Ecumene

Domenica, 20 Marzo 2005 16:49

Un teologo analfabeta in missione agli inferi (Anna Maria Cànopi osb)

Vota questo articolo
(0 Voti)

Un teologo analfabeta
 in missione agli inferi

di Anna Maria Cànopi osb


 

Silvano del Monte Athos, nato nel 1866 e morto nel 1938 ha vissuto un’esperienza che solo un’anima immersa nel mistero di Dio può sopportare. Per questo gli si rivolgono tutti coloro che sperimentano l’assenza di speranza. E oggi sono una moltitudine.


Nel monastero di san Panteleimon sull’Athos, immerso nel silenzio notturno pregno di lacrime e preghiera, un piccolo monaco russo Silvano, lotta contro le tentazioni diaboliche.
Signore – grida – insegnami cosa devo fare perché la mia anima diventi umile. La risposta sorprendente: Tieni il tuo spirito agli inferi e non disperare.

Da quel momento Silvano si consegna al crogiolo della prova, obbediente a Cristo, e lo Spirito Santo lo investe pienamente, trasformandolo in un'incessante preghiera per tutti i disperati. Pur essendo quasi analfabeta, diventa un vero teologo della divina Misericordia, un testimone dell'amore senza frontiere che abbraccia anche i "nemici" e tutti i miserabili di questo mondo orgoglioso e disperato.

Spinto dal desiderio di salvezza per tutti gli uomini, si unisce al sacrificio di Gesù per versare il proprio sangue in un continuo martirio consumato nell'anima, nascosto al mondo e noto solo a Dio.

Silvano considera come gli uomini perseguano la volontà propria andando su strade di rovina: Essi - dice - sperano di trovare la felicità senza il Signore, non sapendo che solo il Signore è la nostra vera gioia.

Abituato a contemplare la natura, vede il mondo delle anime quasi fosse un giardino coltivato dal divino Agricoltore: Come il sole ravviva i fiori del campo e il vento li culla, così Dio riscalda l’anima infondendovi la vita.

Poiché la santificazione avviene ad opera dello Spirito Santo, è questo il dono che Silvano implora per tutti, mentre egli stesso ne già stato ricolmato fin dalla giovinezza e il suo volto, trasfigurato dalla fiamma divina, splende di spirituale bellezza.

Premuroso di trasmettere agli altri il segreto della felicità che egli ha trovato pur stando agli inferi, là dove si patisce l'assenza di Dio, sollecita tutti al pentimento e alla docilità: Perché uno conosca il Signore non ha bisogno di essere ricco o sapiente, ma deve essere obbediente, sobrio, avere uno spirito umile e amare il prossimo.

L'autorevolezza spirituale dovuta alla sua santità attira allo starec Silvano una moltitudine di persone tribolate; ed egli si prodiga senza misura nel ministero della consolazione, consolazione che egli stesso riceve da Dio proprio accettando di tenere la sua anima agli inferi senza disperare.

 


Dopo aver avuto, all'inizio del suo cammino, la grazia straordinaria di vedere per un istante il Signore nella gloria, Silvano paragona il proprio dolore di non vederlo più a quello di Adamo allontanato dal Paradiso e lo esprime facendosi solidale con ogni uomo peccatore e disperato: La bellezza dei boschi e dei parti non mi dà riposo. Il canto degli uccelli non lenisce il mio dolore. Nulla, più nulla mi dà gioia. L’anima mia è affranta da un dolore troppo grande...Dove sei Signore? Dove sei, mia Luce? Dove si è nascosta la bellezza del tuo volto?

Questo dolore e questa struggente nostalgia sono assopiti nel cuore di ogni uomo. Quando si risvegliano nel cuore di un santo, il mondo riceve il battesimo delle lacrime e, lavato, è restituito più bello a Colui che l'ha creato e sempre lo rinnova col suo Amore.

Il 24 settembre 1938, mentre sul Monte Athos si spegneva lo starec Silvano, cominciavano a divampare i sinistri fuochi della Seconda guerra mondiale, frutto di odio e sete di potere...

Dov'era l'amore ai nemici per cui egli aveva tanto pregato e sofferto? E dov'è oggi? Osiamo credere nel cuore di chi, nonostante tutto, ha ancora il coraggio di pregare con le stesse parole dell'umile monaco:

Consolatore buono, con le lacrime agli occhi ti supplico: conforta le anime angosciate; fa’ conoscere a tutti i popoli la tua voce che annunzia: “Vi sono rimessi i peccati”.

Sì, o Misericordioso, tu solo puoi compiere meraviglie e non vi è meraviglia più grande di questa: amare e perdonare.

(da Luoghi dell'infinito, n. 72 marzo 2004)

Letto 2312 volte Ultima modifica il Martedì, 07 Giugno 2005 02:21
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search