La mansueta follia della croce
contro il male del fondamentalismo
di Giancarlo Bruni
Il fenomeno "fondamentalismo" pone dei problemi di vocabolario, di geografia e di storia che ne impediscono una definizione e un uso univoci. Senza entrare nel merito di una questione attualissima, e in termini non esaustivi e sicuramente criticabili, possiamo caratterizzare il "fondamentalismo" come una delle visioni organiche del mondo a partire da puntuali "fondamenti".
In sintesi, i propri "Libri" fondativi e identificativi accostati in maniera acritica e considerati in maniera apodittica testi da cui si deduce immediatamente e direttamente la legge di Dio, legge-verità che deve plasmare la convivenza umana, con conseguenze di chiusura, di resistenza e di ostilità nei confronti di quanti non si riconoscono o si oppongono all'applicazione socio-politica di tale prospettiva. Questo spiega, a partire dagli inizi del secolo scorso, l'opposizione dei fondamentalisti cristiani di matrice protestante del Nord America nei confronti della modernità e del cosiddetto cristianesimo liberale perché aperto al dialogo ecumenico e interreligioso e a una variegata gamma di interpretazioni o ermeneutiche bibliche.
Un fondamentalismo questo, di matrice protestante di lingua anglosassone, con taluni ed evidenti punti di convergenza con l"'integralismo" cattolico degli stessi inizi del secolo scorso, divergente dal primo per l'importanza data al magistero come istituzione mediatrice della volontà di Dio e dell'approccio al Libro. A ben vedere ancora una volta è in gioco il problema del rapporto fede-storia, Chiesa-mondo. Ma è nell'oggi che il problema è esploso in tutta la sua crudezza diventando questione mondiale. Si contendono, infatti, in uno scontro senza riserve di violenza, la piazza del mondo più fondamentalismi, più visioni totalizzanti che si presentano esclusive ed escludenti.
È la cronaca che abitiamo: «Questa è una crociata contro il Male assoluto, Dio non è neutrale davanti al Bene e al Male: Dio è con l'America». Parole dl George W. Bush in risposta all'attacco delle Torri gemelle, a sua volta giustificato dal Dio del Corano.
Ciò che mi preme sottolineare, al di là delle reali e inconfessate ragioni sottese a questo guerreggiare inteso come scontro di civiltà, è che i riferimenti religiosi a suo sostegno non vanno sottovalutati e la provocazione va accolta: Dio dove sei? Con chi stai? Sei davvero il fondamento di questa tragica deriva umana?
Domande che pongo anche al fondamentalismo islamico: il fondamento della propria religiosità è necessariamente violento? E che pongo ovviamente all'uso del nome di Dio e del ricorso alla civiltà cristiana che viene fatto nel cristianesimo stesso in questo tempo per molti versi apocalittico e manicheo.
In verità, nessuna religione può essere identificata con il suo estremo fondamentalista, tuttavia il fondamentalismo dai molti volti ha costretto e costringe ogni religione e le Chiese cristiane a ridiscendere nella propria profondità e a riconsiderare il proprio "fondamento".
Perché, come ha scritto David Turoldo, «sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che posa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita». E per le Chiese non si dà altro «fondamento che Cristo» (1 Cor 3,11), la via alla verità di Dio (Gv 14,6) in quanto sua Icona (Col 1,15), sua Parola (Gv 1,1.14) e sua Esegesi (Gv 1,18), per tutti e da tutti visibile e intellegibile in maniera decisiva e inequivocabile sulla Croce (Gv 19,20.37), e per tutti e da tutti udibile nei detti sull'amore del nemico del Discorso della montagna. Il "fondamento" che è Cristo, un Vivente e non un Libro, un parlante nello Spirito che libera dal fermarsi alla lettera che uccide per pervenire alla parola che dà vita (2Cor 3,6), parola mai esaurita e mai conclusa dalle sue legittime e molteplici interpretazioni, non autorizza «fondamentalismo» alcuno. Al contrario, si pone come amore incondizionato e in forma unilaterale per ogni creatura sotto il sole, sempre dalla parte delle vittime e sempre bacio al carnefice e a quanti lo strumentalizzano, perché Dio non vuole la loro morte, ma che si convertano e vivano (cfr. Ez 33,11).
La domanda per le Chiese, pertanto, è una sola: come abitare la terra nel tempo del male fondamentalista? Che fare? «Dentro lo spessore del male introdurre la follia della compassione... Ho la responsabilità di far diminuire il male con la giustizia e la carità. Questa è la compassione... la poetica dell'agape» (Paul Ricoeur). E questo esserci come scandalo e follia è il linguaggio del Dio di Cristo verso ogni fondamentalista, un messaggio a cui le Chiese devono convertirsi a segno di un "fondamento" che guarda con amore e agisce con amore nei confronti di qualsiasi diversità, compreso il proprio assassino, il proprio oppressore, a qualsiasi religione, etnia e cultura appartenga.
Non si dà altra via di salvezza, come testimonia il Testamento spirituale di frère Christian, uno dei monaci trappisti uccisi in Algeria: «Venuto il momento, vorrei avere quell'attimo di lucidità che mi permette di sollecitare il perdono di Dio ...e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito, ...amico che non avrai saputo quel che facevi... E ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso... Insc’Allah, ad-Dio», al Dio che ha deposto al cuore di ogni religione e coscienza come suo fondamento vero la lingua materna comune della cura dell'altro.
(da Jesus n. 9, settembre 2004)