Ecumene

Mercoledì, 23 Marzo 2005 00:07

Un ecumenismo da vivere (Giacomo Ruggeri)

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Un ecumenismo da vivere
di Giacomo Ruggeri





«L'ecumenismo è uno dei rari punti luminosi nel 20° secolo, che è stato un secolo buio con due guerre mondiali: milioni di uccisi, fuggitivi, conseguenza di due sistemi totalitari e disumani. In questo secolo buio inizia il movimento ecumenico per impulso della grazia dello Spirito Santo. I cristiani di tutte le chiese e comunità cristiane separate sin da 1500 anni come le chiese antiche orientali, da 1000 anni come le chiese ortodosse, da 500 anni come le comunità protestanti, tutti quanti si sono accorti che questa divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del vangelo ad ogni creatura. Così il ristabilimento dell'unità era uno dei principali intenti del concilio Vaticano II». Con queste parole il card. W. Kasper ha aperto la relazione raccolta negli atti di un convegno svoltosi due anni or sono, ora divenuto un punto di riferimento dopo la promulgazione della Charta oecumenica a Strasburgo il 22 aprile 2001.

Nel momento in cui viene sancita la Carta Europea, è importante sottolineare che la credibilità del Vangelo è data dall'unità dei cristiani stessi. A partire dal documento della Charta oecumenica, le edizioni Banca del gratuito hanno raccolto in un unico volume i preziosi contributi che offrono uno spaccato tra memoria e profezia, in ordine alla causa ecumenica.

La ricerca della verità

Kasper tiene a precisare che «il problema ecumenico concerne la tesi dell'unicità della chiesa di Cristo che sussiste, cioè che è concretamente presente, nella chiesa cattolica e che le comunità che non hanno la successione apostolica nell'episcopato non sono chiese nel senso proprio. C'è una differenza nodale con le comunità protestanti. È del tutto naturale che, in una situazione di non ancora piena unità cristiana, sul cammino ecumenico ci siano delle pietre d'inciampo e a volte addirittura dei macigni. Tuttavia questo non deve scoraggiare e amareggiare, ma piuttosto spingere a proseguire sulla via del dialogo. Il nostro cammino non dovrà essere caratterizzato da uno spirito di indifferentismo, di relativismo o di falso irenismo poiché la verità dovrà essere ricercata in maniera autentica e senza compromessi fuorvianti. Novo millennio ineunte afferma con lucidità e realismo le tristi eredità del passato che seguono ancora oltre la soglia del loro millennio. La celebrazione giubilare ha registrato qualche segnale davvero profetico e commovente, ma ancora tanto cammino rimane da fare. Tuttavia, nonostante il cammino sia faticoso, esso è anche pieno di speranza e lo Spirito è capace di sorprese sempre nuove».

Verso quali prospettive e quale, dunque, lo scopo dell'impegno ecumenico? Il card. Kasper evidenzia che «il futuro ecumenico non è un viaggio nel buio, ma ha uno scopo chiaramente definito nel Vangelo secondo la preghiera del Signore alla vigilia della sua morte. Questo scopo è l'unità dei seguaci di Cristo. Più precisamente dobbiamo dire è l'unità visibile dei seguaci di Cristo perché la struttura della salvezza e della chiesa è "incarnatoria", perciò l'unità non può essere soltanto spirituale. In conformità alla dottrina cattolica esistono tre vincoli di questa unità:
1) La professione della stessa fede.
2) La celebrazione degli stessi sacramenti.
3) L'unità nello stesso ministero apostolico, particolarmente nell'episcopato nella successione apostolica e in comunione con il successore dell'apostolo Pietro principe degli apostoli e vescovo di Roma.
È quindi necessario imparare o continuare ad imparare dagli altri e con gli altri perché il dramma della divisione impedisce alla chiesa di attuare la pienezza della cattolicità nel suo essere e nel suo operare
».

«Qual è, dunque, lo scopo dell'impegno ecumenico?» si è chiesto il card. Kasper e ha proseguito:  «Il card. Ratzinger lo ha definito in modo molto breve e allo stesso tempo molto chiaro: le chiese devono rimanere chiese e tuttavia diventare una chiesa. Ciò vuol dire: sin dal concilio la nostra chiesa ha abbandonato il concetto di ecumenismo di mero ritorno e lo ha sostituito con il concetto di ecumenismo di viaggio, di pellegrinaggio a partire da una comunione imperfetta verso la piena comunione. Il concilio dichiara anche che l'unità non richiede affatto che si sacri fichi la ricca diversità di spiritualità, di disciplina, di riti liturgici e di elaborazione della verità rivelata a condizione che tale diversità rimanga fedele alla tradizione apostolica».
Impegnarsi per l'ecumenismo, è stato detto in modo chiaro ed evidente nel corso del tempo, non sta nel creare o dare vita all'unità delle chiese. «l'unità - prosegue Kasper - ha bisogno di essere accolta e sviluppata  in maniera  sempre più profonda, come scrive il Santo Padre. Inequivocabilmente questo imperativo è insieme forza che sostiene e salutare rimprovero per la nostra pigrizia e ristrettezza di cuore. Ma anche questa piena unità non possiamo né fare né costruire, solo lo Spirito di Cristo può rivelarci questa unità. Non possiamo fare l'unità, ma possiamo pregare per l'unità. Così il concilio, come l'enciclica Ut unum sint, ribadisce la priorità dell'ecumenismo spirituale e il primato della preghiera
».

Dono indistruttibile


Ma la Charta oecumenica, che di certo ha un taglio nettamente pastorale, su quali punti insiste, soprattutto per le implicanze della nuova Europa di oggi? Mons. Aldo Giordano, così afferma: «Il secondo capitolo della Charta è intitolato In cammino verso l'unità visibile delle chiese in Europa, quindi vengono indicati i passi che le chiese devono fare per crescere nell'unità visibile. Anche questo punto è molto delicato; infatti la chiesa cattolica afferma che in essa l'unità visibile già sussiste, ma anche i fratelli di Mosca hanno scritto la stessa cosa. Essendo le prospettive diverse, bisogna trovare dei testi che accettati da tutti».

In questo secondo capitolo, che tratta i passi che devono essere fatti per crescere nell'unità visibile, è stato dato il primato all'evangelizzazione. La prima responsabilità è essere credibili in Europa nel testimoniare il Vangelo, ma le divisioni minano tale credibilità. In questo capitolo leggiamo: «Ci impegniamo a riconoscere che ogni essere umano può scegliere, liberamente e secondo coscienza, la propria appartenenza religiosa ed ecclesiale. Nessuno può essere indotto alla conversione attraverso pressioni morali o incentivi materiali. Al tempo stesso a nessuno può essere impedita una conversione che sia conseguenza di una libera scelta».

Qui viene affrontato il tema del proselitismo, anche se questo termine non appare nel testo in quanto è troppo carico di emotività e di un pluralismo ermeneutico di interpretazione. Il problema è dato dal fatto che, da una parte, bisogna arginare quelle costrizioni che possono esistere in certe forme di annuncio del vangelo: dall'altra vi è il dovere dell'evangelizzazione e la libertà di coscienza.

Il secondo titolo di questo capitolo è Andare l'uno incontro all'altro. In esso si sottolinea il voler superare l'autosufficienza per scoprire la ricchezza di stare con l'altro evitando i pregiudizi. Siamo nella società dei media, dove tutto è trasparente ma, in realtà, «ci sono molti pregiudizi che nascono dall'ignoranza». Ed è sull'ignoranza che spesso nascono e prendono vita ambigue visioni religiose, specie in Europa. A tal proposito Mons. Giordano mette in guardia: «Come chiese ci accorgiamo che in Europa si diffonde un religioso molto ambiguo (le sette, un certo tipo di buddismo che entra in Europa che non è quello classico delle grandi vie dell'Asia). Probabilmente il buddismo avrà in Europa un'influenza maggiore di quella che avrà l'islam e l'incontro con l'Asia sarà la grande sfida del futuro (i due terzi della popolazione mondiale abita in Asia). Da una parte, come chiese, vogliamo difendere la libertà di religione di tutti ma, dall'altra, ci sono esperienze molto pericolose».

L'unità è il frutto di un amore nel segno della croee, è l'agape di Dio fatta anche di riconciliazione e di perdono reciproco. Ed è su questa linea che Mons. Chiaretti, nel redigere le conclusioni per quanto concerne lo scenario italiano afferma: «Dalla Charta oecumenica ci giunge un ulteriore invito alla speranza sapendo che l'ecumenismo è una realtà complessa, in continua evoluzione e questo documento vuole essere l'inizio di questo ulteriore processo di avvicinamento. Tuttavia c'è un preciso impegno morale, quello della receptio del documento multilaterale da parte dei cattolici in Italia delle diverse diocesi ed entro tre anni si farà una verifica sia sul testo che sulla receptio».

Da straordinario a ordinario


Quali le piste obbligate affinché questo documento non cada nel vuoto? Mons. Chiaretti indica alcuni punti-base: «I contenuti di questa carta devono essere conosciuti, acquisiti, divulgati dai vescovi in primo luogo ma anche dai presbiteri nella pastorale ordinaria delle chiese locali. Fino ad oggi abbiamo pensato che l'ecumenismo appartenesse alla pastorale straordinaria della chiesa oggi dobbiamo considerarlo come parte della pastorale ordinaria. Non si può annunciare con fedeltà il vangelo se non si entra appieno dentro questa dimensione ecumenica. I contenuti della Charta devono essere approfonditi anche in giornate e incontri di studio e di riflessione sia a livello popolare che a livello accademico vale a dire negli istituti di scienze religiose e negli istituti teologici Oggi è presente anche una particolare preoccupazione che riguarda il riqualificare l'insegnamento della religione cattolica che ha una sua dimensione storico-culturale all'interno delle scuole laddove viene scelto. È molto importante che ci sia questa consapevolezza della dimensione ecumenica e del dialogo interreligioso soprattutto per le caratteristiche della nostra popolazione scolastica sempre più pluralista e bisognosa di una lettura intelligente di queste diverse realtà religiose, come è altrettanto importante una preparazione adeguata dei catechisti e dei ministri laici. Tali contenuti... devono essere tradotti in forme concrete nelle celebrazioni ecumeniche e affrontati in forum di chiese e comunità ecclesiali anche limitati ad un particolare territorio per trovare poi concretamente punti di incontro e di collaborazione, inculturazione e di servizio reciproco».


AA.VV., Charta oecumenica per l'Europa. Prospettive di riconciliazione all'inizio del terzo millennio, ed. Banca del gratuito, (per richieste del testo: 0721/865012/13).

Letto 1712 volte Ultima modifica il Sabato, 18 Giugno 2005 21:01
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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