«Credo nello Spirito Santo che procede...» La tradizione orientale e occidentale
di Tomás Spidlík
Quando si pone la questione della differenza che passa fra i cattolici e i cristiani ortodossi, sentiamo spesso due risposte diverse. Gli uni dicono: Non esistono delle differenze sostanziali, si tratta di due Chiese sorelle con due tradizioni che si completano a vicenda. È però un ostacolo principale dell’unione il fatto che essi non riconoscono il papa come capo principale e infallibile della Chiesa universale. Gli altri dicono di più: Dopo un millennio di separazione sono apparse anche varie differenze nella fede stessa. Fra queste la più importante è il Filioque che la Chiesa occidentale ha aggiunto al testo del Credo: Crediamo nello Spirito Santo «che dal Padre e dal Figlio procede». Nel primo e originale testo, approvato nei Concili di Nicea e di Costantinopoli leggiamo: «che procede dal Padre». Una sola parola aggiunta dovrebbe costituire una notevole differenza nella fede? Sì, dicono gli ortodossi, dato che si tratta di professione di fede divina. Lo dicono tutti o ci sono anche interpretazioni più tolleranti?
Vediamo prima cosa dice del problema la Sacra Scrittura. Nel vangelo di San Giovanni lo stesso Cristo afferma che i discepoli riceveranno lo Spirito «che il Padre manderà» (14,25), ma in seguito Gesù aggiunge: «perché prenderà del mio» (16,14). San Paolo scrive che «Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio» (Gal 4,6) che è «Spirito di Cristo».
Come interpretavano questi testi gli antichi cristiani? Nella professione di fede recitata durante il battesimo, come la riferisce Sant’Epifanio, leggiamo che lo Spirito «procede dal Padre e riceve dal Figlio». Si ripetono quindi semplicemente le parole del vangelo. Ma già San Damaso lo abbrevia e dice «procede dal Padre e dal Figlio». Questa formula cominciò ad essere generalmente usata in Occidente perché sostenuta dall’autorità di Sant’Agostino. San Cirillo di Alessandria e il grande dottore della Chiesa orientale San Giovanni Damasceno preferivano dire: «procede dal Padre per mezzo del Figlio». Si tratta quindi di diverse formule di spiegazione del mistero, ma nel testo del Credo durante la liturgia rimaneva il testo breve: Spirito «che procede dal Padre». Si temeva di aggiungere qualche cosa anche per il timore dell’eresia di cosiddetti pneumatomachi. Questi negavano la divinità dello Spirito Santo dicendo che fu creato per mezzo del Figlio. Allora era meglio lasciare semplicemente: «procede dal Padre».
Quando fu introdotto il Filioque nel simbolo di fede recitato durante la messa? Si dichiararono in favore di questa addizione i partecipanti al sinodo della Spagna visigotiniana a Toledo nel 589; in seguito al concilio di Francoforte del 794 lo decretò l’imperatore Carlomagno. Il papa di Roma Leone III consentì. Fu quindi l’inizio di una doppia recita del Credo in Oriente e in Occidente, ma il fatto non era oggetto di discussioni. Queste sorsero a Gerusalemme. L’abate del monastero del Monte degli ulivi introdusse nell’807 l’uso «dei Franchi» e i monaci del monastero di San Saba protestarono. Ma la controversia non ebbe troppe conseguenze.
Il vero conflitto ecclesiale sorse nei momenti della separazione fra la Chiesa latina e greca verso la fine del primo millennio. Da una parte Fozio accusò i missionari latini in Bulgaria che insegnavano il Filioque e con ciò proponevano «una falsa spiegazione del Credo», perché lo Spirito Santo «procede dal solo Padre». Al contrario il cardinale Umberto rimproverò i Greci che «avrebbero omesso» nella recita del Credo il Filioque. Notiamo che si tratta di due erronei equivoci. A Fozio rispondiamo: non è lo stesso dire che «lo Spirito procede dal Padre» o che «lo Spirito procede dal solo Padre». E sul conto del cardinale Umberto possiamo dire che sapeva poco della storia della liturgia quando disse che i Greci «avrebbero omesso» il Filioque. Purtroppo le controversie, in quel momento, ebbero gravi conseguenze e divennero il tema di mutue accuse.
Il grande concilio di unione tenuto a Firenze nel 1439 cercò una riconciliazione dichiarando che il latino con Filioque non vuole affermare altro che ciò che ammettono i Padri sia dell’Occidente che dell’Oriente, cioè che «lo Spirito procede dal Padre per mezzo del Figlio».
Quale importanza assume la questione nelle relazioni fra Chiesa cattolica e Chiese orientali oggi? In linea di massima, fra i teologi ortodossi, possiamo distinguere quattro atteggiamenti.
- I più radicali sono quelli che dicono che la formula latina è del tutto falsa e che porta delle conseguenze gravi: dato che i latini hanno un’altra fede nello Spirito Santo rispetto agli orientali, hanno anche una differente spiritualità.
- Moderati si possono dire quelli che affermano che si tratta in questo caso di questioni teologiche liberamente disputate come avviene per tante altre fra i teologi; non dovrebbero impedire l’unione delle Chiese.
- La terza opinione affronta il problema dal punto di vista della disciplina ecclesiale: è sempre pericoloso introdurre dei cambiamenti di maggior rilievo in qualsiasi campo, se vi è pericolo di diminuire l’unità del popolo di Dio; il Credo della liturgia fu composto con il consenso universale, la Chiesa latina non aveva il diritto di toccarlo senza consultare gli altri e perciò oggi dovrebbe ritirare la sua aggiunta.
- Infine notiamo un atteggiamento che fu la conseguenza di un dialogo concreto tra la Chiesa russa e gli anglicani intorno all’interpretazione e al senso da attribuire al testo della tradizione latina.
Se le opinioni degli ortodossi sono, come vediamo, diverse, i cattolici sono riusciti a unificare il loro atteggiamento che si può riassumere in poche parole. Già il Concilio di Firenze dichiarò in modo autorevole che il Filioque si deve intendere nel senso della tradizione comune in Oriente e in Occidente. La Chiesa di Roma permette di recitare il Simbolo niceno-constantinopolitano senza il Filioque là dove questa omissione si vede opportuna, come in certe Chiese orientali cattoliche.
È da notare che nelle diverse tradizioni linguistiche, talvolta le stesse parole assumono significati diversi: ciò avviene, per esempio, per il verbo “procedere” che può significare «provenire in qualsiasi modo» oppure indica la prima sorgente, la prima causa.
Laddove questa sfumatura linguistica è sensibile, allora è davvero opportune tralasciare la formula «procede dal Padre e dal Figlio», perché ciò significherebbe due sorgenti primarie. Il Concilio unionistico di Lione nel 1274 espressamente rifiutò una tale spiegazione, dicendo che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio «però non come dai due princìpi ma come da uno solo».
Possiamo quindi concludere che la questione sulla processione dello Spirito Santo è come tutte le altre verità di fede un mistero divino rivelato che non possiamo comprendere con gli argomenti razionali e nei dubbi di interpretazione cercare di trovare la concordia nel dialogo ispirato dalla carità ecclesiale e dall’amore per l’unità che è frutto dello Spirito.