Formazione Religiosa

Domenica, 10 Luglio 2011 21:51

Cristianesimo e religioni non-cristiane (Jean Daniélou)

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Intendo limitare la mia indagine alla sfera delle religioni pagane, e per 'religioni pagane' intendo quelle che sono al di fuori del contesto della rivelazione storica.

Un invito a considerare la natura delle religioni non-cristiane e il loro rapporto con la rivelazione cristiana ci è stato rivolto mediante l'istituzione del Segretariato per le religioni non-cristiane, e mediante il richiamo al dialogo con tutti i gruppi religiosi risuonato nell'enciclica Ecclesiam suam, come pure nella dichiarazione sulle religioni non-cristiane. Una dichiarazione preliminare per chiarire la nostra posizione su questo argomento è necessaria, se vogliamo evitare i due estremi: del sincretismo, che classifica il cristianesimo semplicemente come parte del fenomeno generale della religione, pur ammettendo la sua preminenza, e del settarismo, che non riconosce un contenuto positivo nelle religiosi non-cristiane. Quest'argomento è importante, oggi, sotto diversi aspetti, e precisamente: presentare il messaggio cristiano, stabilire dialogo e cooperazione con i non-cristiani, ed anche metterci in grado di discernere gli elementi pagani nel cristianesimo.

Intendo limitare la mia indagine alla sfera delle religioni pagane, e per 'religioni pagane' intendo quelle che sono al di fuori del contesto della rivelazione storica. Per conseguenza, non considererò la questione dell'islamismo, che è un caso del tutto particolare, con i suoi prestiti giudaico-cristiani. Inoltre, non intendo considerare il mondo non-religioso, che è a volte designato inesattamente con il termine 'pagano'. Il pagano è essenzialmente un uomo religioso, e niente è più opposto al paganesimo dell'ateismo.* Le religioni non-cristiane esprimono una dimensione della natura umana. L'uomo è fondamentalmente religioso, cioè, capace di riconoscere con l'intelligenza e di ratificare con l'amore la sua relazione con la divinità. Questo è vero storicamente, dal momento che i riti religiosi, insieme con gli utensili, sono considerati dall'etnologo come segni dell'avvento dell'uomo. È vero per lo psicologo, che riconosce nelle profondità dell'uomo una dimensione irriducibile alle altre sfere di esperienza. È specialmente vero per una sana filosofia che considera autentico l'umanesimo solo quando esso descrive l'uomo nella sua triplice dimensione: il suo dominio dell'universo attraverso la tecnologia, la sua comunione con gli altri attraverso l'amore, e la sua conversione a Dio mediante l'adorazione.

In questo senso, l'atto religioso non si riferisce esclusivamente a un altro mondo: è fondamentale a questo mondo. Una dalle aberrazioni del secolarismo contemporaneo è di pensare che si possa formulare un umanesimo senza di esso. Un mondo senza Dio è un mondo inumano. Dio è parte della civiltà. Questo è vero a un livello individuale, poiché l'amore di Dio è una condizione della completa realizzazione dell'uomo, dalla sua felicità; ed è vero anche a un livello collettivo, poiché l'atto religioso è parte del bene comune temporale. Parlo dell'atto religioso, senza tener conto delle forme usate per esprimerlo.

Sono stati fatti numerosi tentativi di dare all'atto religioso una spiegazione positivistica: cosmologica: il mistero della natura, che è semplicemente ciò che è tuttora inesplicato; psicologica: la sublimazione della vita istintiva, specialmente dell'eros; sociologica: la trascendenza è semplicemente l'espressione della sottomissione di un individuo alla collettività familiare e nazionale. Tutte queste spiegazioni derivano da fatti particolari non esattamente interpretati. I segni attraverso i quali il sacro si manifesta vengono confusi con la sua stessa sostanza.

È, di fatto, caratteristica distintiva delle religioni che esse percepiscano il divino attraverso le sue manifestazioni. Mircea Eliade chiama queste manifestazioni hierophanie. Esse possono essere classificate in diversi modi. Possono essere fenomeni cosmici: un cielo stellato, una tempesta con lampi e tuoni, una rupe immobile, immutabile, maestosa; un serpente, un'acqua tranquilla, e la luna per suggerire il mistero della fertilità. Tutti questi sono segni attraverso cui gli uomini di tutti i tempi hanno percepito una presenza divina. Quando un giovane sofisticato mette in ridicolo una vecchia donna perché si fa il segno della croce durante un temporale, non c'è bisogno di domandarsi quale dei due è intelligente!

La presenza del sacro è percepita ancor più fortemente attraverso le azioni umane. La sacralizzazione dei principali stadi dell'esistenza umana è uno dei tratti fondamentali di tutte le religioni. La nascita di un bambino, l'inizio dell'adolescenza, il matrimonio e la morte sono sempre accompagnati dai riti religiosi. Il ritmo stagionale del lavoro è celebrato in un ciclo liturgico. Le azioni umane riproducono le azioni modello compiute dagli dei nel mondo degli archetipi. Così, riti e miti esprimono un'esperienza fondamentale, per mezzo della quale l'uomo entra in contatto con un mondo che lo trascende.

Le spiegazioni positivistiche della religione errano nel tentare di identificare ciò che è essenzialmente un segno con la sostanza stessa della religione. Eliade e Van der Leeuw hanno giustamente osservato che non era il sole in quanto oggetto materiale che i discepoli di Mitra adoravano, ma attraverso il sole adoravano il potere benefico che è la fonte della luce e della vita. E se la religione è espressa attraverso strutture sociali, come Levy-Strauss ha giustamente messo in evidenza, ciò non è perché essa sia riducibile a quelle strutture: invece, mediante i rapporti umani fondamentali, l'uomo entra in contatto con una realtà che egli non può controllare e che lo mette in presenza del trascendente.

Finalmente, sperimentando in pari tempo sia i propri limiti, sia ciò che vi è in lui di assoluto, l'uomo percepisce la presenza di una realtà divina nel suo io interiore, distinta da lui e che pure agisce dentro di lui. L'uomo percepisce questa realtà nei freni della sua coscienza, che lo rendono consapevole dell'assoluto bene e dell'assoluto male; la percepisce nell'illuminazione della sua mente, che lo mette in contatto con una verità che abita nel cuore del suo essere; la percepisce nei richiami di un amore, che lo spingono a cercare, di là da tutto ciò che è finito, quel Dio che rende veramente buona ogni cosa buona. Ritirandosi dentro di sé, nelle profondità della sua vita personale, un uomo a volte rimane abbagliato, in un certo senso, nel percepire un raggio che proviene da un'altra fonte, ma è trattenuto nello specchio della sua anima.

Il regno della religione è una delle aree privilegiate dell'esperienza umana. Benché arricchita dalle scoperte scientifiche e dagli sviluppi creativi della società, l'esperienza umana non può trovare veicolo migliore della religione per esprimere il suo più intimo contenuto. Le grandi religioni sono l'espressione storica dell'atto religioso nell'umanità. Le grandi religioni sono, al tempo stesso, una sola e diverse. Sono una, perché corrispondono allo stesso livello di esperienza: nel suo modo particolare, ciascuna ci rende consapevoli dei modi in cui gli uomini hanno riconosciuto Dio mediante il mondo e lo hanno cercato di là dal mondo. Al tempo stesso, la diversità è parte dell'essenza delle grandi religioni. Ciascuna è l'espressione del peculiare genio religioso di un popolo. Di fatto, niente caratterizza un popolo meglio della sua religione. In questo contesto, l'antico assioma «cujus regio, ejus religio» è del tutto esatto. La religione forma parte del patrimonio di un popolo. E se la religione è espressione caratteristica del genio religioso di una razza, un uomo non può cambiare la propria religione più di quanto non possa cambiare la propria razza. Le religioni sono uno degli aspetti più notevoli della creazione e contribuiscono al suo splendore. Come, dunque, potrebbe il cristianesimo distruggere queste religioni? Il cristianesimo, con la sua missione di non distruggere ma di realizzare, di salvare ciò che è stato creato? Divenire cristiano non significa cambiare la propria religione, ma passare dal piano della religione a quello della fede. Ogni razza lo fa a modo proprio.

In questo senso, niente potrebbe essere più falso che identificare il cristianesimo come la religione dell'Occidente. Esso appartiene a un ordine del tutto differente. C'è una religione d'Occidente, ed è l'antico paganesimo: greco o latino, celtico o germanico. Questa religione è l'equivalente del moderno induismo o taoismo, dell'animismo o delle religioni degli indiani d'America. Shankara può essere paragonato a Plotino, Confucio a Socrate. Questa forma di paganesimo è valida quanto le altre. E non è troppo distante da noi, poiché in realtà noi siamo solo pagani convertiti. «Fiunt, non nascuntur Christiani», diceva Tertulliano, e noi potremmo tradurre quest'affermazione come segue: «Si nasce pagani, si diventa cristiani». Questo genio religioso dell'Occidente colora la maniera occidentale di essere cristiani. Noi abbiamo il dovere di essere fedeli a questa maniera occidentale, ma non di imporla agli altri. Ci sono vari tipi di anima pagana, e ciascuna ha la sua bellezza. Tutte meritano di essere salvate e tutte, in realtà, possono essere salvate. L'anima pagana dei semiti fu la prima ad essere salvata, in Abramo. Seguì poi l'anima pagana dell'Occidente: il cosiddetto battesimo di Platone e di Virgilio. Forse nel ventesimo secolo sarà l'anima pagana dell'Africa, e nel ventunesimo secolo l'anima pagana dell'India. Le differenze nel cristianesimo riflettono, nell'unità dell'unica fede che è necessariamente una, i differenti tipi di mentalità religiosa che accolgono questa fede, ciascuna a suo modo. Che diritto ho io di imporre agli altri la mia maniera di accogliere Gesù Cristo?

Specificare questi rapporti tra il cristianesimo e le altre religioni è evidentemente essenziale per stabilire il dialogo su una solida base. In questa materia, come nelle questioni ecumeniche, l'amore deve essere accompagnato dalla chiarezza, perché niente può essere fondato sulla confusione. Il sincretismo erra nel mettere tutto sullo stesso piano, rendendo, così, superfluo il dialogo. Ma c'è un errore equivalente, che deriva da atteggiamenti sentimentali e che consiste nell'evitare una chiara enunciazione di problemi fondamentali per timore di creare delle barriere. Un chiarimento del problema è necessario.

Abbiamo dato una descrizione del fatto religioso in generale. Il fatto ebraico-cristiano ci presenta qualcosa di assolutamente diverso. Non è semplicemente un insieme di mezzi per adorare Dio. È la testimonianza di un evento, di un evento che costituisce la storia sacra. Il libro sacro dei cristiani è una storia che dà testimonianza delle azioni di Dio, dell'invasione della storia da parte della Parola. Non è necessario essere cristiani per credere in Dio, ma è necessario essere cristiani per credere che Dio viene fra gli uomini. Le religioni sono un movimento dell'uomo verso Dio; la rivelazione dà testimonianza di un movimento di Dio verso l'uomo.

I risultati antitetici di questo fatto sono evidenti. L'oggetto di tutte le religioni è di manifestare Dio attraverso la ripetizione di cicli naturali ed umani. L'oggetto della rivelazione è un evento unico, designato come apax nella Lettera agli Ebrei. Se questo evento è unico, la rivelazione deve necessariamente essere unica. Essa consiste nel credere nella realtà di quell'evento unico. Le religioni, d'altra parte, sono normalmente diverse. Create dal genio umano, esse attestano il valore di importanti figure religiose — Budda, Zoroastro, Orfeo —, ma sono segnate dai difetti di ciò che è opera umana. La rivelazione è opera di Dio solo. L'uomo non può avanzare pretese su di essa, poiché essa non gli appartiene. È un puro dono. Per questo stesso fatto, essa è verità infallibile, in un senso che si applica solo a Dio.

La religione riguarda soprattutto la vita presente. È un aspetto dell'esistenza naturale dell'uomo; è il continuum di valori permanenti. La rivelazione è escatologica, riguarda le cose ultime, che sono al di là della portata dell'uomo. Essa è volta verso il futuro, è profetica. La religione esprime il desiderio che l'uomo ha di Dio. La rivelazione attesta che Dio ha risposto a questo desiderio. La religione non fornisce salvezza. Gesù Cristo soltanto assicura la salvezza. D'altra parte, la rivelazione non distrugge la religione, ma l'adempie.

La religione è il territorio dell'esperienza spirituale. È lo sforzo dell'uomo di sviluppare quella parte di sé che è volta verso il divino. Per conseguenza, il valore di una religione varierà in proporzione alle doti spirituali dei suoi aderenti. La rivelazione, d'altra parte, è il territorio della fede. Essa non è basata sull'esperienza personale: invece, chiede all'uomo di affidarsi all'esperienza di un altro, di Uno che venne dall'alto e nacque nella gloria. Da allora in poi, la rivelazione è offerta al povero. Solo la fede è importante, insieme con la grazia che opera nella debolezza umana.

Quindi, se c'è opposizione tra il cristianesimo e le altre religioni, questa opposizione non rappresenta realtà incompatibili della stessa categoria: significa, invece, una connessione tra le due realtà. Se vi è un pericolo nel sincretismo, c'è un eguale pericolo in un radicalismo che, in nome della fede, non riconosce l'atto religioso e la sua importanza. Un atteggiamento del genere è molto diffuso, oggi. Esso fa della distruzione della religione una condizione della fede, e si oppone violentemente agli elementi di paganesimo che rimangono nel cristianesimo. Considera, perciò, la distruzione della religione da parte dell'ateismo come una preparazione della fede.

Sembra che l'enciclica Ecclesiam suam reagisca con successo contro un siffatto atteggiamento. Respingendo l'ateismo come una perversione della natura umana, l'enciclica rivolge un fraterno appello alle religioni non-bibliche, rendendo così testimonianza sia alla loro vitalità sia ai valori che esse continuano a custodire. L'enciclica Evangelii praecones di Pio XII è specialmente importante perché ha dato un'ammirevole descrizione dell'atteggiamento del cristianesimo verso i valori religiosi pagani, dicendo che il cristianesimo ha assunto quei valori, li ha purificati e trasfigurati. Questi tre aspetti sono della più grande importanza. Innanzitutto, il cristianesimo assume i valori delle religioni pagane e non li distrugge. Ciò è vero teologicamente, poiché il Cristo, come abbiamo detto, è venuto per prender possesso di ogni uomo, e chi vale di più è l'uomo religioso. È vero anche storicamente. Infatti, sebbene il cristianesimo cominci sempre con l'identificarsi, in un paese pagano, opponendosi agli errori del paganesimo, successivamente assume gli elementi validi del paganesimo. L'evangelizzazione dell'Occidente fornisce una chiara prova di questo processo. Il cristianesimo ricuperò tutti i valori delle religioni greche e romane. La Vergine Maria sostituì le dee pagane nei templi. Natale e la Candelora sostituirono il ritmo delle celebrazioni pagane.

Un altro aspetto di quest'assunzione cristiana di ciò che è pagano nella rivelazione riguarda le sue diverse espressioni. Abbiamo detto che il genio religioso delle razze è differente e che il cristianesimo deve assumere questo genio peculiare in tutte le sue diversità. Comunque, fino ad ora solo il mondo occidentale è stato evangelizzato sia nella sua cultura che nel suo spirito religioso, e il cristianesimo che il mondo occidentale ha diffuso è stato un cristianesimo occidentale.

Qui sfioriamo problemi fondamentali. Un chiaro tratto della nostra situazione attuale è il rifiuto del cristianesimo da parte di razze del lontano e del medio Oriente in nome della loro propria religione. Dobbiamo ammettere che questa reazione è giustificata, in quanto la rivelazione cristiana ad essi presentata si identifica con il tipo di cristianesimo praticato in Occidente. Ciò che essi giustamente rifiutano non è il cristianesimo, ma la forma occidentale del cristianesimo. Questo è un caso di effettiva distruzione dei valori culturali a cui quelle razze hanno il diritto e il dovere di essere attaccate.

A questo punto, si potrebbe introdurre giustamente una difficoltà. Non è troppo ottimistico il giudizio che abbiamo dato del paganesimo? Il rapporto degli elementi pagani con il cristianesimo è solo quello di assunzione? L'uno non implica forse una frattura con l'altro? Questi interrogativi sono del tutto giustificati. Se prendiamo l'atto religioso nella sua realtà teoretica, esso è un aspetto della creazione, e quindi è buono. Ma questo atto, così come è stato, di fatto, espresso nelle religioni storiche, è sempre, più o meno, deformato. Le religioni dell'uomo, come tutte le cose umane, appartengono a un mondo segnato dal peccato e ne portano le tracce. In questo senso, esse sono ostacoli al tempo stesso in cui sono trampolini di lancio. Il secondo servizio che la rivelazione rende alla religione ha a che fare con questo aspetto della questione. La rivelazione purifica il paganesimo. È il Dio invisibile che il pagano adora attraverso realtà visibili, ma la sua adorazione spesso si arresta alle realtà visibili, e quindi degenera nell'idolatria. S. Paolo ce lo insegna nella parte iniziale della sua Epistola ai Romani: «Dalla creazione del mondo, gli uomini hanno intravisto qualcosa della sua invisibile natura, del suo eterno potere e della sua divinità, quali si manifestano attraverso le sue creature... ed essi hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con rappresentazioni dell'uomo corruttibile, di uccelli, di bestie e di rettili» (Rom. 1,20-23).

È certamente un fatto che le religioni pagane si presentano piene di elementi conturbanti e sinistri. A volte sembra che esse siano dominio privilegiato delle forze del male. I Padri della Chiesa non avevano interamente torto nel riconoscere forze demoniache all'opera, per cercare di divergere su sé medesime il naturale movimento del cuore dell'uomo verso Dio. I riti religiosi sono degradati dalla magia e ridotti a servire le passioni umane; la superstizione sostituisce la preghiera, il desiderio dell'insolito sostituisce il senso del mistero. Straordinarie perversioni, prostituzioni consacrate, sacrifici di bambini, mutilazioni sessuali: tutte queste cose sono il risultato, come osservava s. Paolo, di una perversione dello spirito.

A un livello più elevato, le più profonde ricerche delle religioni rimangono tentativo. Le linee di separazione tra il divino e il creato non sono mai chiaramente tracciate. Anche le più grandi menti non sono emerse da un panteismo che dissolve il divino nell'universo e non arriva all'idea di un Dio trascendente e personale. L'esperienza spirituale diviene un fine in sé: anche in quest'esperienza l'uomo si arresta a se stesso, e la sua più sublime dimensione diviene oggetto di auto-adorazione. Il mistero del male viene, per così dire, dislocato: è concepito o come un peso che l'uomo deve sopportare, o come il polo negativo dell'essere, eternamente opposto al bene in una terrificante dialettica.

Anche al livello della religione, dunque, il cristianesimo fa sentire la sua influenza. Naturalmente, sappiamo perfettamente bene che il cristianesimo è collocato su un altro piano. Lo abbiamo dimostrato descrivendo la sua specifica natura. Ciò nondimeno, anche a questo livello, il cristianesimo mostra un rapporto con i valori religiosi pagani. La salvezza portata dal Cristo non consiste nel sostituire un'altra realtà a quella della natura. È l'uomo, la sua propria creatura, che il Verbo viene a salvare, e l'uomo che egli ha creato è un uomo religioso. Quindi, il Verbo è venuto anche per trasfigurare i valori religiosi.

È facile dimostrare questa trasfigurazione ai diversi piani dove si trova l'atto religioso. A tutti questi piani, la vita dello Spirito santo viene a prender possesso dell'uomo religioso, per condurlo nella vita stessa di Dio. L'uomo pagano cerca Dio attraverso i segni naturali che manifestano la divinità; come dire che egli è separato da Dio da tutta la sua divina trascendenza. L'uomo non può attraversare l'abisso della trascendenza, ma Dio lo può. Egli cerca l'uomo, piccolo com'è, e lo innalza fino a se stesso, attirandolo nella propria intimità, cioè nella vita stessa della santissima Trinità.

Ma quest'uomo che è attirato nell'intimità della vita di Dio è lo stesso uomo che cercava Dio attraverso i segni. E questi stessi segni — queste hierophanie — che riuscivano a rivelare esteriormente la vita spirituale ora servono ad esprimerla interiormente. Se il fuoco esprimeva la potenza purificatrice di Dio, l'acqua la sua forza unificante e il soffio la sua potenza creatrice, tutte queste immagini possono ora designare le azioni delle persone divine. Lo Spirito è il fuoco che il Cristo venne ad accendere sulla terra, il soffio divino che ridestò gli apostoli, l'acqua viva che sgorgava dal trono di Dio e dell'Agnello.

Se gli atti religiosi dell'uomo sono stati il punto di inserimento del sacro, quegli stessi atti ora significano l'adempimento del desiderio che hanno suscitato. Ciò implica una nuova nascita, non della carne ma dello spirito, che dà origine ad una vita che è l'incorruttibile vita di Dio e non la fragile vita della carne. Ciò implica nozze che sono una partecipazione allo sposalizio del Verbo con l'umanità, che introducono l'anima alla partecipazione dei beni divini. Ciò implica la morte, che non è più una separazione dell'anima dal corpo, ma la deposizione della vita mortale allo scopo di risorgere con il Cristo.

L'esperienza interiore, inoltre, è parte di quella natura umana che è raggiunta dalla grazia. Naturalmente, se questa esperienza pretende di essere sufficiente a se stessa, specialmente se si considera superiore alla fede, diviene la tentazione suprema. Per contrasto, comunque, se si apre alla grazia, questa esperienza raggiungerà il supremo adempimento. Ma se, come ha detto il Padre de Lubac, il mistero non diviene mistica, se non si interiorizza, allora rimarrà al livello di una fede meramente esteriore e di una pratica formale.

Quest'ultima osservazione ci porta a due importanti questioni pastorali. Abbiamo detto poc'anzi che il rapporto tra il cristianesimo e il paganesimo è reciproco. Il cristianesimo è necessario perché la rivelazione sia adempiuta, ma la effettiva qualità di quest'adempimento dipende dalla qualità dell'uomo religioso trasformato dalla rivelazione. Per conseguenza, il cristianesimo ha bisogno di una religione naturale, proprio come ha bisogno di tutte le realtà umane, poiché la sua sola missione è di redimere ciò che prima è stato creato.

E qui ci troviamo di fronte al problema del sacro nel mondo contemporaneo. Se la grazia viene a prender possesso dell'uomo che è già religioso, che accadrà quando l'uomo non lo sarà più, quando egli avrà perduto il senso del sacro? Come può la luce divenire il simbolo del sole di giustizia che sorge a oriente per illuminare una nuova creazione, se il sole ha cessato di essere una hierophania ed è concepito come nient'altro che una colossale esplosione atomica?

Come può un pasto divenire il segno e il sacramento della comunione dei cristiani con il Cristo e degli uni con gli altri, se ha perduto la dignità e il carattere sacro che aveva una volta, ed è semplicemente la soddisfazione di un istinto e non più un'attività umana che esprime comunione? Come può l'amore umano, profanato dall'erotismo e svuotato del suo carattere sacro e del suo mistero, essere ancora un simbolo dell'amore del Cristo per la sua Chiesa? Come può la morte, privata dall'eutanasia del suo significato di atto personale di totale abbandono a Dio, significare ancora una transizione alla vita veramente autentica? Solo cose che hanno un significato possono essere trasfigurate. Il dialogo della rivelazione con il mondo pagano attraversa il problema della religione e dell'ateismo, cioè, il problema dell'uomo religioso. La rivelazione, di fatto, soffre meno della religione nel mondo d'oggi, ma quelli che pensano che la rivelazione possa andare avanti senza religione sono in errore. È l'errore di Bonhoeffer e di Tillich, e anche di Robinson che ripete le loro questioni. Se rivolta all'uomo senza Dio, la rivelazione non significa niente di più che attività umana, ha ragione, allora, Jeanson, di invitare i cristiani a liberare il cristianesimo dal peso di Dio, a liberare la rivelazione dalla religione.

Ma il problema è stato posto male, i suoi tratti caratteristici non sono stati chiariti. Il problema non è se la rivelazione può andare avanti senza il sacro: il problema è di conoscere i punti di contatto con il sacro: meglio ancora, poiché i punti di contatto con il sacro sono gli stessi, il problema è di sapere come possiamo esprimere nel linguaggio di oggi ciò che troppo spesso continuiamo ad esprimere nel linguaggio di ieri. Siamo prigionieri di parole, non veniamo alle prese con le cose.

Il sacro, in realtà, c'è sempre, ma noi non sappiamo come riconoscerlo, e per questa ragione non riconosciamo più l'uomo religioso che la fede deve raggiungere per salvarlo. Non si trova il sacro nelle retroguardie del tradizionalismo, nel mondo d'oggi, ma nelle prime linee della ricerca viva. Abbastanza stranamente, troviamo il sacro dov'è sempre stato, ma dove il mondo d'oggi lo scoprirà solo mediante un incontro nuovo e vitale. Come vide il padre Teilhard, il bisogno dell'adorazione torna a vivere nell'umanità in cammino.

Il sacro sorge ancora nel mondo della natura, precisamente nella misura in cui la scienza raggiunge nuove dimensioni. Il sole diviene nuovamente un segno sacro, precisamente nella misura in cui si scopre che esso è una colossale esplosione atomica, carica di tutto il terrore che queste parole suggeriscono agli uomini che sentono che questo fragile pianeta è minacciato. L'uomo moderno riscopre il sacro nelle profondità dello spazio e del tempo, immagini dell'infinito migliori di quel cosmo così limitato che suscitava sentimenti religiosi nell'uomo antico. Inoltre, è al livello dell'attività umana che la tecnologia, raggiungendo i propri limiti, si scontra con un mondo che non può dominare, e ritorna al mistero di Dio attraverso il mistero dell'uomo, immagine di Dio. Quando la tecnologia tenta di penetrare le più profonde realtà umane e sfiora le leggi della trasmissione della vita, essa incontra nell'amore umano un elemento che scaturisce dal mistero della comunione delle persone, un elemento che non può essere ridotto a principi eugenici o demografici. Quando la tecnologia incontra la morte si sente totalmente inadeguata, perché non ha risposta per spiegare il significato personale della morte, che implica, è evidente, il destino ultimo dell'uomo.

Il problema di domani non è il problema dell'ateismo. È il problema di un nuovo paganesimo che è in cerca di sé. È questa nuova fonte di dialogo che la Chiesa sta effettivamente cercando mentre ascolta la voce di questa epoca e cerca di interpretare i segni dei tempi. Perché Dio parla attraverso i segni dei tempi, nella natura umana. L'ateismo è solo una transizione dal paganesimo di ieri — quello della civiltà rurale — al paganesimo di domani — quello della civiltà industriale. Il paganesimo di domani è il problema religioso per l'uomo moderno. È questo problema che la Chiesa deve affrontare, perché è questo che essa deve assumere, purificare e trasfigurare, se deve essere ancora vero che un cristiano non è altro che un pagano in via di conversione.

Questo ci porta alla seconda questione, che concerne la presenza di elementi pagani nel cristianesimo. Che vi siano elementi pagani nel cristianesimo non ci dovrebbe sorprendere. Abbiamo visto che il cristianesimo ha bisogno dell'uomo pagano per salvarlo. Ugualmente, non c'è mai un cristiano in senso assoluto; ci sono soltanto dei pagani in vari gradi di conversione. Comunque, può accadere, e spesso accade, che l'elemento nettamente cristiano nel cristianesimo sia, in ultima analisi, impoverito e l'elemento pagano predomini.

È un fatto che molti cristiani vivono il cristianesimo non tanto secondo ciò che costituisce il suo contenuto specifico, ma piuttosto secondo il loro proprio modo di essere pagani, vivono, cioè, il cristianesimo come una religione. Poiché sono nati in paesi cristiani, essi adempiono per mezzo di riti cristiani il bisogno umano di consacrare gli atti principali della vita umana: nascita, matrimonio, morte. Questo paganesimo è superiore alle altre forme, perché è un paganesimo purificato, ma dobbiamo riconoscere il fatto che spesso non è niente di più di un paganesimo, privo di specifica fede cristiana.

Comunque, deve essere condannato questo tipo di paganesimo? In un mondo minacciato dall'ateismo, la sostanza del sacro dev'essere difesa dovunque si trovi. Il fatto che gli uomini non siano contenti di dissociare Dio dagli atti principali della loro vita è l'indicazione di una base religiosa che fornisce il terreno dove la fede può crescere. Inoltre, il cristianesimo richiede un approccio personale. È del tutto normale che, in un paese cristiano, molti vivano il cristianesimo come religione prima di scoprirlo realmente come rivelazione.

La tensione tra paganesimo e cristianesimo è completamente normale. Come abbiamo veduto, essa esiste non solo tra cristianesimo e religioni non-cristiane, ma anche tra cristianesimo come rivelazione e cristianesimo come religione, tra un cristianesimo personale e un cristianesimo sociologico, tra un cristianesimo impegnato e un cristianesimo abitudinario. Sarebbe un serio errore non riconoscere l'importanza di questa tensione, eliminare dal cristianesimo tutto ciò che non è impegno personale, disdegnare il cristianesimo sociologico. Un errore del genere significherebbe abbandonare all'ateismo un intero popolo che trova nel cristianesimo un mezzo per soddisfare il suo naturale bisogno di Dio nella forma più innocente, un popolo che trova disponibile nel cristianesimo il seme di rivelazione che germoglierà in qualcuno di loro.

Abbiamo detto che il cristianesimo non consiste nel conoscere Dio; per questo, è sufficiente la religione. Ma, in realtà, senza il cristianesimo, le altre religioni non conoscono il vero Dio, o, meglio ancora, non conoscono veramente Dio. È una cosa tremenda conoscere Dio veramente. È il compimento della natura dell'uomo, il fondamento della sua moralità, il cuore della sua società. La Chiesa ha sempre affermato che la sua missione non era solo quella di illuminare con la luce del Cristo il destino soprannaturale ed escatologico dell'uomo, ma anche di illuminare la vita naturale dell'uomo, fornendogli le condizioni della sua felicità terrena. Questo è qualcosa che non dobbiamo dimenticare.** Da questo punto di vista si può parlare di religione cristiana come si parla di filosofia cristiana, di civiltà cristiana, di usanze cristiane. Non che il cristianesimo possa essere semplicemente una filosofia, una civiltà, una religione, o un tipo di umanesimo, sia pure di altissimo livello. Questa interpretazione sarebbe completamente sbagliata. Il cristianesimo è più di questo: è un'azione salvifica di Dio. Ma esso consente altresì alle realtà umane di trovare la loro pienezza, anche prima di introdurre la trasfigurazione che le rende capaci di superare se stesse. In questo senso il cristianesimo esercita un'influenza sulla religione, aiutandola a purificarsi e a liberarsi dalle tenebre.

Ma è anche vero che nel cuore stesso del cristianesimo l'elemento religioso è soggetto a degradarsi. Esiste quindi il problema non di purificare il cristianesimo dal suo elemento religioso, bensì di purificare questo elemento religioso stesso. Molti elementi di pietà popolare — devozione alla vergine Maria e ai santi, processioni e pellegrinaggi, benedizioni ed esorcismi, medaglie e scapolari, candele e offerte votive — accrescono un elemento religioso che ha il suo posto nel cristianesimo e che la Chiesa ha sempre difeso contro coloro che vorrebbero eliminarlo. Ciò nondimeno, questi elementi religiosi possono facilmente degenerare in superstizione, e quindi hanno continuamente bisogno di essere purificati.

Da queste osservazioni possiamo trarre una conclusione circa l'attenzione che il cristianesimo deve prestare al paganesimo. Da una parte, il problema è complesso ed implica le religioni pagane tradizionali, il neo-paganesimo della civiltà industriale, ed anche il paganesimo all'interno della Chiesa. Dall'altra parte, c'è il valore del paganesimo. Preso come religione naturale, il paganesimo sembra essere una dimensione dell'umanesimo. Allo stesso modo, il paganesimo è un elemento del bene comune temporale, al tempo stesso che presenta al cristianesimo ciò che il cristianesimo è chiamato a salvare. Il paganesimo offre al cristianesimo i suoi punti di contatto con le religioni non-cristiane e con i bisogni del mondo contemporaneo. Cominciando con il paganesimo ed il suo orientamento verso il cristianesimo, diventa possibile un popolo veramente cristiano. Una falsa concezione della purezza della rivelazione in rapporto al paganesimo contraddirebbe allo spirito del mistero dell'incarnazione.

Jean Daniélou

* Cf. J. Daniélou, I santi pagani dell'Antico Testamento, Queriniana, Brescia 1964.

** Cf. M. Massard, Fede cristiana, verità dell'uomo?, Queriniana, Brescia 1968.

tratto da (a cura di) T. Patrick Burke, La parola nella storia, Queriniana, Brescia, 1968, pp.89-103)

Letto 6632 volte Ultima modifica il Martedì, 30 Aprile 2013 15:25
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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