Formazione Religiosa

Mercoledì, 17 Maggio 2006 02:27

Le sfide della globalizzazione alla Chiesa (Enrico Chiavacci)

Vota questo articolo
(2 Voti)

Tutte o quasi le possibilità sono in mano di interessi privati di enormi dimensioni, a cui, per loro stessa natura, la famiglia umana non interessa affatto se non come terreno di profitto. Contro questa tragica realtà la Chiesa è chiamata a schierarsi, senza timore di inimicarsi i poteri terreni.

1 – Nella teologia e nella spiritualità della Gaudium et spes la Chiesa è lievito e sacramento posto all’interno della famiglia umana e della sua storia.

Il titolo della Costituzione non è ‘la Chiesa e il mondo’, ma ‘la Chiesa nel mondo’, e per di più nel mondo ‘del nostro tempo’. La Parola che non passa deve essere annunciata all’interno di una storia che è un continuo fluire di rapporti fra esseri umani e fra gruppi di varia natura in cui ciascun essere umano vive ed è da essi condizionato. Oggi questo fluire appare estremamente veloce e complesso, sotto certi aspetti (che vedremo) totalmente nuovo rispetto a un passato anche recente. E tuttavia nell’annuncio del Vangelo l’intera famiglia umana, al di là e al di sopra di ogni divisione fra Stati, razze, culture, religioni (ricordiamo il diritto alla libertà religiosa sancito dalla Pacem in terris), è chiamata a trasformarsi in famiglia di Dio (GS 40), in una logica di convivenza che rifletta il puro amore della comunione trinitaria (GS 24). Questo gravissimo compito incombe oggi sulla Chiesa, e anzi sull’intera comunità dei credenti in Cristo, e su ogni singolo credente.

2 – Il Regno è già presente e operante nella storia (“Dominus finis est humanae historiae”, GS 45): sia attraverso l’azione misteriosa dello Spirito, da leggersi nei segni dei tempi (GS 11), sia attraverso la presenza sacramentale della Chiesa. La pienezza del Regno – la pace – sarà il dono finale del Risorto, ma la Chiesa deve accompagnare e sostenere la famiglia umana verso questo traguardo “Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20,21). È una vera battaglia della fraternità contro l’egoismo – le potenze delle tenebre – che durerà quanto la storia: una battaglia in cui ogni cristiano deve sentirsi inserito (“In hanc pugnam insertus”: GS 37). È questa la vera e grande battaglia per la pace. La pace sulla terra è “figura et effectus pacis Christi” (GS 78). La vera e nobilissima concezione di pace è rendere più umana la vita di ogni essere umano ovunque sulla faccia della terra (GS 77): e non solo per umana compassione, ma per fede in Cristo risorto.

3 – Oggi, e da non più di pochi anni, sono emersi e stanno emergendo possibilità tecnologiche che consentono di organizzare alcune strutture fondamentali della convivenza umana (non si convive senza strutture) che siano uniche per tutta la famiglia umana, a raggio planetario. L’umanità potrebbe davvero diventare famiglia umana, e l’idea tradizionale ed evangelica di ‘bene comune’ potrebbe e dovrebbe essere quella di ‘bene comune della famiglia umana. Non più una somma di stati sovrani ciascuno mirante al proprio interesse, ma vera convivenza nell’attenzione, nel rispetto, nel servizio reciproco. Ciò oggi assolutamente non è: Né si vedono all’orizzonte istanze o agenzie in grado di spingere in questa direzione. La Chiesa deve dunque vedere l’attuale situazione come una sfida al suo annuncio, sfida mai conosciuta prima ma che oggi si impone brutalmente. Esamineremo per brevi cenni come questa sfida si presenti in tre strutture essenziali della umana convivenza: le strutture economico-finanziarie, le strutture culturali, le strutture della comunicazione: La struttura politico-militare sembra anch’essa tendere all’unicità (in pratica al dominio di un gruppo su tutti gli altri), ma la sua attuale incertezza di contorni non ne permette l’analisi in questa sede.

II

Le strutture essenziali della vita economica sono due: produzione e distribuzione (mercato). Quanto alla produzione, oggi qualsiasi bene appena un po’ complesso – dalla videocassetta all’aereo 747 – viene prodotto per componenti, e i componenti vengono ordinati a ditte specializzate in diversi Paesi del mondo, in base a criteri di economicità (basso costo del lavoro) o di capacità produttiva (manodopera qualificata) L’ultimo aereo nato dalla Boeing – il B777 – attraverso uno speciale CAD (Computer Assisted Design) è stato costruito in diverse parti del mondo, totalmente fuori degli stabilimenti Boeing, che si sono limitati all’assemblaggio. Quanto al costo del lavoro, il costo orario medio europeo è di 20/30 USD.ora, ma nella maggior parte dei Paesi è sotto i 5 USD.ora, fino a mezzo USD.ora. Un’azienda grande o piccola produce dove crede meglio nel mondo.

Quanto al mercato, un grossista ha sempre sotto gli occhi, con le attuali tecnologie della comunicazione, tutti i produttori di un certo bene, la qualità, i costi, la quantità disponibile. I costi aggiuntivi del trasporto intercontinentale per unità di prodotto sono trascurabili (per motivi che qui non posso spiegare): comprare una grossa partita a Vigevano o a Macao è praticamente equivalente: Al Supermarket si trovano camicie da pochi soldi con l’indicazione dellugo di produzione (Macao, Cina, Isole Mauritius etc.).

Produzione e mercato sono oggi sostanzialmente planetari. È chiaro che fra Paesi di uguale o paragonabile potere economico ciò può favorire il consumatore. Ma i Paesi poveri devono sottostare ai prezzi imposti dal mondo ricco: se vuoi vendere, il prezzo è questo

Ma il punto più grave è oggi la componente finanziaria. Il capitale, sempre necessario per produrre o commerciare, non è più di un ‘padrone’. I grandi capitali sono in mano di grosse finanziarie che non sono minimamente interessate alla produzione: sono invece interessate al valore di azioni, fondi di investimento, bonds, e anche valute. Il profitto delle finanziarie consiste esclusivamente nello spostamento di capitali verso impieghi con migliori aspettative. Ogni giorno si muovono sulla faccia della terra molti trilioni (migliaia di miliardi) di dollari, con lo scopo esclusivo di massimizzare il profitto privato. Si muovono liberamente per via telematica in tempo reale da Tokio a Francoforte o da HongKong a Milano. Nessuno è in grado di monitorare o controllare questi spostamenti. I grandi capitali vagano nel cyberspazio in continuazione, sempre e solo in cerca di maggior profitto. : Molte altre considerazioni si potrebbero fare, ma sostanzialmente tutta la struttura economica planetaria è, o tende ad essere, dominata da questo criterio. E le conseguenze si vedono.

I dati che qui presento in forma sommaria sono presentati in forma analitica nelle Tabelle che saranno accluse al testo. L’elemento di confronto primario fra i vari Paesi o aree del mondo è il PNL (Prodotto nazionale lordo) pro capite. Esso non indica il reddito, ma la ricchezza in qualunque modo prodotta, espressa in dollari e divisa per il numero degli abitanti. È un indicatore grezzo, ma è sufficiente per scopi di confronto; il reddito di una famiglia media dipende invece dai criteri di allocazione propri di ciascun Paese, ma è in ogni caso limitato dal PNL.

Nei Paesi ricchi – Europa occidentale, Nord America, Giappone, Australia – il PNL pro capite oscilla mediamente fra 20.000 e 30.000 USD. In tutta l’America Latina oscilla mediamente fra i 1.000 e i 4.000: cioè tutta l’A:L: deve vivere per ogni bisogno con un decimo di ciò che è disponibile nel mondo ricco: Ma l’A.L. ha un altro problema: l’estrema ingiustizia nella distribuzione della ricchezza, endemica in tutto il continente (In Brasile su 160 milioni di persone circa 40 vivono su livelli paragonabili ai nostri, e gli altri 120 vivono delle briciole restanti, in condizioni di estrema miseria). In Africa, esclusi i Paesi mediterranei, il PNL pro capite oscilla fra i 100 e i 300 USD.anno, con rare punte fino a 600. Mediamente in tutta l’Africa subsahariana si deve vivere con meno di un dollaro al giorno, ivi comprese le spese pubbliche e governative: cioè con un centesimo di ciò che noi abbiamo. Nel sud-est asiatico – esclusa la Cina che ha dimensioni e strutture proprie, escluse Sud Corea e Taiwan per motivi geopolitici e in minor misura la Tailandia – il PNL pro capite è di poco superiore a quello africano: India, Bangladesh, Birmania, Cambogia, Laos, Viet Nam sono tutti sotto i 500 USD.anno.

Le conseguenze sono impressionanti. In Europa abbiamo una mortalità infantile (morti nel primo anno di vita su mille nati vivi) di 5; in A.L. si oscilla fra i 30 e i 60; in Africa subsahariana raramente si scende sotto i 100. L’attesa media di vita in Europa è intorno ai 78; in A.L. oscilla intorno ai 60; in Africa subsahariana è intorno ai 50, e spesso molto al di sotto. La situazione sanitaria è terribile, come appare dalla apposita tabella allegata. Il punto importante è che un minimo di qualità umana della vita è negata alla maggior parte della famiglia umana. Molti altri indicatori, quali disponibilità di energia (produzione e trasporti), sanità, scolarizzazione, non possono qui esser discussi: ma vanno tutti nella stessa direzione. Va però notato che in alcuni casi (Cuba, Viet Nam) gli indicatori essenziali sono molto migliori: con la stessa povertà in termini di PNL sono possibili risultati umani sempre poveri, ma molto diversi. Si pensi che gli USA, con un PNL di un terzo superiore all’Europa occidentale, hanno tutti gli indicatori inferiori a quelli europei.

Il fatto che preoccupa – e indica un male radicale – è che la forbice fra una piccola minoranza ricca e una grande maggioranza povera è praticamente stabile, almeno a partire dai dati del Rapporto Nord-Sud della commissione Brandt (1980). In molti casi la forbice si è allargata, in alcuni – nei Paesi più poveri – la povertà è cresciuta in termini assoluti. Ciò indica che, dal punto di vista di chi controlla i movimenti di capitale, tale situazione di equilibrio è vantaggiosa, almeno a breve-medio termine. La drammatica frattura fra l’umanità ricca e quella povera è così in parte creata, in parte deliberatamente mantenuta per propria convenienza, da volontà umana mirata al vantaggio privato di piccoli o grandi gruppi del mondo ricco. Proposte recenti per dimezzare la miseria in educazione e sanità per alcuni Paesi più poveri, e nel giro di 15 anni, richiedono 50 miliardi di dollari che non si trovano. La stessa cifra è stata chiesta dal presidente degli USA per far fronte alle attuali spese militari, oltre i 370 miliardi circa già stanziati nel bilancio della difesa.

La logica profonda della struttura economico-finanziaria è la ricerca ossessiva della massimizzazione del profitto (finanziario) privato. Mai come oggi il lavoro non è stato a servizio dell’uomo. Nei Paesi poveri il costo del lavoro è irrisorio, il lavoro minorile diffuso, e anzi talora necessario per la sopravvivenza della famiglia. Non sono rari i casi di genitori che vendono un figlio a un’azienda o una figlia a un bordello per far sopravvivere il resto della famiglia. Nei Paesi ricchi investimenti e fusioni di grandi corporations servono a ridurre i costi del lavoro: un aumento dell’occupazione può far scendere le quotazioni di borsa e viceversa. Sono cose ben note a chiunque si occupi del problema. Nella stessa logica si produce ciò che può essere acquistato dal mondo ricco, utile o inutile che sia. Non conviene invece produrre per soddisfare i bisogni essenziali dei poveri, perché il ritorno economico sarebbe inferiore. Non si investe nella ricerca per le malattie tipiche dei poveri – tubercolosi e malaria – perché gli investimenti per la ricerca non sarebbero coperti dai ritorni economici.

Tutto il sistema globale attuale è dominato da una logica direttamente antievangelica, in cui fraternità, condivisione, attenzione ai bisogni dell’altro sono spariti. La Chiesa è ovunque impegnata in mille forme di volontariato per aiutare i Paesi poveri: ciò è urgente e necessario, ma non risolve il problema. L’impegno vero dovrebbe consistere nell’annuncio del Vangelo contro ogni forma di individualismo (di singoli e di gruppi), e per una visione solidale con tutta la famiglia umana, visione in cui la cura dell’altro – chiunque esso sia – , l’attenzione alle sue basilari necessità, il servizio reciproco, e in fine il dono di sé, siano visti come inscindibili dalla fede cristiana. È questa una sfida non ancora compresa e non ancora accettata dalla comunità dei credenti in Cristo. L’elemosina cristiana o umanistica serve spesso a celare una logica di convivenza che nulla ha di cristiano o di umano.

III

Il problema di come sia pensabile una globalizzazione fra aree culturali diverse è un problema aperto, fonte di molti studi e discussioni. Ma a livello pratico – non teorico –vi è una tendenza verso una omologazione culturale di cui diremo nell’ultima sezione dedicata ai media. Occorre tener presente, come fondamentale per la nostra riflessione il concetto antropologico di cultura e di pluralità di, e relazioni fra culture. Ogni essere umano è condizionato dalla nascita, e anche prima, dall’ambiente umano in cui si inserisce. Tale ambiente – la cultura appunto – è in pratica un sistema relativamente stabile di strutture che vengono memorizzate inconsciamente come le uniche pensabili dal bambino, e che restano in memoria come modelli operativi, cognitivi, valutativi. Tali strutture sono relativamente stabili, ma sempre sono sottoposte a modificazioni, talora molto lente, sia endogene che esogene (il contatto con altre culture). Il significato profondo dell'esistenza, il rapporto col cosmo (la natura), i precetti morali (in genere socialmente approvati) di comportamento, variano da cultura a cultura.

Ciò ha portato, nel secolo XIX, alla convinzione che la cultura occidentale è superiore a tutte le altre, considerate come stadi arretrati: il termine colonialista inglese di ‘native’ (indigeni) ha tuttora un significato di compassione e disprezzo. Ciò, fra parentesi, giovò da copertura morale alle conquiste coloniali. Solo verso gli anni ‘30/’40 del secolo scorso si capì che ogni cultura ha una sua complessa logica interna. Ogni cultura è buona se funziona per soddisfare i bisogni essenziali di un gruppo. Ciò ha inevitabilmente condotto negli studiosi a un relativismo culturale e soprattutto etico, mentre nella mentalità media occidentale è rimasta (e oggi sembra purtroppo vincente, sia per ignoranza sia per sete di dominio) l’idea di superiorità e di diritto al disprezzo e al dominio verso le altre culture. Ulteriori sviluppi della dottrina, pur importanti, non possono qui esser discussi. Le novità tecnologiche degli ultimi 30 anni nel campo della comunicazione e della mobilità, insieme a squilibri economici (che abbiamo visto) e demografici (che non possiamo discutere) hanno condotto a una società umana tendenzialmente pluriculturale, legata soprattutto dall’unicità delle strutture economiche planetarie.

Ciò costituisce una ulteriore sfida alla Chiesa: annunciare un unico Vangelo che noi crediamo per fede essere il Verbum salutis per ogni essere umano, indipendentemente dalla sua cultura. È questa una sfida diversa dalla precedente: là si trattava di porsi severamente e criticamente di fronte a una globalizzazione economica già consolidata e intrinsecamente disumanizzante. Qui invece si tratta di esser presente in un processo in atto: uno scontro inevitabile fra la visione dell’unicità e solidarietà tendenziale della famiglia umana verso una convivenza pluriculturale pacifica e feconda per tutti, e la visione di diverse identità culturali, razziali, etniche, da difendere contro tutti. In questo quadro evolutivo l’annuncio del Vangelo si trova ad essere improvvisamente – per la misteriosa volontà di Dio – in una posizione forse unica. La Chiesa porta un Vangelo che è destinato a tutte le genti, a tutti gli esseri umani. E al tempo stesso deve aiutare tutte le genti ad accogliere e vivere il Vangelo senza espropriazioni culturali, come fece il Signore e come fece, con fatica e non senza scontri, la Chiesa apostolica. Il Vangelo non è espressione di una cultura: è rivelazione di un Dio Padre di tutti, ed è quindi istanza critica e di indirizzo per ogni cultura, ivi compresa la cultura occidentale.

La GS esprime senza incertezze quest’annuncio.

1 – Ogni essere umano ha diritto alla cultura dei suoi padri (53)

2 – Ogni grande tradizione culturale può aiutare a scoprire nuove vie verso la verità, e anzi a “melius intelligi” la stessa “revelata Veritas” (44).

3 – La Chiesa ha molto da offrire a tutte le culture, e al tempo stesso arricchirsi al contatto con le varie culture (58).

Di fatto la Chiesa per 2000 anni (a partire dallo stesso Paolo) si è sviluppata, si è arricchita dottrinalmente e spiritualmente all’interno della cultura occidentale, inevitabilmente legata a schemi mentali dell’Occidente, schemi di origine precristiana (post-platonica e post-aristotelica) riletti dai primi Padri alla luce del Vangelo, per sistematizzarne l’annuncio. Teologia dogmatica, liturgia, annuncio e prassi morale si sono arricchite e approfondite all’interno dell’Occidente e dei suoi modelli culturali. La divisione fra le varie denominazioni cristiane rispecchia in gran parte la divisione fra ‘subculture’ dell’area occidentale. Oggi è evidente il rischio di contrabbandare per Vangelo elementi filosofici, comportamentali, spirituali che – pur buoni in se stessi – non fanno parte della Verità rivelata. A ciò si deve aggiungere la pesantezza delle strutture ecclesiastiche, necessarie a una società visibile ma, come ogni struttura, tendenzialmente resistenti a ogni variazione significativa. Il recente sinodo dei vescovi ha manifestato apertamente questo disagio.

Questa è dunque la sfida che una globalizzazione pluriculturale sta ponendo duramente alla Chiesa. Questo è il momento – unico in tutta la storia della Chiesa – di far valere la forza della Parola, forza unificante in Cristo e profondamente rispettosa delle umane diversità. La Chiesa non deve imporre con poteri umani, ma deve proporre e offrire a una umanità in profonda crisi questo Verbum salutis.

IV

Abbiamo già indicato l’importanza essenziale delle nuove tecnologie della comunicazione per la globalizzazione economico-finanziaria e anche per quella culturale. Occorre però mettere in evidenza un aspetto troppo spesso trascurato: la comunicazione di massa (CDM). Essa è controllata dai grossi poteri finanziari privati, e serve da pilota per le loro operazioni globalizzanti. Dobbiamo comprenderne il perché e il come. La CDM è la comunicazione mirata a un pubblico indeterminato, o a un ampio gruppo (target), in ogni caso più ampio possibile: dell’ordine di milioni di riceventi. Con la tecnologia del silicio (transistors) e i circuiti stampati, radio e televisione – e più recentemente internet – sono strumenti di ricezione economici, alla portata di quasi tutti gli esseri umani. Ciò è relativamente nuovo dagli anni ’70 una radiolina è alla portata di tutti, e ormai anche la TV è anche nei villaggi più poveri. Solo da poco dunque si può parlare di comunicazione di massa planetaria: i grandi numeri sono assicurati.

Per essere efficiente, occorrono però investimenti enormi: nella produzione di programmi; nelle diverse reti di diffusione; nelle tecnologie necessarie; nella costruzione, messa in orbita, accesso ai satelliti. Fino a circa il ’95 questi investimenti erano di corporations specializzate per ciascun settore. E rispettivamente, in modo sommario ed esemplificativo: cinema e programmi radio-TV (Walt Disney); reti di trasmittenti, ripetitori, cavi coassiali, (ABC, NBC, CNN, Bell, RAI, Mediaset); roduttori di chips, memorie, software (Intel, Sony, Microsoft); Hughes e Raytheon per i satelliti. Negli ultimi anni la necessità di capitali sempre maggiori, la riduzione dei costi e altri elementi hanno dato luogo a una corsa alle fusioni fra le varie corporations (1994: la General Electrics compra la NBC; 1995: la Walt Disney compra l’ABC; e così via fino alla fusione fra la potentissima Times-Warner e la America On Line. Il sistema privatistico USA tende ormai a ridurre al minimo lo spazio delle reti pubbliche in tutto il mondo. Lo scopo è sempre e solo la ricerca di massimizzazione del profitto privato.

Per capire come avviene il ritorno degli investimenti occorre riflettere sul termine ‘informazione’. Noi siamo usi a intendere informazione fra umani come passaggio di notizie, di sentimenti, di conoscenze. di qualunque tipo. Con l’automazione nelle fabbriche il concetto è radicalmente diverso: l’informazione tecnologica è sì un passaggio di informazione, ma l’informazione dell’uomo alla macchina non mira a farle sapere qualcosa, mira invece a modificare lo stato iniziale della macchina (da moto a arresto o viceversa, da una velocità o una posizione a un’altra etc.). Nella CDM è questo il concetto standard di informazione: si mira a plasmare a proprio vantaggio la mente, i gusti, le opinioni, le conoscenze del maggior numero di riceventi. Il grande numero di cui abbiamo parlato è perciò necessario, ed è necessario in specie per calcolare statisticamente quale percentuale di riceventi risponderà alle aspettative del trasmittente. Nella CDM i concetti di ‘vero’ e ‘falso’ non hanno alcun significato né importanza: importa solo l’efficacia del messaggio trasmesso. Nella CDM l’unico scopo è far reagire il ricevente a vantaggio del trasmittente e dei suoi scopi. Ciò vale per le notizie, ma anche per la promozione commerciale e per ogni forma di intrattenimento. Detto brutalmente: in TV tutto è falso, anche le informazioni vere, che vengono selezionate e modulate in modo che il ricevente reagisca ad esse come il trasmittente vuole.

Di qui nasce il ritorno economico o politico-militare (di potere sull’uomo) che è funzionale a quello economico. L’influsso può e sempre più potrà avere esiti devastanti, in forme diverse.

- con la pubblicità si possono indurre bisogni di cose perfettamente inutili, salvo che per chi le produce e cerca di venderle;

- con pubblicità e intrattenimenti si possono presentare come desiderabili case, stili di vita, forme di vita associata (In pubblicità tutti sono giovani o giovanili, tutti ridono, le donne sono spesso massaie dedite tutto il giorno a pulire, lucidare, lavare, o alternativamente sono seminude. Nei film la pistola o il mitra o l’abito o il denaro dell’eroe positivo sono percepiti come buoni;

- di norma si mira a creare una mentalità consumistica: rendere desiderabili consumi inutili, rendere desiderabile avere di più per vivere a certi livelli sociali, promuovere investimenti finanziari spesso fantasiosi.

Più in profondo, la CDM passa quasi esclusivamente dal mondo ricco a quello povero, ma non viceversa. Anche le trasmissioni locali dei Paesi poveri sono derivate o acquistate o controllate dai Paesi ricchi. Vi è la minaccia di una omologazione culturale che sta già distruggendo molte identità culturali, di una globalizzazione dell’American Way of Life che impone subdolamente al mondo intero un modello preciso di ‘vita buona’. Vi è soprattutto la minaccia della marginalizzazione di ogni forma di religiosità che non sia puro spettacolo (e spesso si confonde questo con un preteso ‘ritorno del sacro’).

La chiesa, e il suo annuncio di un Vangelo annunciato ai poveri, sono a forte rischio, e a me sembra che non ci se accorga. Come affrontare questo pericolo per la famiglia umana e per le anime è una domanda a cui non vi è risposta univoca, e che molti ambienti ecclesiastici non si sono neppure posta. Eppure è a rischio non solo il Vangelo, ma anche il diritto alla propria identità culturale, a una sobrietà di vita che consenta una condivisione di beni; è a rischio una vera comunicazione plurilaterale, e con essa è a rischio la fraternità e l’unità nella diversità, così necessaria alla pace.

Concluderò richiamando il punto di partenza che ho proposto all’inizio: la globalizzazione delle strutture fondamentali della vita della famiglia umana è una possibilità irreversibile. Ma l’attuale dominio e sfruttamento di questa ricche possibilità è ormai una realtà che sta consolidandosi. Tutte o quasi le possibilità sono in mano di interessi privati di enormi dimensioni, a cui, per loro stessa natura, la famiglia umana non interessa affatto se non come terreno di profitto. Contro questa tragica realtà la Chiesa è chiamata a schierarsi, senza timore di inimicarsi i poteri terreni. Ogni cristiano è chiamato a impegnarsi in questa battaglia, anche se sembra persa in partenza. Ognuno, e specialmente voi giovani a cui il congresso si rivolge, deve essere luce del mondo, sale della terra.

Enrico Chiavacci

(Firenze, il 30 aprile 2002)

 

Letto 2859 volte Ultima modifica il Giovedì, 07 Novembre 2013 10:31
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search