Certo non si può pretendere che si raggiungano subito dei risultati su tutto. E’ però essenziale che ogni Chiesa faccia da cassa di risonanza a livello locale dei documenti prodotti. Se no, a che servono?
Se si volesse descrivere visivamente il dialogo ecumenico, probabilmente si dovrebbe scegliere l’immagine dei fuochi di artificio, ove da un piccolo strumento si può produrre una cascata di colori, forme, effetti speciali che sempre stupiscono e incantano; dove gli stessi colori mutano via via che saettano il cielo e si intrecciano acquistando splendore.
I presupposti
Così, nella storia del movimento ecumenico, spesso da semplici gesti, spontanei incontri e sinceri chiarimenti, sono nate le varie espressioni del dialogo: condivisione della preghiera e della spiritualità, relazioni formali e scambi amichevoli, cooperazione nella testimonianza comune al mondo, chiarificazione dottrinale .Tutte strade che le Chiese hanno intrapreso per dialogare, ciascuna diversa, ma ciascuna illuminata dalla luce delle altre; ciascuna destinata a restare nel grande mosaico del cammino verso l’unità, ciascuna caratterizzata da una vitalità e una densità di attività che, meriterebbero maggiore riconoscimento.
In modo particolare la preziosa opera di dialogo teologico ha fruttato, per usare un’unità di misura visibile, circa 9.000 pagine dei volumi che li raccolgono (Enchiridion oecumenicum); si tratta di dialoghi che riguardano tutte le Chiese, anche la Chiesa cattolica, intensamente impegnata nel dialogo ecumenico dal concilio Vaticano II fino a oggi. A dispetto di un pregiudizio di chiusura che forse l’accompagna, essa è stata protagonista di dialoghi e conversazioni ufficiali con circa 15 Chiese o famiglie confessionali.
Lo scopo di questi dialoghi è di superare il contenzioso dottrinale che ha causato o acuito le divisioni confessionali; il fondamento è la consapevolezza che le cause della rottura sono state spesso determinate da fattori non teologici, ma storico-culturali o politico-economici; il principio ispiratore è la certezza che l’unità in quanto dono di Dio alla Chiesa non è mai stata distrutta, che la koinonia fra le Chiese a motivo del battesimo in Cristo è reale, sebbene non completa, e costituisce il prezioso patrimonio comune che legittima e alimenta il ristabilimento dell’unità visibile.
Le tipologie
I dialoghi teologici possono essere sia bilaterali fra due confessioni, in cui si possono affrontare questioni cruciali che ne hanno segnato la storia e l’identità, che multilaterali, cioè portati avanti da varie Chiese o da istituzioni all’interno del movimento ecumenico, di cui è particolarmente rilevante la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese.
All’interno di questa prima categorizzazione, i dialoghi si distinguono anche in base alla finalità proposta: quanto maggiore è l’insieme del patrimonio teologico comune alle confessioni, tanto più il dialogo sarà finalizzato alla ricerca e al conseguimento della piena comunione, espressa in un’unica professione di fede, nella condivisione sacramentale, in una struttura di governo unitaria. Paradigmatico in tale linea è il dialogo cattolico-ortodosso che ha già nelle prime fasi enucleato la portata degli elementi dottrinali condivisi, soprattutto in ambito ecclesiologico-sacramentale, sperimentando anche attraverso gli ultimi travagliati anni la necessità che il dialogo della verità interagisca con il dialogo della carità.
In altri casi i presupposti ecclesiologici delle tradizioni coinvolte sono talmente distanti da richiedere una riflessione più articolata prima di puntare all’obiettivo dell’unità visibile; il dialogo si focalizza allora previamente sull’approfondimento e la comprensione delle reciproche posizioni (si pensi ai dialoghi dei cattolici con metodisti, battisti, riformati, pentecostali, mennoniti, interessanti per la freschezza con cui possono trattare temi quali il proselitismo, la testimonianza comune, la chiamata a essere operatori di pace, la riconciliazione delle memorie, ecc.).
Analogamente e parallelamente a questa differenziazione, ogni dialogo multilaterale viene scandito da fasi che mirano a obiettivi intermedi: l’inizio di un progetto di ricerca, la sottolineatura di una nuova convergenza nell’interpretazione di alcuni nodi teologici, o infine il consenso nella formulazione di verità dottrinali. Recentemente sono stati prodotti documenti di convergenza importanti, come il testo su La natura e lo scopo della Chiesa (1999) della Commissione Fede e Costituzione, o su Le implicazioni ecclesiologiche ed ecumeniche del comune battesimo del Gruppo misto di lavoro fra la Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese; entrambi saranno presentati alla prossima assemblea generale del Cec a Porto Alegre nel 2006.
Anche nella sfera dei dialoghi bilaterali, naturalmente, si sono prodotti documenti di grande rilievo nell’ultimo decennio. Anzitutto la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione fra Chiesa cattolica e Chiese luterane, del 1999. L’evento è di portata storica in quanto la dottrina in questione è proprio stata la disputa principale nella divisione fra Chiese protestanti e Chiesa cattolica, e il documento firmato sancisce il pieno accordo sul tema specifico che rende non più applicabili le condanne reciproche dei tempi della Riforma, pur riconoscendo ancora divergenze di diverso grado su questioni correlate che necessitano di ulteriore studio.
In secondo luogo, merita menzione il dialogo anglicano-cattolico, che ha segnato svolte importanti. Nel 1998 il documento Il dono dell’autorità III presentava un accordo di massima sull’autorità come dono di Dio, sul suo modo di esercizio e su possibili forme di condivisione anche di alcuni aspetti del primato del vescovo di Roma. Nel giugno 2005,lo stesso dialogo ha consegnato un documento su Maria (Maria: grazia e speranza in Cristo), che propone un innovativo e fruttuoso metodo per leggere insieme la Bibbia e la tradizione, mostrando così l’enorme progresso proprio su questioni tradizionalmente molto spinose.
Il processo di recezione
Le commissioni di dialogo locali o internazionali non hanno autorità in sé stesse, ma possono solo affidare il frutto del loro lavoro congiunto alle Chiese coinvolte, affinché esse valutino quanto i contenuti del documento rispecchino la fede autentica della propria confessione, e attivino strategie di recezione. Quest’ultima fase del dialogo è la più delicata e la più decisiva. Se i dialoghi e i documenti rimangono oggetto di studio e valutazione solo all’interno della cerchia di persone che li hanno prodotti, l’ecumenismo non diverrà mai «una necessità dichiarata, una delle priorità della Chiesa» (Ut unum sint 31), ma rimarrà ciò che non deve essere: «Una qualche “appendice”» (UUS 20), «un atto facoltativo» (UUS 49).
I risultati devono al contrario essere divulgati, studiati, riflettuti, e laddove essi registrino un accordo riconosciuto e avallato dalle autorità ecclesiali preposte, devono divenire prassi di vita della comunità. Il processo di recezione deve coinvolgere tutta la Chiesa, giacché il ristabilimento dell’unità «riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori» (UR 5). In tal senso, sono particolarmente da applaudire sia le strategie che sensibilizzano verso una maggiore formazione ecumenica, sia i sussidi formativi per operatori pastorali, che auspicabilmente aumenteranno nella futura configurazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, sia la creazione di nuove commissioni internazionali che, come nel caso del dialogo anglicano-cattolico (Iarccum), affianchino il lavoro della commissione teologica incaricata ad hoc, coinvolgendo anche vescovi.
La fittissima rete di dialoghi intrapresi mostra come la situazione sia cambiata negli ultimi decenni e quanto sia possibile operare, anche in situazioni di grande conflittualità qual è ed è stato spesso il panorama ecclesiale, se si accetta di intraprendere il dialogo «senza che sia posto alcun ostacolo alle vie della provvidenza e senza che si rechi pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo» (UR 24).
Teresa Francesca Rossi *
* Centro Pro Unione
(da Vita Pastorale, dicembre 2005)
Bibliografia
Documenti: Cereti Q., Voicu S.J., (a cura), Enchiridion Oecumenicum. Documenti del dialogo teologico interconfessionale, vol. 1, Dialoghi internazionali (1931-1988), EDB 1994, Bologna; vol. 2, Dialoghi locali (1965-1987), EDB 2000; Cereti G. Puglisi J.F., (a cura), Enchiridion Oecumenicum. Documenti del dialogo teologico interconfessionale, vol. 3, Dialoghi internazionali (1985.1994), EDB 1995; vol. 4, Dialoghi locali (1988-1994), EDB 1999; Rosso S. -Turco E., (a cura di), Enchiridion Oecumenicum. Documenti del dialogo teologico interconfessionale, vol. 5, Documenti del Consiglio ecumenico delle Chiese, EDB 2001; vol. 6, Fede e Costituzione. Conferenze mondiali 192 7-1993, EDB 2005.
Studi: AA.VV., La Chiesa Cattolica oggi nel dialogo, Corso breve di ecumenismo, voIl. IV.IX.X, Centro Pro Unione 1982-1995, Roma; Fortino E., “Il dialogo ecumenico”, in Fisichella R., Il concilio Vaticano II: ricezione e attualità alla luce del Giubileo, San Paolo 2000, Cinisello Balsamo, pp. 335-353; Kasper W., La teologia ecumenica oggi, in Il Regno-attualità 48 (2003) 8, pp. 280-286.