Ecumene

Venerdì, 26 Ottobre 2007 01:02

Rashi di Troyes. L'esegeta ebreo per eccellenza (Anne-Cécile Huprelle)

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Il 27 giugno 2005 Troyes ha reso omaggio solenne a Rashi, figlio del paese. Col suo irraggiamento fu il professore di quasi tutti i sapienti dell'Europa del Nord, ebrei e cristiani, e i suoi lavori hanno rinnovato profondamente il modo di interpretare i testi fondamentali.

Rashi di Troyes
L'esegeta ebreo per eccellenza

di Anne-Cécile Huprelle

Lo si chiama il Parshandata, il commentatore biblico per eccellenza. Rashi di Troyes, erede di una tradizione grammaticale e di una interpretazione della Legge ebraica, è sempre stato attento alle diversità delle lingue, in una costante ricerca dell'interpretazione esatta del testo. Più che un dotto, fu la guida di generazioni di studiosi. Lui stesso non avrebbe saputo dominarli, perché considerava il suo personale tirocinio come il corollario del suo dovere di trasmissione.

Pochi documenti ci sono arrivati sulle origini del religioso della Champagne. Si conoscono alcuni aspetti della sua vita grazie alla corrispondenza che ha intrattenuto con i suoi primi maestri renani. Paradossalmente gli sono state prestate molte leggende e tradizioni agiografiche. Come quella di sua madre che, incinta, per evitare una vettura e sfuggire alla morte, si sarebbe addossata a un muro che si sarebbe sfondato per offrirle così una nicchia protettrice.

Rabbi Shelomo ben Izhak, conosciuto sotto l'acronimo di Rashi, è nato a Troyes verso il 1040 e morto, certamente nella stessa città, nel 1105. Dopo una formazione spirituale in Champagne, si recò nelle accademie renane di Mayence e di Worms, depositarie degli studi ebraici. Vi studiò sotto la guida di maestri come Jacob ben Yakar o Isaak ben Eleasar har-Levi, a loro volta alunni del celebre Rabemu Guershom.

Una vasta conoscenza

I primi scritti di Rashi dimostrano una vasta conoscenza della letteratura rabbinica. In quel tempo non esisteva alcuna opera o dizionario: per scrivere il suo commentario doveva conoscere tutto il Midrash (la prima interpretazione del testo) come anche il Talmud di Babilonia (il Talmud di Gerusalemme non era ancora conosciuto in Occidente).

della prima crociata nel 1096, non ne appaiono che deboli eco negli scritti di Rashi.

A Troyes il pensiero ebraico prende i colori dell'Occidente e adotta la lingua francese. Rashi intraprende per la prima volta il commentario del Pentateuco, della Bibbia intera e del Talmud. Il suo stile chiaro, l’espressione concisa, la costante ricerca del senso letterale (il Peshat), l’utilizzo della lingua volgare (il vecchio dialetto di Champagne), che consente al maestro di farsi comprendere, rompono la tradizione dei predecessori. Fonda la prima yeshivah (scuola talmudica) della città.

Una caratteristica specifica della glossa di Rashi è il posto centrale dell’uomo. Nel celebre versetto della Genesi “Facciamo l’uomo a nostra immagine, come una somiglianza” (21,26), vi vede una lezione di modestia da parte di Dio che ha ritenuto bene consigliarsi con gli angeli. Parimenti, proprio come l’uomo deve essere al centro delle preoccupazioni di Dio, così Rashi, sollecito anzitutto nel prendere in considerazione l’uomo, redige le interpretazioni più pedagogiche.

Crea una lingua innovatrice

Anche la lingua del suo commentario è innovatrice. Quando comincia a insegnare, l’ebraico non è più parlato da sette secoli, è utilizzato soltanto come lingua liturgica e letteraria. Mediante i suoi insegnamenti Rashi veicola un nuovo ebraico che mescola tratti biblici e mishnici (da Mishnah: legge orale), elementi dell’aramaico del Talmud e parole della lingua vernacola. Rashi si costruisce anche il proprio alfabeto. Nel suo commentario del Pentateuco, stampato in ebraico nel 1475, il testo sacro è ritrascritto in lettere ebraiche quadre al centro della pagina mentre il commentario di Rashi le inquadra in semi-corsivo. Questo alfabeto ebraico, carattere di stampa specifico, si chiama ancora “alfabeto Rashi”.

Dal punto di vista teologico, ha il genio di mettere alla portata dei suoi contemporanei il corpus del commentario del Midrash (specialmente il Midrash Rabba, che riguarda il Pentateuco e i cinque rotoli) con un lavoro linguistico e grammaticale che valorizza un approccio letterario del testo biblico. In due sole generazioni il commentario di Rashi diviene uno strumento di riferimento completo per gli ebrei di Francia. Lo studio del Talmud sembra indissociabile da quello del suo commentario. Egli è anche l’autore di Responsa, cioè di consigli per una vita di rettitudine. I suoi successori, la Scuola esegetica della Francia del Nord, attestano l’eredità del maestro. Composta soprattutto dai suoi generi (Rashi ebbe tre figlie), questa scuola ha prodotto altri commentari talmudici secondo lo spirito e il metodo di Rashi. Il più illustre nipote di Rashi, Ja'aqov ben Meir, nato nel 1100, sarà il più grande dei tosafisti (continuatori dell’opera di Rashi, dall’ebraico tosafot, “aggiunta”).

Molto al di là dell’ambiente giudaico

Inoltre l’eredità dell’esegeta di Troyes si propaga molto al di là dell’ambiente giudaico. La scuola parigina che è all’origine del rinnovamento della glossa cristiana, la Scuola dell’abbazia di San Vittore, si è fortemente ispirata ai suoi lavori. Si ritrova nell’esegesi cristiana la cura della parola giusta, del contesto storico e, perciò, del ritorno alla fonte. La Bibbia è in latino ma l'originale rimane in ebraico e pochi cristiani in quel tempo conoscono l’ebraico: le due comunità si ritrovano dunque in uno scambio linguistico e culturale. Il ricorso alle interpretazioni ebraiche continua fino al sec. XIII. L’approccio al testo sacro si fa, come tra i colleghi ebrei, sempre più scientifico. Ma a poco a poco i cristiani scoprono l’importanza che ha la letteratura rabbinica per gli ebrei. Un convertito, Nicolas Donin, racconta al papa Gregorio IX che essi danno più importanza al Talmud che alla Bibbia. Si condanna l’infedeltà, il papa ordina un’inchiesta: è la controversia di Parigi nel 1240. I Talmud sono allora bruciati sulla piazza, come anche i commentari di Rashi.

L’eco dei suoi commentari rimane viva fino alla fine del sec. XIII, quando Rashi è citato anonimamente dai teologi cristiani. Ma a partire dal sec. XIV, specialmente con Nicolas de Lyre, gli è riconosciuta l’originalità dei suoi testi. Infatti il francescano fa concorrenza alla glossa ordinaria cristiana con una “postilla” che rapidamente si impone: è un commentario in due parti dell’insieme della Bibbia di cui una, letterale, riguarda l’Antico Testamento: Rabbi Shelomo vi è citato costantemente per il suo lavoro letterale, ma anche per i riferimenti midrashici che trasmette.

Nel sec. XVI molti commentari sono tradotti in latino e il ricorso agli esegeti ebrei si fa comune: David Quimhi, Abraham Ibn Ezra e Rashi si impongono come punti di riferimento. Una grande parte del commentario di quest’ultimo sarà tradotta dal tedesco ebraizzante Johan Fridericus Brethaupt. Oggi, novecento anni dopo la morte di Rashi, la sua cara città di Troyes vuole onorarlo. Ma nulla era stato conservato della sua sepoltura, né della sua memoria: solo per la sua opera è sopravvissuto.

(da Le monde des religions, 13, pp. 50-51)

1) pogrom: sommossa diretta contro una comunità ebraica

Letto 7219 volte Ultima modifica il Venerdì, 04 Giugno 2010 20:29
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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