Nella simbologia dell'architettura sacra dell'antica Russia predominano due principi connessi tra di loro: il principio antropologico e quello cosmologico. Conformemente al primo, il tempio è assimilato all'uomo e più precisamente al Cristo. E se l'altare, come parte più sacra del tempio, era assimilato all'anima dell'uomo, tutto l'edificio fungeva da involucro e corpo dell'anima-altare. Conseguentemente, l'edificio si presentava in una certa misura come immagine della forma corporea umana, del che testimoniano, in particolare, le antiche denominazioni di alcuni elementi architettonici: la glavà (testa e cupola) e, via via, il "collo", le "spalle", il "petto", la "cintola". Anche la disposizione degli affreschi dipendeva rigidamente dal simbolismo delle varie parti architettoniche. Nelle antiche fonti russe, nelle Kormc'nie knigi ("Libri del Timoniere", derivati dal nomocanone bizantino) troviamo in proposito questa spiegazione: "il sommo della chiesa è la testa del Signore, poiché è Cristo a tenere la cupola, gli Apostoli il collo, gli Evangelisti i pennacchi degli archi, le Feste la cintola".
Nella sagoma delle chiese e cattedrali che si innalzavano sulla pianura russa la gente vedeva la raffigurazione, in plastiche forme simili alla carne dell'uomo, del corpo del Signore. E' in virtù - ritengo - dell'influsso di questa immagine visiva che si formò la raffigurazione idealizzata della "Santa Russia", percorsa dallo stesso Salvatore, dalla Vergine e dai santi. Pellegrini e mendicanti cantavano vagando per la Russia:
Di che è adorna fa madre terra?
La terra è adorna delle chiese di Dio,
Delle chiese di Dio, sole dei giusti...
I templi erano immagine dei santi apostoli che al seguito di Cristo stesso incedevano per la terra russa.
Ma quest’approccio antropologico al simbolismo architettonico non è il più importante. Ad esso si accompagna il principio cosmologico che ad esso combinato però lo superava. Vi era combinato in quanto l'uomo è un microcosmo o, secondo l'antica formulazione "una raffigurazione ridotta del grande mondo". Era comunque il macrocosmo, come lo si intendeva allora, a corrispondere in modo più profondo e completo alla composizione del tempio. Di questo hanno scritto anche i dottori della Chiesa. Ma le più cospicue notizie di quest'approccio largamente radicatosi in terra russa sono contenute nella Topografia cristiana composta nel VI secolo dal monaco, viaggiatore e studioso bizantino Cosma Indikopleustés. In questo libro, grandemente autorevole in Russia fin dai tempi più antichi, è esposto il punto di vista della teologia sulla struttura dell'Universo; parallelamente, e in diretta connessione coi problemi cosmologici, si racconta del primo vero tempio sulla terra, l'antica "Dimora" eretta da Mosè seguendo le indicazioni di Dio in persona. Successivamente la dimora fu presa a modello per la costruzione del tempio di Salomone e ancora più tardi seguirono il suo esempio le chiese cristiane.
Tuttavia la Dimora mosaica, insiste Cosma, non è soltanto il prototipo del tempio. Essa è anche proiezione dell'Universo, creato a immagine e somiglianza del cosmo nel suo significato più ampio, divino. In conformità a ciò la Dimora è divisa in "terra" e "cielo". Nel "cielo" (ovvero nel "Santo dei santi" della Dimora, che è servito da prototipo all'altare cristiano) abita Dio. Questo mondo ultraterreno o "cielo invisibile" è separato con un velo (nel sistema cosmologico la volta celeste o "cielo visibile", nel tempio cristiano la transenna dell'altare o iconostasi) dallo "spazio terreno" in cui si collocano gli oranti. Trascureremo qui di esaminare altre consimili analogie. Ciò che ci preme rilevare è che in Cosma Indikopleustés la descrizione dell'Universo coincide con la descrizione del tempio: "Quando il Signore fondò la terra nella sua stabile forma rettangolare, legò i margini del cielo con quelli della terra, rinforzando in basso i lembi del cielo dalle quattro parti e distendendolo ampiamente in forma di volta per tutta la lunghezza della terra e creò per così dire un aula enorme in forma di oblungo edificio voltato".
Un analogo disegno dell'universo è presente - in orizzontale e in verticale - nel semplicissimo schema dell'antico tempio russo. Il piano del tempio e la sua sezione verticale coincidono con esso sia visualmente che per significato simbolico: alla cupola della volta celeste corrisponde l'abside dell'altare (anch'essa "cielo"). E il parallelismo di questa come d'ogni altra singola parte architettonica dell'edificio, fino a ricostituire l'immagine dell'universo, è estremamente significativo. Nel suo insieme il tempio è infatti "misura del mondo tutto", come dice l'iscrizione apposta a un disegno della Dimora ebraica in uno dei codici del libro di Cosma Indikopleustés. Nella tradizione antico-russa questo libro si chiamava "Libro sul Cristo, che abbraccia tutto il mondo". La stessa definizione può certamente riferirsi anche all'idea del tempio cristiano.
ARCHITETTURA E COSMOGRAFIA
Entrando nel tempio il credente veniva per così dire proiettato nel "sistema dell'universo" (nonché della storia universale dalla caduta di Adamo al Giudizio, col tema centrale della redenzione racchiuso negli eventi della vita terrena del Salvatore). Egli veniva a trovarsi in un mondo che, lungi dall'essere piccolo, era incommensurabilmente più grande di quello che era abituato a conoscere, sotto il cielo di una determinata epoca. Non solo, ma la percezione del tempio iniziava e procedeva dall'alto in basso, dalla cupola nella quale solitamente campeggiava, alto sopra i fedeli, il volto di Cristo Pantocratore e dall'altare attraverso l'iconostasi - vero e proprio confine tra il cielo visibile e quello invisibile - gremita delle immagini e dei loro sguardi. In una parola, la comprensione stessa del tempio non poteva che discendere dal cielo sulla terra. Perfino le colonne che reggevano la cupola venivano viste e interpretate non come sostegni che salivano dal basso verso l'alto, ma come radici del cielo calate verso terra. Dalla priorità, in ogni cosa, del "sopra" e del cielo testimonia anche l'ordine degli affreschi nel tempio. Si iniziava sempre ad affrescare la parte più importante, l'altare e la cupola La circostanza è confermata dalle antiche cronache, quando per qualche motivo (ad esempio la malattia o la morte del principe che aveva fatto edificare la chiesa) i lavori venivano momentaneamente sospesi. In simili casi risultavano affrescati solo l'altare e la sommità del tempio.
Dal cielo traggono infatti la propria origine sia il mondo che l'uomo. Pegno e principio della vita stessa era ritenuta la "luce increata", "incorporea" simboleggiata dall'oro delle icone e dagli oggetti sacri. Anche l'icona la si iniziava a dipingere dalla cosa più importante, appunto questa luce incorporea. Specifica espressione di essa era in particolare considerata l'aureola o nimbo attorno alla testa dei santi. In base a calcoli recenti, il raggio dell'aureola corrispondeva solitamente a 1/10 o a 1/8 della figura del santo e a 1/100 della lunghezza del tempio. Questa rigorosa proporzionalità dice l'importanza dell'aureola come decisivo punto metafisico nello strutturarsi dell'icona e di tutto il tempio. L'aureola - punto luminoso centrale - è manifestazione dell'eterna luce divina e da esso ogni cosa nel tempio cresce e s'allarga, come cerchi nell'acqua. E una luce la quale delinea attorno a sé il volto visibile del mondo, che a sua volta non è altro che icona di Dio (i più importanti lavori al riguardo sono dovuti a padre Pavel Florenskij, eminente studioso della cultura cristiana, scomparso in un lager sovietico).
Alcuni antichi documenti dedicati alla costruzione e descrizione dei tempi ortodossi confermano a loro volta il legame tra l'architettura sacra e la cosmografia . Ad esempio, le testimonianze sulla Santa Sofia costantinopolitana, assai venerata in Russia. Era soprattutto fonte di meraviglia la sua cupola, che sembrava calare direttamente dal cielo. Sul pavimento di questa chiesa, in marmo policromo, erano raffigurati i quattro grandi fiumi: il Gange, il Nilo, il Tigri e l'Eufrate i quali, secondo la tradizione, nascevano in Paradiso e bagnavano l'Eden e che, con la cacciata di Adamo avevano nascosto le loro scaturigini sotto terra. In questo modo il pavimento del tempio di Santa Sofia costituiva una sorte di carta geografica, ma lo è in una versione per così dire paradisiaca. Il trono della cattedrale, poi, secondo quanto dice l'antico autore, era fatto "d’oro, argento, svariate gemme, legni di ogni tipo, metalli e infine d'ogni oggetto che si trovi in mare e in terra ovvero nel mondo intero".
Va da sé che simili testimonianze confinano in taluni casi con la leggenda. Ma ciò che qui ci interessa non è il risultato reale quanto la potenzialità, la tendenza a raffigurare il tempio come concentrazione di oggetti raccolti "in tutto mondo". Osserviamo la stessa aspirazione, ad esempio, nella stupenda cattedrale di san Dmitrij a Vladimir (XII sec.). Esternamente essa è circonfusa da un fantastico rilievo ornamentale che raffigura "tutte le creature". Vi è palese l'intento di esprimere col linguaggio dell'arte l'idea del tempio universale che tutto abbraccia. I circa 1000 rilievi di san Dmitrij sono tutti sotto quest'egida dell'unità del mondo. Non a caso una delle figure centrali attorno alla quale si radunano "tutte le creature" è quel re Salomone che comprendeva il linguaggio degli uccelli e delle fiere e che costruì il primo fondamentale tempio (dopo il Tabernacolo mosaico).
In un antico codice della vita di San Sergio di Radonez - uno dei più grandi santi russi - si dice che innalzò una chiesa che "era visibile da ogni dove", "come specchio". Come si devono intendere queste parole? Nel senso della superiore virtù dell'opera del santo? O della splendida immagine radiosa bellezza della sua chiesa? O come riferimento al libro greco Lo specchio (Dioptra), famoso in Russia, che raccoglieva la saggezza religiosa di ogni luogo e paese? E' pienamente possibile. Ma l'essenziale, secondo me, è che il tempio è effettivamente uno specchio che per quanto svetti, elevato e lontano, sul paesaggio non solo è correlato con esso, con il mondo circostante, con l'Universo, ma tutto comprende e compendia in sè. "Tutto il creato", raccogliendosi attorno al tempio, si specchia in esso come nel proprio riflesso ideale, che si innalza senza fine, trasformandosi ormai in figura cosmica e divina.
IL TEMPIO TRASPARENTE
In generale, il tempio ideale è trasparente (o variabile nelle dimensioni, il che è lo stesso). E' trasparente per contenere ogni cosa. Così viene raffigurato ad esempio nella "Vita" greca di Basilio Nuovo (X secolo), che nell'antica Russia ha avuto un ruolo paragonabile a quello della cosmogonia di Dante in Occidente. Nella "Vita" di Basilio Nuovo tra le altre visioni viene raffigurato l'edificio del tempio della Nuova Gerusalemme dopo il Giudizio universale e l'avvento di un cielo nuovo e di una terra nuova. Di questo futuro tempio veramente universale è detto che quanti si trovano al suo interno o intorno alle sue mura si vedono tra di loro come attraverso un vetro. Ciò che è esterno diventerà dunque interiore e ciò che avviene all'interno del tempio si diffonderà all'intorno, per tutto il mondo. E' questo il regno di Dio sulla terra.
Troviamo in sostanza la stessa cosa nella vita di San Sergio di Radonez, là dove è detto che il tempio cristiano esiste affinché con lo sguardo costantemente volto ad esso si possa vincere la paura davanti all'odiosa separazione del mondo". Così, tutto ciò che nel mondo esiste diviso si unisce nel tempio, sotto la protezione di Dio.
Questa idea della universalità del tempio ha esaltato in sommo grado il sincretismo dell'arte, in una vera festa degli occhi e dell'udito. Architettura, pittura, canto, letteratura, elementi di azione teatrale agivano di concerto confluendo in un unico insieme. Come immagine del mondo il tempio tendeva naturalmente a questa sintesi delle forme artistiche e questo gli consentiva di svolgere in rapporto ad esse un ruolo organizzativo, divenendo fonte e criterio dello stile artistico dell'epoca. L'arte sacra nel suo insieme aspirava a trasferire l'uomo nell'atmosfera del Paradiso, da noi perduto e che tornava sulla terra come promessa, nella forma del tempio. Se in uno scorcio simbolico il tempio può essere considerato il corpo del Dio incarnato e in un'altra chiave il cosmo che abbraccia il cielo e la terra, in un terzo e più elevato significato simbolico il tempio è immagine del Regno di Dio e in questo senso si identifica completamente col Cielo. A questo riguardo il santo russo Kirill di Belozersk (XV secolo), fondatore di un famoso monastero del Nord, diceva al principe del luogo:
"In chiesa, però, mio signore, state con tremore e trepidanza, come se vi trovaste nei cieli: perché la chiesa, mio signore, è il cielo sulla terra".
Perciò è tanto evidente e importante la bellezza che riempie il tempio. Al concetto di bellezza è legato in una certa misura persino il battesimo della Russia nella fede greca, invece che in un'altra fede. La prima cronaca racconta che il granprincipe Vladimir inviò messi in varie terre e paesi affinché potessero vedere coi propri occhi quale fosse la fede migliore e più adatta alle genti russe. I messi, di ritorno dalla cristiana Bisanzio, riferirono a Vladimir: "Poi andammo dai Greci ed essi ci condussero al loro servizio divino e noi non capivamo se ci trovavamo in cielo o sulla terra, giacché sulla terra non v'è spettacolo di tal genere e tale bellezza che neppure sappiamo descrivere con parole ciò che abbiamo veduto. Sappiamo soltanto che qui gli uomini si trovano in presenza di Dio e che il loro servizio divino è migliore di quello di ogni altro paese. Non potremo mai dimenticare tanta bellezza...".
Naturalmente il parere di questi pagani che si accostavano al cristianesimo è dato nell'esposizione di un cronista timorato di Dio per il quale non sussisteva più il problema di quale fosse la fede migliore. Ma è notevole il fatto dell'accento posto sull'aspetto estetico della cosa, l'entusiasmo davanti alla bellezza dell'arte, che si apriva per la prima volta ai Russi e che evidentemente giocò un ruolo non secondario nella cristianizzazione della terra russa. Con la bellezza viene addirittura motivata la scelta di Bisanzio. "Dai Tedeschi", secondo quanto racconta la stessa cronaca, gli inviati Russi non trovarono "nessuna bellezza".
IL TEMPIO, MANTO DIVINO
Analogamente venivano edificati e abbelliti anche i templi ortodossi russi. Sappiamo che vi venivano profuse enormi risorse. In essi confluiva ciò che di meglio c'era nella cultura nazionale. Queste ricchezze materiali e spirituali erano destinate a confermare l'unicità della Casa consacrata a Dio.
Solitamente le chiese russe non colpiscono per la loro altezza come le cattedrali gotiche europee. I Russi solevano giustificare la circostanza con un argomento che, benché ingenuo, non è privo d'interesse. Noi, dicevamo, non abbiamo bisogno di slanciarci verso l'alto, verso il cielo. Dio abita già in mezzo a noi, in Russia. Per questo motivo alla spasmodica tensione gotica verso il cielo si contrappone in Russia - quaggiù, nel tempio stesso - la rotondità e pienezza di una conclusa beatitudine. Secondo me la specificità dell'architettura sacra russa è legata all'idea del Pokrov, della Protezione divina (non a caso la festa ortodossa della Protezione, o Intercessione, della Madre di Dio s'è così radicata in Russia da divenire suo originale patrimonio nazionale). E il tempio è Protezione, è il Manto divino. Da qui la prevalenza delle forme tonde su quelle alte e aguzze. Da qui il senso dì calore e intimità, di riparo e difesa che si prova entrando in una chiesa russa. E da qui, anche, talvolta, l'eccesso decorativo dell'architettura russa: il Manto di Dio deve essere sontuoso.
Gli stranieri di passaggio restavano spesso meravigliati dal fasto delle chiese russe. Li stupiva, e qualche volta li irritava, l'ingenua munificenza dei Russi nell'abbellimento di templi e icone. Essi non capivano che la popolazione nella chiesa non cercava semplicemente un luogo di preghiera, ma "il cielo in terra". E qui veniva anche soddisfatta la passione, spontanea e immediata, della Russia per tutto ciò che è pittoresco e variopinto, il suo amore per i miracoli e la propensione a una loro visibile dimostrazione, la tendenza alla conferma materiale delle costruzioni metafisiche.
Espressione vividissima del tipo nazionale dell’antica architettura russa è, ad esempio, la chiesa dell'Intercessione della Madre di Dio a Mosca, (XV secolo), più nota col nome di san Basilio. L'olandese Struys, dopo aver visto questa chiesa, nel 1699, scrisse: "E' ben vero che si dice sia stata costruita sull'esempio del tempio di Salomone, ma non ho mai visto niente che le assomigli e che le stia alla pari".
Simili giudizi di antichi viaggiatori, sbalorditi di fronte a quel portento artistico, sono nella maggioranza dei casi lontani da una valutazione obiettiva. Però ci fanno capire alcune cose: anzitutto quanto fosse insolito, agli occhi di un europeo, questo edificio tipicamente russo, e poi quanto fosse forte nell'architettura sacra russa la tendenza alla ricchezza e sontuosità delle forme: ciò rispondeva ai gusti dell'antica Russia e all'idea che essa aveva del tempio.
Il marchese de Custine, un viaggiatore francese che si recò in Russia nel 1839, si indignava a proposito della chiesa di San Basilio: "Sicuramente un paese in cui un simile monumento può essere chiamato casa di preghiera non è Europa, è India, Persia, Cina, e le persone che vanno a pregare Dio in questa scatola per dolci non sono cristiani!". A quei tempi risale anche il giudizio sempre su San Basilio di un altro francese, il Darlencourt: "Come descrivere questo edificio, il più incredibile e meraviglioso che si possa immaginare!... Già nella screziatura che lo fa simile a un monumento asiatico si esprime un'inaudita ricchezza di invenzione e una libertà di idee che è raro incontrare. Sulle sue cupole a cipolla, che assomigliano ora a un intreccio di stalattiti, ora a un mosaico di pietre preziose, svetta una guglia piramidale che termina in una sfera dorata; vi si raggruppano in gran numero, senza ordine alcuno, portichetti indiani e chioschi cinesi, colonnine greche e annessi bizantini. Tutto questo potrebbe essere ritenuto un'opera di barbari se non vi fosse profusa a piene mani l'arte".
Non è il caso di contestare le opinioni di persone affatto diverse per gusti ed educazione dalle genti dell'Antica Russia e puntualizzare i loro giudizi, sovente derivanti dall'ignoranza della materia o da una determinata idea di ciò che è bello e armonico nell’arte. Ma attraverso queste valutazioni di stranieri possiamo meglio rappresentarci la sovrabbondanza estetica della cattedrale di san Basilio, la dovizia e insieme sintesi di forme che la caratterizzano. La cattedrale di San Basilio esprime veramente le principali tendenze proprie all'architettura russa fin dai tempi più remoti. Essa cercava di creare un "tempio dei templi" che legasse ogni cosa in nome del "Dio degli dei", del "Re dei re". Perciò l'idea di un tempio universale che abbraccia l'Universo e celebra con le ricchezze terrene gli imperituri valori celesti compenetra completamente l'architettura dell’antica Russia. L'accostamento ai monumenti dell'India, della Cina o della Persia non ha, nel caso specifico, ragione di essere. Ma se ai maestri russi che costruirono la cattedrale di san Basilio a Mosca avessero detto che la loro costruzione era paragonabile al tempio di re Salomone, essi ne sarebbero stati felici. Voleva dire che avevano assolto il loro compito.
A cura del CENTRO RUSSIA ECUMENICA 00193 Roma – Vicolo del farinone 30
(traduzione dal russo di Sergio Rapetti)