Il Regno di Dio che si trova, è la parola chiave del messaggio di Gesù che Lui stesso chiamò «il vangelo del regno» (Mt 24, 14). Il paese del Regno è escatologico, esso si trova al centro della nostra fede e nello stesso tempo sulla terra nuova e nei cieli nuovi. Ma ci sono i segni del Regno lasciati sulla terra vecchia e che possiamo scoprire, tra l’altro, nella visione della natura umana, nell’amore, nell’azione dello Spirito Santo, nella bellezza del creato, nella comunione. Ma tutti questi segni esprimono la vita in Cristo e la vita in Cristo è proprio la Chiesa.
Il Regno è nell’uomo
«In quei giorni comparve Giovanni il Battista nel deserto della Giudea, dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”» (Mt. 3, 2). «Metanoite», letteralmente, cambiate la vostra mente, il vostro spirito e voi stessi. La metànoia significa trasformazione del nostro essere del vecchio Adamo con la penitenza, che purificando la natura umana, la cambia e la rivela. La metànoia è un atto ecclesiale che liturgicamente, spiritualmente ci prepara alla comunione in cui si realizza la trasmutazione dei peccatori nei cittadini del Regno.
«Convertitevi», vuol dire, liberatevi dai «movimenti perversi dell’anima», come San Massimo Confessore chiama le passioni umane «e tornate a voi stessi, appena concepiti e creati da Dio, quando abitavate ancora il giardino di Dio, da cui siete stati cacciati». La conversione, nella tradizione orientale, significa ritorno alla vera natura umana e al Regno che è vicino, perché è nascosto nell’uomo. Ma l’unica strada che porta al Regno porta attraverso quella scoperta dell’uomo autentico ma invisibile, che si chiama «il cuor puro», cioè per il restauro dell’icona dell’uomo libero e appena uscito dalle mani del Signore.
Il Regno è l’amore
Il discorso del Regno sulla terra parte inevitalbilmente dal paradosso del «già e non ancora». Il Regno è sempre accanto a noi, noi, invece, siamo più spesso lontani da noi stessi. Il Regno non attira l’attenzione, però, esso si è rivelato e la sua rivelazione continua e noi ne siamo consapevoli. La Buona Notizia venuta col Cristo sarebbe rimasta solo un sogno di un gruppetto di pochi discepoli se non fosse già presente e in qualche senso già manifestata nella realtà indescrivibile e misteriosa. La fede cristiana sarebbe sparita, se non fosse accesa non solo dalle parole di Gesù, ma anche con quella luce che illumina ogni essere umano che viene nel mondo. Proprio da questa luce riconosciamo le tracce calde del Regno vicino a noi, attorno a noi, dentro di noi.
Quando diciamo con san Giovanni che Dio è amore, intendiamo che Dio è presente anche nel nostro povero amore umano, che la presenza di Dio è «scritta nel nostro cuore» e grazie a questo miracolo della sua presenza possiamo partecipare anche alla «natura divina» (2 Pt 1, 4) e diventare i cittadini del Regno. Perciò la giustizia del Regno per noi è, prima di tutto, la nostra capacità di ricevere il dono di Dio e rispondere a questo dono. In qualsiasi creatura è nascosto il Regno che ci parla attraverso l’amore e ci interpella. L’amore di Dio fa la sua strada attraverso gli uomini che sono chiamati a prestare al Suo amore il proprio cuore, le mani, i muscoli. Il volto del Regno promesso è sempre un volto di amore divino che agisce negli uomini. «Che nessuno osi pretendere di essere misericordioso», dice sant’Agostino, «è Dio che attraverso lo Spirito Santo ha dato l’amore senza di cui nessuno può essere misericordioso. Perciò Dio ha scelto non chi fa il bene, ma Dio ha scelto i credenti per farli creatori del bene».
Dunque, amore come segno del Regno, ma l’amore stesso è il segno, il sigillo dello Spirito Santo.
Il Regno è lo Spirito
«Senza lo Spirito», dice sant'Atanasio «noi siamo estranei a Dio e lontani da Lui». (1) E lontani anche dal Suo Regno. Per mezzo dello Spirito noi partecipiamo alla natura divina. Il nostro essere in Dio, nel senso primordiale ed ontologico, non dipende da noi, ma dallo Spirito che dimora in noi, e che ci rende aperti e trasparenti a Dio. Ma chi diventa aperto e trasparente a Dio lo diventa anche ai suoi simili; egli vede Dio in loro e li vede in Dio. L’apertura a Dio rende l'uomo pienamente umano, ma anche giusto nel senso evangelico, lui, come direbbe Gesù, «non è lontano dal Regno di Dio» (cfr. Mc 12, 34). Ma solo lo Spirito Santo può svegliare in noi la risposta umana all'apertura di Dio o al messaggio dell'amore ricevuto che lo Spirito stesso ci porta. Solo lo Spirito può dare a questa risposta il suo carattere di fervore e di gioia.
Un grande teologo e martire ortodosso, Pavel Florenskij, scrive: «L'idea del Regno di Dio e quella dello Spirito Santo possiedono una similitudine formale. Tuttavia non è soltanto formale. La dottrina dello Spirito Santo come quello del Regno del Padre quanto alla sua idea generale affonda le sue radici nel Vangelo, mentre l'apostolo Paolo le dà dei precisi fondamenti. "Il Regno di Dio - scrive ai Romani - è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo" (Rm 14, 17)... Lo stato soggettivo di giustizia, di pace e di gioia che viene procurato dallo Spirito Santo è questo stesso Regno di Dio che "è in mezzo a noi" (Lc 17, 21), è nel grano di senape, appena percettibile, seminato nell'anima. Ma una volta cresciuto al di sopra del campo dell'io e di niente altro che l'io, al di sopra dell'anima della soggettività, il seme del grano della fede diventa oggettivo, cosmico, universale. La liturgia e i sacramenti: ecco le manifestazioni del Regno di Dio nella Chiesa. Il compimento dei miracoli, come pure le visioni, evidenzia lo stesso Regno nella vita personale dei santi. E noi tutti invochiamo ogni giorno la pienezza del compimento, lo Spirito Santo».
Che cosa sono i sacramenti nella sua visione essenziale? Sono i mezzi dell'unione più profonda, reale, ontologica dei fedeli con il Figlio nello Spirito Santo sulla soglia del Regno, ma già nel regno che il Padre ci ha preparato e donato. Seguendo la formula Paolina noi chiamiamo questa unione: Corpo di Cristo.
Cos'è la santità nel suo nucleo concettuale? È il Regno anticipato manifestato sulla terra, l'immagine del Cristo che diventa visibile negli uomini mediante la grazia da loro ricevuta, grazia che è la manifestazione dello Spirito Santo.
Cos’è la salvezza? Spesso l’enigma delle parole che hanno il sigillo dello Spirito Santo si spiega attraverso il mistero e il mistero attraverso la promessa. La salvezza è l’unione con Dio, la cittadinanza nel Suo Regno, la liberalizzazione definitiva della natura umana dal giogo del peccato, la manifestazione della giustizia di Dio. La giustizia non ha un significato giuridico come giustificazione del peccatore, ma l’accento ontologico come manifestazione definitiva della verità messa nell’uomo e nel mondo. Per cercare la giustizia di Dio bisogna saper scoprire il Suo Regno nascosto nella sua creatura.
La speranza della risurrezione si trova proprio nel nucleo del mistero eucaristico nella vita della Chiesa Ortodossa, anche se questo centro non è sempre visibile. Si può parlare dell'Eucarestia in modo diverso: dal punto di vista dogmatico, liturgico, spirituale, ecclesiologico, escatologico, ma lo scopo finale, il telos, come dicevano i greci, del discorso, sarebbe sempre lo stesso: la comunione con Dio nella persona di Gesù Cristo, morto e risorto, presente e vivo nei Suoi doni e nel Suo Regno, preparato per noi. Eucarestia nel senso ontologico e dogmatico è la partecipazione alla natura divina (cfr. 2 Pt 1, 4), nel senso personale e comunitario - la partecipazione liturgica all'Ultima Cena del Signore, nel senso ecclesiale è l'attualizazione della Chiesa come Corpo di Cristo, nel senso escatologico è la preparazione per il Giudizio Finale e l’incontro con Cristo. La comunione come avvenimento sacramentale e spirituale è il cuore dell'ortodossia che batte nella sua teoria, come nella sua pratica, nella vita della Chiesa, come nella vita della persona che cerca la sua salvezza.
«La Chiesa», secondo la definizione del teologo russo Alexej Chomjakov (1804-1860) «è la vita di Dio fra gli uomini». Ma che cos'è la salvezza come vita di Dio? «Fra gli uomini», «nel mezzo di uomini», «dentro gli uomini», la vita di Dio vuol dire: «la santità». Siamo sempre al confine del mistero che vive in noi. Il mistero della fede e della presenza reale di Dio nella nostra vita ecclesiale è come la soglia e la condizione della nostra conoscenza della Chiesa. Avviciniamo la natura della Chiesa attraverso il mistero eucaristico.
«La natura della Chiesa stessa è eucaristica» dice il teologo ortodosso Kiprian Kern (1899-1960). «Se la Chiesa è il Corpo di Cristo, anche l'Eucarestia è un Corpo di Cristo. Senza l'Eucarestia non c'è una vita ecclesiale, come l'Eucarestia è impossibile fuori della Chiesa». (2) Parlando dell'Eucarestia parliamo della Chiesa e viceversa. Parlando della Chiesa confessiamo il nucleo della fede. L'ecclesiologia ci pone prima di tutto un problema dell'identità della Chiesa cioè dell'identità stessa del Cristo che vive fra noi. La Chiesa condiziona questa identità nell'Eucaristia.
La Chiesa è vista come luogo della nascita e della vita dell'uomo nuovo, non soltanto riconciliato, ma eucaresticamente unito con Dio. In questo senso la comunione al Corpo e al Sangue del Cristo fa vedere Cristo in lui, ciò che l’uomo è o piuttosto chiamato ad essere. Così l'ecclesiologia diventa una vertice della nuova antropologia.
Il Cristo è la radice della deificazione della natura umana. L'uomo unito a Cristo è già la Chiesa (san Massimo il Confessore), perché la comunione con Cristo ci fa il Corpo del Cristo. Il corpo umano in quel caso è lo strumento, ma anche il tempio dello Spirito. La vita comune si fa come cammino verso la deificazione dell'uomo che può essere solo l'azione del Santo Spirito. Quando alla fine della Divina Liturgia il sacerdote dice: «Le cose sante ai santi», lui proclama la santità del Corpo del Cristo già presente nella comunità dei credenti ch'è anche il popolo dei peccatori. Questo Corpo è unito nell'unità escatologica della Parusia. Già la Didaché ci dà un'immagine del pane disperso e raccolto. (3) La Chiesa come un atto della ri-unione dell'umanità che vive in Cristo.
La Chiesa è sempre vista come icona del Regno che deve venire e la sua identità coincide con l'identità del Cristo e del Regno escatologico. La sua esistenza è iconica. Essa è l'immagine di ciò che la trascende.
L'essenza della Chiesa è il cammino verso il Cielo, e l'Eucarestia è il mistero di questo cammino anche nella memoria o l'anamnesi. L'anamnesi che contiene anche la memoria della Croce come vittoria sul peccato, è la presenza mistica del cammino all'interno del nostro essere che ci porta al Regno. Ma l'anamnesi è anche la memoria del futuro, un atto escatologico. «Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine» (Ap 22,13). La memoria del Regno aperta al Ritorno del Signore. Ogni liturgia è sperimentata spiritualmente come sacramento della memoria della santità vissuta, dell'unità del popolo di Dio e della sua gratitudine alla soglia del Regno. «In ogni cosa rendete grazie» (o «fate Eucaristia») dice san Paolo (1Tes 5,18) perché in ogni cosa - il cuore umano e tutto il creato – c’è il suo segreto centro eucaristico.
Vladimir Zelinskij
1) Or. III contra Arianos, PG 26, 373.
2) K. Kern, Eucarestia, Parigi, 1947 (in russo).
3) Didaché, 9,4.