Formazione Religiosa

Giovedì, 02 Maggio 2019 23:03

La cattolicità non è in discussione (Dario Vitali)

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In chiave di recezione del Concilio, uno dei punti più scottanti rimane la questione della «precedenza ontologica e temporale» della Chiesa universale rispetto alle Chiese particolari.

In chiave di recezione del Concilio, uno dei punti più scottanti rimane la questione della «precedenza ontologica e temporale» della Chiesa universale rispetto alle Chiese particolari. Il dibattito si è sviluppato quasi esclusivamente intorno a Lumen gentium 23 e alla sua corretta ermeneutica: «I vescovi, singolarmente presi, sono il principio visibile e il fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari, formate a immagine della Chiesa universale, nelle quali e a partire dalle quali (in quibus et ex quibus) esiste l'una e unica Chiesa cattolica». Commenterò a suo tempo il testo: qui mi preme richiamare l'attenzione sul fatto che, per spiegare la «mutua interiorità», non venga mai preso in considerazione LG 13, dove a tema e proprio la cattolicità della Chiesa. Anche per il Concilio dovrebbe valere il principio dell'ermeneutica biblica che la Scrittura si spiega anzitutto con la Scrittura: passi paralleli si confermano e si illuminano a vicenda.
In LG 13, peraltro, la prospettiva universalistica dell'ecclesiologia conciliare non solo è fuori di ogni dubbio, ma è spiegata in tutte le sue implicazioni. Il testo, infatti, fissa il principio che «tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio», per dedurne poi, come ovvia conseguenza, che questa universalità si misura sulle coordinate dello spazio e del tempo: «Questo popolo, restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il quale in principio ha creato la natura umana una, e vuole infine congregare insieme i figli suoi che erano dispersi». L'idea riprende LG 2, che parla del «liberissimo e arcano disegno di sapienza e bontà» del Padre, creatore di tutte le cose, quale «ha decretato di elevare gli uomini alla partecipazione alla sua vita divina».

Da quel principio scaturiva una lettura della storia della salvezza che scandiva le tappe a partire «dal principio del mondo» per manifestarsi poi nel tempo attraverso la preparazione nell'antica alleanza, l'istituzione «nella pienezza dei tempi», la manifestazione alla Pentecoste, il glorioso compimento alla fine dei secoli.

Il paragrafo si concludeva con la citazione di Gregorio Magno che «tutti i giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale» (LG 2).

In questa linea si può comprendere anche la citazione di san Giovanni Crisostomo in LG 13, secondo cui «chi sta a Roma sa che gli indi sono sue membra», a sottolineare la cattolicità della Chiesa, nella quale «tutti i fedeli sparsi per il mondo sono in comunione nello Spirito santo». In chiusura di capoverso si dice esplicitamente che «questo carattere di universalità che adorna il popolo di Dio è un dono dello stesso Signore, e con essa la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l'umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo nell'unita del suo Spirito» (LG 13/b). Ancora, il quarto e ultimo capoverso afferma che «tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale, e alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini, chiamati dalla grazia di Dio alla salvezza» (LG 13/d).

Se un testo di tale tenore non viene utilizzato per fondare l'universalità della Chiesa i casi sono due: o non si è rilevata la pertinenza del testo all'argomento, o il testo non è funzionale alla dimostrazione che si persegue. In effetti, il paragrafo spiega la cattolicità della Chiesa sul principio dell'interscambio di doni tra le vane parti della Chiesa: «In virtù della sua cattolicità, le singole parti portano doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, di maniera che il tutto e le singole parti si accrescono con l'apporto di tutte, che sono in comunione le une con le altre, e con i loro sforzi verso la pienezza dell'unità». II testo applica questo principio a due distinte realtà in cui si manifesta la cattolicità della Chiesa: la diversità delle funzioni e degli stati di vita nella Chiesa e la comunione delle Chiese nell'una e unica Chiesa cattolica.

Nel primo caso, più familiare per la nostra esperienza ecclesiale, l'unità della Chiesa non cancella le differenze tra i suoi membri; anzi, è la composizione armonica delle diversità di uffici e degli stati di vita. Nel secondo caso la costituzione spiega la cattolicità della Chiesa attraverso la prospettiva della communio Ecclesiarum, con un testo che non può dare adito a fraintendimenti: «Così pure, nella comunione della Chiesa vi sono legittimamente le Chiese particolari, che godono di proprie tradizioni, rimanendo integro il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale della carità, tutela le varietà legittime, e insieme veglia affinché ciò che è particolare non solo non nuoccia all'unità, ma piuttosto la serva».

Dario Vitali

(da Vita Pastorale, luglio 2010)

 

Letto 1562 volte Ultima modifica il Giovedì, 02 Maggio 2019 23:11
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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