Formazione Religiosa

Sabato, 26 Aprile 2014 11:04

La madre di tutte le misericordie (Giordano Muraro)

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La madre di tutte le misericordie è quella di Dio. Le altre si dicono “misericordia” perché imitano la sua e attingono vita da essa. Esiste concordanza tra l’azione di aiuto dell’uomo e quella di Dio.

In Dio l'amore per le sue creature si colora di una modalità particolare, perché tiene conto della loro natura fragile e precaria. Diventa "bontà misericordiosa". Lo diciamo ogni mattina nel Benedictus. Dio non è solo bontà che diffonde intorno a sé il bene che possiede, ma tiene conto della natura delle creature che hanno bisogno di essere sostenute continuamente dalla bontà di chi le ha poste nell'esistenza. È come la presenza della madre: quando il figlio nasce continua ad avvolgerlo nel suo amore, dedizione, protezione, anche se in modo diverso da quando lo portava in seno.

La misericordia di Dio per l'uomo

Questo vale per tutte le creature, ma in modo particolare per la creatura che gli sta più a cuore, l'uomo. L'unica fatta a sua immagine. È uscita dalle sue mani luminosa e splendente, ma ha perso la sua bellezza e si è impoverita quando ha preteso di fare a meno del Dio che influiva in lei l'essere e la vita. Così era precipitata nella zona grigia del non-senso della sua vita.
È Dio stesso che racconta questa triste vicenda con delle parabole e degli episodi: la parabola della pecorella sperduta, del figliuol prodigo (o
del padre misericordioso), del buon samaritano; gli episodi del cieco nato, dello storpio, del sordomuto, dell'indemoniato; gli incontri con i peccatori, gli ipocriti, i saccenti e gli incoerenti, perché sono questi gli uomini che popolano la storia attuale e che hanno bisogno di una doppia misericordia: non solo quella generica di chi è precario e deve essere continuamente sostenuto dall'amore creatore e conservatore di Dio, ma anche quella di chi non sa più cosa fare di sé stesso dopo essersi separato da Dio.
Dio poteva chiudere la storia con l'uomo con un: «Te lo sei voluto», e «Chi è causa del suo mal pianga sé stesso». Ma Dio non ragiona come gli uomini. I suoi pensieri distano dai nostri quanto il cielo dista dalla terra, e anche il suo amore, perché il suo è un amore fedele. È da questo amore fedele che nasce l'amore doppiamente misericordioso di Dio per l'uomo.
Il secondo intervento misericordioso (quello portato sull'uomo peccatore) si rivela particolarmente complesso, perché non si limita a rimediare -con un'azione conservativa - alla strutturale precarietà della creatura, ma comporta l'espiazione della colpa „ e la rinascita a una vita nuova a cui £ l'uomo stesso deve partecipare. S  Quante volte abbiamo pensato che S  tutto sarebbe stato più semplice e più E  facile con un condono o con un colpo £  di spugna che cancellasse tutta la sto-| ria precedente e collocasse l'uomo i nell'alba di una storia nuova. «Ecco, a faccio nuove tutte le cose». Sarebbe nato un nuovo Adamo in un nuovo paradiso terrestre, una nuova umanità in un orizzonte nuovo di vita.
Ma questa soluzione avrebbe ignorato la dignità dell'uomo, che continua ad essere responsabile della sua vita anche dopo la sua ribellione a Dio. L'iniziativa è sempre di Dio, ma deve tener conto del fatto che l'uomo è stato da lui creato come un essere intelligente e libero, e quindi la sua salvezza deve avvenire in modo da rispettare queste sue caratteristiche. In altre parole: deve partecipare consapevolmente e liberamente all'opera della sua salvezza.

Le modalità della relazione di aiuto dell'uomo

Per capire le modalità dell'intervento misericordioso di Dio. possiamo aiutarci pensando a quello che avviene quando noi stessi vogliamo aiutare una persona in difficoltà. Sono necessarie tre condizioni.

1) Anzitutto è necessario che la persona chieda realmente aiuto dopo aver preso coscienza che da sola non riesce a superare la difficoltà; infatti sappiamo per esperienza che non è possibile aiutare chi non sente il bisogno di essere aiutato o chi non vuole essere aiutato.

2) In secondo luogo è necessario che noi conosciamo la persona e il problema da cui è afflitta, perché anche in  questo caso è inutile un intervento portato su una persona che non conosciamo e su un problema di cui non abbiamo una sufficiente conoscenza.

3) In terzo luogo è necessario che chi aiuta abbia la capacità di indicare un cammino di salvezza comprensibile e praticabile, e di convincere chi è in difficoltà a percorrerlo perché è sempre inutile proporre progetti irrealizzabili o proporli in modo non convincente. Quest'ultima operazione è spesso la più difficile, perché l'uomo è sempre libero, e nonostante le sofferenze che patisce preferisce restare nella situazione che conosce piuttosto che entrare in sentieri sconosciuti.

4) Per questo diventa spesso indispensabile una quarta condizione: la promessa di restarle al fianco nel cammino che proponiamo: «Lo percorreremo insieme, tenendoci per mano».

Le modalità

Esaminando la misericordia di Dio, vediamo che c'è una perfetta concordanza tra l'azione di aiuto dell'uomo e quella di Dio. E non ci stupiamo, perché è naturale che la creatura che è fatta a immagine di Dio, viva e agisca imitando proporzionalmente la sua vita e il suo agire. Dio ha modulato il suo intervento misericordioso in tre tempi o momenti: si è incarnato, ha condiviso la vita dell'uomo, ha tracciato l'itinerario pasquale che per primo egli stesso ha percorso.

1) Anzitutto si è incarnato, cioè ha preso la stessa natura dell'uomo. C'è una frase in italiano che indica lo sforzo di vivere la stessa vita di chi si vuole aiutare: «Mettersi nei panni dell'altro». Dio non si è accontentato di rivestirsi di panni umani, ma si è fatto uomo con gli uomini. L'uomo sa che il suo Dio, il suo Salvatore lo conosce non per un "sentito dire", o attraverso l'onniscienza che è propria di Dio, ma perché ha la sua stessa natura e vive "da uomo" tutto quello che incontra, cioè nelle sue stesse modalità.
Per questo Dio prima ancora che gli uomini scoprissero l'empatìa (vivere in sé i sentimenti dell'altro) ed elaborassero la terapia centrata sul cliente, ha inventato l'incarnazione, cioè "farsi" come l'uomo. Non c'era modo più efficace per capire la sua creatura che farsi come lei.

2) Ha accolto e condiviso in tutto la vita dell'uomo. Per salvare una persona non basta capire, ma è necessario accogliere la persona dopo averla capita e vivere con lei il suo stesso cammino di vita. I teologi parlavano della conversatio Christi, cioè di quella volontà del Dio fatto uomo di vivere la stessa vita della sua creatura, m tutto, eccetto il peccato. Ha condiviso la stessa terra, lingua, tradizione, cultura; le stesse condizioni sociali, economiche, politiche; gli stessi sentimenti di amore, di delusione, di amarezza, di gioia, di speranza, di sdegno.
Solo chi condivide dal di dentro la vita dell'uomo, può affiancarsi a lui con credibilità. È quello che hanno fatto i preti operai e che Papa Francesco continua a proporre invitando i pastori a uscire dal palazzo e a frequentare le periferie. Ed è quello che il Dio fatto uomo ha fatto per primo.

3) Infine, ha tracciato e percorso per primo l'itinerario della salvezza, fatto di passione, morte, risurrezione. Per essere misericordiosi, non basta capire e condividere. È necessario tracciare un cammino da percorrere per uscire dalla sofferenza. Qui si vede la grandezza, la saggezza, l'amore del Dio misericordioso. Non solo ha insegnato la via, ma l'ha percorsa per primo. È una via che non si limita a coprire gli errori, non ha riparato gli strappi mettendo un pezzo di stoffa nuova sul tessuto vecchio, non ha messo il vino nuovo in otri vecchi, ma ha tracciato un cammino simile al travaglio del parto dal quale nasce l'uomo nuovo. Gesù ha vissuto per primo nella sua vita questo travaglio fatto di passione e di morte.
Non si risorge se prima non si muore; e non si muore per semplice consunzione, ma perché si accetta di passare attraverso una purificazione, come l'oro nel crogiuolo, come il panno sporco nella lisciva, come il chicco di grano che marcisce per fruttificare, come chi conquista una vita nuova perché rinuncia alla vecchia. È il cammino che ha lasciato all'uomo come cammino di salvezza, che per primo ha percorso e che ha promesso di essere con la sua creatura quando lo percorre.

Conclusione: chi è misericordioso?

Rimaniamo stupiti e preoccupati quando sentiamo affermare che la nostra misericordia deve imitare quella di Dio. Spesso ci sentiamo buoni perché proviamo sofferenza di fronte alla sofferenza dei fratelli. Ma subito Dio ci dice che questo è solo l'inizio della misericordia. La misericordia vera spinge la persona a impegnarsi in una relazione di aiuto, come il buon samaritano, come i personaggi delle 14 opere di misericordia. E precisa che la relazione di aiuto deve in qualche modo imitare il cammino della sua stessa misericordia: un cammino che passa attraverso la fase complessa del capire l'altro, del condividere la sua sofferenza, del prenderlo per mano e aiutarlo a percorrere la via che porta alla salvezza.
Per questo alla fine di questa riflessione viene spontanea la domanda: esistono persone misericordiose o esistono solo persone compassionevoli, che si sentono a posto perché nel loro cuore è nato un piccolo sentimento di pietà nei confronti della sofferenza degli uomini e del mondo? La misericordia non è solo pietà e compassione, ma è azione. Certamente sono misericordiosi i santi che si rimboccano le maniche e si gettano dentro la sofferenza di ogni uomo che patisce non solo sofferenze fisiche, ma soprattutto sofferenze affettive, psicologiche, morali, spirituali. Certamente c'è misericordia in famiglia dove un padre e una madre circondano i figli di cura e premure perché non si perdano e per recuperarli quando si perdono.
Certamente esiste nella piccola vita di tutti quelli che ogni giorno sono attenti a quelli che sono loro vicini e diventano loro prossimi quando vedono che incappano nella sofferenza. Ci sono i professionisti della misericordia (san Tommaso dice che le diverse forme di vita religiosa possono essere ricollegate alle 14 opere di misericordia corporale e spirituale), ma ci sono anche i "piccoli" della misericordia che sono tutti quelli che non chiudono i loro occhi di fronte alla sofferenza dei fratelli, si chinano su ogni ferito che incontrano nella vita e si fermano per aiutarlo. Come ha fatto il buon samaritano per eccellenza, il Dio fatto uomo.
È proprio san Paolo che ricorda ai fedeli di Corinto (2Cor 1,3-4) che la nostra azione misericordiosa deve ispirarsi a quella di Dio e da essa prendere alimento. «Sia benedetto Dio, [...] Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio».

Giordano Muraro

(da Vita Pastorale, n. 7, 2013, pp. 45-47)

 

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Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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