In concomitanza con il cambio dell'ora legale, il 29 marzo, qualcuno ha scritto sui social: «Oggi resterò in casa un'ora in meno». Una battuta di spirito che dice molto. Tutta la fatica a restare confinati in casa ai tempi del coronavirus. Ma anche il fatto di avere tempo – un lungo tempo che ci si ritrova a gestire in questa nuova, inedita situazione esistenziale.
«Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo» (1), ci ricorda il libro del Qoelet. Ma se il nostro tempo, fino a poche settimane fa, era ritmato secondo schemi abitudinari, la forzata reclusione domestica ha mandato in frantumi le cadenze delle nostre giornate. Ci ritroviamo, forzatamente, ad avere tempo. Molto tempo. Se i nostri giorni prima erano caratterizzati dalla fretta e dalla mancanza di tempo, ora ci ritroviamo a sperimentare l'opposto: la calma e la stasi in un'abbondanza di tempo.
Sentiamo la necessità di riempire, in qualche modo, tutto questo tempo – per non essere sommersi dalla noia. Per la nostra salute mentale. C'è chi s'è dato alle pulizie domestiche e chi alla cucina. Ci sono quanti hanno trovato sfogo in tutto ciò che possono offrire i social media, internet, la televisione, i videogiochi, la musica ecc. Altri hanno trovato rifugio nella lettura. Il gestire il proprio tempo, per tanti, vuol dire anche gestire la fatica del tempo dei figli o degli altri congiunti…
La forzata, prolungata convivenza ha dilatato anche il tempo dei conflitti familiari o tra vicini di casa. Per chi vive da solo, invece, il peso della solitudine si è acuito, nell'impossibilità d'incontrare altri familiari, amici, conoscenti. Si è sbilanciati verso il dopo, a quando tutto questo – e si spera quanto prima – finirà. Quasi una negazione di quanto si sta vivendo, nell'attesa soltanto del dopo.
L'attuale esperienza ci svela il fatto che siamo abituati ad abitare soltanto un tempo riempito. Non amiamo il vuoto. D'altra parte l'intera nostra società si fonda sull'agire. L'inattività (ozio) è ritenuta portatrice di una serie di negatività: povertà, miseria, ignoranza, vizio, ecc. L'uomo della modernità è homo faber. Si contraddistingue e si realizza proprio attraverso il fare. Dominati dalla velocità (2), quante volte ci siamo detti e abbiamo ripetuto agli altri di non avere tempo?
Eppure, ora abbiamo tempo. Molto tempo. E ci accorgiamo di non riuscire più a riempirlo.
Nonostante la psicologia abbia larga parte nella vita personale e sociale – ed anche nell'esperienza religiosa – l'avere tempo a stare con se stessi rappresenta un'esperienza poco praticata. Il silenzio è stato allontanato dalla nostra vita (3). Viviamo una vita annoiata, riempita con mille ritrovati tecnologici. Ma ogni momento di crisi è neutro. Di per sé le crisi non rappresentano soltanto situazioni dagli esiti negativi. I giorni critici che ci troviamo a vivere, nel bene e nel male, sono un'opportunità che c'è data. Per imparare a vivere un tempo pieno, un tempo fecondo e non soltanto un tempo occupato da mille cose – per allontanare da noi la noia.
L'avere tempo rappresenta un elogio della lentezza. Quella lentezza che ci permette di poter sperimentare il gusto per ogni momento dell'esistenza. A coltivare ciò che facciamo, momento per momento, come ammaestra soprattutto la saggezza orientale. Quella saggezza che insegna a disporre i fiori, a gustare una tazza di tè, ad osservare la luna e non il dito che l'indica… E, al tempo stesso, la lentezza ci permette d'essere permeabili ai ricordi e al fare memoria. Una lentezza feconda che aiuta ad assegnare il giusto valore a ciò che si sta vivendo e a rendersi conto del superfluo e dell'inutile.
«Per ogni cosa c'è il suo momento». Oggi c'è dato il tempo di sperimentare l'astenersi dagli abbracci e di tacere (4). Il tempo del silenzio e dell'avere tempo. Il tempo per stare un po' più con noi stessi e per ripensare le nostre relazioni. Il tempo – in questi giorni che ci svelano tutta la nostra fragilità e vulnerabilità –, per discernere per che cosa valga la pena giocarsi la vita.
Non ci sia dato – dopo – il rimpianto per un'abbondanza di tempo non usato.
Papa Francesco ha ripetuto con insistenza che il tempo è superiore allo spazio (5). È ciò che possiamo sperimentare in questa nostra vita, ora confinata in spazi angusti, ma con la sua abbondanza di tempo disponibile. Nell'esperienza cristiana questo è il tempo opportuno. La salvezza non è relegata ad un dopo, ad un domani o ad un più tardi. Per chi sa vivere il tempo, l'adesso, il qui e ora è portatore di un'assoluta novità: la possibilità del nostro incontro con Dio.
Perché, se c'è data un'abbondanza di tempo, la scelta che c'è offerta è tra lo scialo o il farne tesoro.
Faustino Ferrari
1) Qo 3,1.
2) È stato il movimento futurista, agli inizi del secolo scorso, a fare della velocità l'elemento fondante della modernità.
3) Cfr Faustino Ferrari, Liberare il silenzio, Milano 2018.
4) Cfr Qo 3,1-11.
5) Questo concetto appare sia nell’enciclica Lumen Fidei, sia nella Laudato Si’, nonché in entrambe le sue esortazioni apostoliche, la Evangelii Gaudium e la Amoris Laetitia.