È sempre più raro, specie nei centri urbani, che un ministro ordinato possa accompagnare processio-nalmente il feretro al cimitero, sia per il sovraccarico degli impegni pastorali, sia per le norme municipali riguardanti il traffico cittadino. Laddove è ancora possibile (nei piccoli centri rurali) la processione, magari al suono delle campane, ha ancora un forte impatto emotivo. Tuttavia essa deve assumere una chiara e preponderante dimensione di fede e non ridursi semplicemente ad un mesto accompagnamento. Per questa ragione durante la processione il rituale propone di cantare o recitare alcuni salmi «oppure si possono eseguire altri canti adatti o recitare preghiere tradizionali» (RE 90).
Quest'ultima proposta lascia intendere la possibilità di recitare eventualmente il rosario. Tuttavia il rituale suggerisce di cantare o recitare le litanie dei santi che per la loro semplicità sono assai adatte per questo momento rituale. Le litanie, infatti, sono nate proprio per accompagnare una processione.
È opportuno ricordare che il sussidio della Cei Proclamiamo la tua risurrezione offre invocazioni e orazioni adatte per strutturare una preghiera popolare e corretta anche per questa eventuale processione. «Se il sacerdote (o il diacono) non può seguire il corteo fino al cimitero, le preghiere per la processione e la sosta al cimitero, eccetto la benedizione al sepolcro, possono essere pronunciate, secondo l'opportunità o l'esigenza pastorale, anche da un laico» (RE 89).
Se non c'è alcun accompagnamento al cimitero, la sepoltura o tumulazione rischia purtroppo di essere compiuta nel totale silenzio, rotto, forse, da qualche singhiozzo. Si tratta di un momento fortemente traumatico: la terra o un muro di mattoni ci separano definitivamente dal corpo dei nostri cari. Un momento che solo la luce della fede, alimentata dalla parola di Dio, può illuminare. Anche se il rituale non lo prevede esplicitamente, non sarebbe affatto fuori luogo proclamare un adatto brano della Scrittura, per quanto breve, non a caso, ma scelto in precedenza, tenuto conto della persona defunta, delle persone presenti e della particolare circostanza.
Le esequie, in modo speciale, richiedono sempre questa impegnativa attenzione alle persone. È un atto di carità che i familiari non dimenticheranno mai. Se non ha già avuto luogo in chiesa, questo è un momento nel quale la professione di fede (prevista dal rituale) assume tutta la sua forza. Se le persone presenti non sembrano essere assidui praticanti, sarebbe meglio usare la più semplice e triplice professione di fede battesimale dialogata (cf RE 179).
Davanti al sepolcro, con un gruppo certamente più ristretto di familiari e amici più intimi, non è un superfluo prolungamento accogliere la proposta del rituale che prevede un'ulteriore preghiera dei fedeli con suggerimenti per un'opportuna e doverosa personalizzazione (cf dal cap. IV formulari III-VII, pp. 157-166; cf anche la ricca varietà dei formulari ai nn. 209-213). L'importanza di questo momento rituale per alimentare e professare la fede nella risurrezione suggerisce che, se non è possibile la presenza di un ministro ordinato, né di un laico idoneo incaricato dalla comunità parrocchiale, è possibile incaricare qualcuno dei familiari maggiormente inseriti nella vita della Chiesa per guidare questa preghiera. Sull'esempio della Chiesa di Francia sarebbe opportuno pensare alla pubblicazione ufficiale di un libretto ad uso dei laici per tutti quei momenti in cui essi possono guidare la preghiera liturgica per i defunti.
Le rubriche suggeriscono di concludere il rito della sepoltura con il canto (cf RE 98). Una conclusione ideale, ma possibile soltanto quando il defunto è accompagnato alla sepoltura da familiari e amici abituati a partecipare alle celebrazioni della comunità cristiana. Il canto, infatti, è in grado di esprimere i sentimenti di affetto e di fede con una forza assai più incisiva delle parole (cf RE, Precisazioni, 4). Una rubrica propria al rituale italiano accenna alla possibilità di «accendere un cero sulla tomba o presso di essa». Un gesto popolare ed eloquente da prendere in considerazione tenendo sempre conto delle persone e delle diverse situazioni.
Silvano Sirboni
(Vita Pastorale, n. 6, 2013, p. 46)