioso, il quale a sua volta trova espressione nella dimensione politica.

Sul piano propriamente geo-politico non si deve poi dimenticare il ruolo strategico che l'Iran detiene sul piano delle risorse petrolifere e di gas, e grazie alla sua posizione di confine tra il sub-continente indiano, l'Asia centrale e il Medio Oriente. L'Iran, proprio perché si considera uno Stato e un Paese fondato sulla religione islamica sciita, è attivamente coinvolto nel dialogo interreligioso, che è promosso in particolare dall'Icro (Islamic culture and relations organization). Questo istituto, situato all'interno del ministero della guida islamica, ha in atto una serie di dialoghi con la Chiesa ortodossa russa, il patriarcato ecumenico e la Chiesa cattolica, che vi partecipa tramite il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Quest'ultimo processo di dialogo, iniziato nel 1999, si sviluppa attraverso seminari a cadenza biennale, organizzati sia in Italia sia in Iran. L'ultimo di questi seminari si è svolto 1'8 e il 9 novembre 2010, e ha avuto come argomento il rapporto tra società civile e religione.
L'obiettivo della delegazione cattolica è stato quello di illustrare dal punto di vista storico, filosofico-giuridico e teologico la centralità della libertà dell'uomo e le modalità con cui tale libertà trova articolazione concreta nella distinzione dei diversi ambiti - religioso, politico, società civile. In questa prospettiva la valorizzazione della società civile, grazie al principio della sussidiarietà, permette la costruzione di spazi sociali aperti al pluralismo culturale e religioso, in cui le organizzazioni religiose hanno possibilità molto ampie di espressione, finanche di influenzare prassi politiche, senza per questo sancire la dipendenza della politica dalla religione e la reciproca soggezione della religione alla politica. Da parte iraniana si è invece proposta in modo articolato la visione sciita nella rielaborazione attuale, per cui religione e società non possono che essere entità coincidenti, e la norma giuridica non può che esprimere la norma morale.

Particolarmente interessante è il modo con cui viene legittimata la limitazione della libertà religiosa, impedendo il cambiamento di religione ai cittadini musulmani: se l'islam è la verità, la libertà dell'uomo non può che accoglierlo; se lo rifiuta, è segno evidente che la libertà umana è in quel caso "prigioniera" dell'ignoranza, non è libera, quindi deve essere tutelata rispetto alla scelta dell'errore da parte della "guida" politico- religiosa del diritto che, proibendo l'abbandono dell'islam, tutela le libertà "ignoranti" dal cadere nell'errore. Si abolisce così il rischio della libertà, e in verità anche la libertà vera nell'atto di fede. Su questo punto cruciale le posizioni della dottrina cattolica e quelle ufficiali dell'islam sciita restano assai distanti, anche se non si deve ignorare la possibilità reale di avere con l'islam sciita scambi assai significativi sul piano culturale, grazie al comune riferimento alla mediazione della filosofia nel leggere e interpretare la realtà.
D'altra parte l'islam sciita non si riduce alle posizioni istituzionali. Persino nell'ambito del clero sciita esistono posizioni assai diverse, anche su questioni cruciali quali il rapporto tra società e Stato. Così come è altrettanto vero che la società iraniana è caratterizzata da un pluralismo di idee poco espresso, perché poco esprimibile sul piano pubblico, ma reale. In questo senso la distanza tra le istituzioni politico-religiose iraniane e la società si approfondisce con tensioni forti, soprattutto in ambito cittadino e tra i giovani delle università. Secondo alcuni analisti la paura della secolarizzazione e l'imposizione rigida della religione sul piano del costume, della morale pubblica, della politica, ha praticamente avuto l'effetto di una secolarizzazione poco evidente nelle sue espressioni ma reale e quanto mai diffusa. E dunque in questo orizzonte più complesso che dovranno svilupparsi anche le relazioni interreligiose con l’islam iraniano.

Andrea Pacini

(da Vita Pastorale, n. 1 gennaio 2011)

 

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Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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