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Venerdì, 10 Giugno 2011 22:38

José Comblin

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Quello che J. Comblin ci raccontò nel 2007

Se vorrete leggerete questa "storia", vi renderete conto che ha molto da insegnarci, da farci riflettere. Nella storia dell'uomo non solo Abramo ha lasciato Ur!

 

 

In occasione dei sessant'anni di ordinazione sacerdotale di José Comblin, un buon gruppo di amici/e e missionari/e si è riunito nel santuario di Ibiapina in Santa Fé (Arara), nella zona boschiva paraibica, per festeggiare la ricorrenza, riallacciare i contatti, rafforzare i vincoli e ravvivare lo spirito.
José aveva 85 anni ed era particolarmente euforico.
Egli ci confidò dei particolari della sua vita, cosa che non era solito fare.
Fin da quando era molto giovane i suoi talenti intellettuali avevano attirato l'attenzione di familiari ed educatori.

 

Quando, all'incirca verso i 16 o 17 anni, disse allo zio sacerdote che voleva farsi missionario, questi rispose prontamente: "Missionario no, tu sei troppo intelligente. Professore, questo sì, professore all'università di Lovanio".

In effetti, José studiò teologia a Lovanio ed ebbe occasione di ammirare la competenza, l'impegno e l'onestà intellettuale di professori come Lucien Cerfaux e Gustavo Thils.
Quando il nuovo "dottore" fu nominato vicario ausiliare in una parrocchia di Bruxelles, fu una delusione:
"Compresi che non c'era più futuro per il cattolicesimo in Belgio".
Allora cercò un'altra cosa. Quando, rispondendo alla richiesta di Pio XII, l'università di Lovanio aprì un collegio per sacerdoti che desideravano partire per l'America Latina, egli fu uno dei primi candidati.
L'approdo in terra brasiliana all'età di 35 anni, nel 1958, José partì per il Brasile.
Nella conversazione del 2007 sottolineò: "Non ho lasciato il Belgio per rispondere alla richiesta del papa e nemmeno per combattere il comunismo, il protestantesimo o lo spiritismo (le tre minacce dell'epoca, secondo il Vaticano).
Nemmeno sono partito per far fronte alla mancanza di sacerdoti.
Avevo capito che il cristianesimo si stava spegnendo in Europa e che avrebbe potuto rinascere solo al di fuori di un continente tanto deformato dalla lunga tradizione e dal colonialismo, dal traffico degli schiavi, dalla strage dei popoli, deformato anche dalla plurisecolare oppressione della libertà e delle forze vitali dell'essere umano".
Grande fu la sua gioia nel trovare qui, fin dai primi giorni, persone che condividevano il suo modo di vedere.
José rimase subito affascinato dal Brasile.
I suoi primi contatti furono con i giovani della JOC (Gioventù operaia cattolica), poi, come molti sacerdoti della sua generazione, fu influenzato da Cardijn, sacerdote della diocesi di Bruxelles e fondatore della JOC. Educato in un ambiente in cui si apprezzavano l'obbedienza, la discrezione e perfino la timidezza, egli trovò qui delle persone che non erano né obbedienti, né discrete, né timide. "Trovai persone veritiere, che non nascondevano ciò che erano, persone senza falsità".
Il fascino per il modo di essere brasiliano, a quanto pare, non lo abbandonò mai e questo mi fu confermato inaspettatamente dalla sorella che incontrai una volta a Bruxelles, nel 1980: "Cosa hanno fatto a mio fratello? Non è più lo stesso".
Comblin non è mai stato a Roma ("Cosa avrei fatto lì?"). Ma, nel 1968, l'arcivescovo Hélder Câmara gli chiese di redigere un testo per la conferenza dei vescovi a Medellin (Colombia).
José rimase nella sua camera e tambureggiò per un giorno intero sulla sua macchina da scrivere.
Ne sono testimone poiché a quel tempo vivevamo nella stessa casa, con  porte e finestre sempre aperte. Soprattutto a partire dai testi di José Comblin, Gustavo Gutiérrez (Perù) e Juan Luis Segundo (Uruguay) nacque allora l'espressione "opzione per i poveri", in realtà una conferma verbale di ciò che diversi vescovi già stavano praticando a quell'epoca, nella fedeltà al "patto delle catacombe" firmato a Roma al termine del concilio Vaticano II.
I tre teologi sapevano perciò che stavano costruendo su un terreno solido, ciò che più tardi fu confermato dal sorgere della teologia della liberazione.
Dom Hélder Câmara, che era un uomo perspicace, nel 1965 aveva chiesto a José Comblin di venire a lavorare a Recife.
In questo modo il consigliere di Dom Helder entrò, in poco tempo, in contatto con altri vescovi progressisti dell'America Latina come Leônidas Proaño (Ecuador), Mendez Arceo (Messico), Aloísio Lorscheider, José Maria Pires e molti altri.
La visione dei teologi della liberazione consisteva, in sostanza, nel rifiuto
dell'ideologia dello sviluppo e nell'approfondimento di temi quali l'oppressione, la dittatura economica e politica, il fascino del capitalismo (Jung Mo Sung) e la solidarietà con i poveri.
Quando, nel 1968, il testo cadde nelle mani dei militari, Comblin entrò in rotta di collisione con il sistema e, nel 1972, fu espulso dal paese. Allora cercò di vivere in Cile, ma anche lì Pinochet prese il potere nel 1974. L'unica possibilità, in seguito all'"apertura lenta e progressiva" del 1977, consisteva nel rimanere in Brasile in qualità di "turista" per periodi consecutivi di tre anni.
Il suo statuto legale fu regolarizzato a partire dagli anni 80.

La teologia della zappa
Nel frattempo, Comblin cambia un'altra volta l'orientamento della sua vita. Addio alla formazione sacerdotale nei seminari e istituti di teologia, addio alle grandi città. José scompare e inizia una peregrinazione di lunghi anni e di grandi percorsi a zig zag attraverso gli immensi spazi del Nordest, alla ricerca di persone da sensibilizzare alla sua "teologia della zappa".
L'agricoltura tradizionale del Nord-est lavora con la zappa, non con l'aratro. Ciò significa che la teologia della zappa parte dalla cosmovisione dell'agricoltore comune, cosa che suppone un "rovesciamento di tutti i valori" da parte di un teologo formato da Cerfaux e Thils.
Come teologo della zappa, José peregrina fino a tre giorni prima di morire serenamente in un angolo del movimento della Tranfiguraçao, a Salvador.
Negli ultimi anni ha potuto contare sulla dedizione incondizionata di Mônica Muggler che fece di tutto perché José potesse lavorare e viaggiare fino all'età di 88 anni! Lei era autista (lui invece non guidava la macchina), programma incontri (negli ultimi anni in maniera intensa attraverso il cellulare), organizza viaggi, inserisce testi in internet (laptop), incontra esponenti locali. Anche José ha il suo laptop.
Mi ha mandato un breve messaggio in occasione del suo anniversario,
cinque giorni prima di morire.
Il miracolo consiste nel fatto che un intellettuale straniero, di indole ritirata, riesca a stabilire un rapporto il più possibile stabile con la cultura analfabeta della zona interna del Nord-est. Un miracolo che, come tutti i miracoli, è incomprensibile.
In questo momento (31/03/2011) vengo informato che ci sono delle candele accese sulla sua tomba, accanto al tumulo del sacerdote Ibiapiana, nella tranquilla e limpida natura della zona boschiva paraibica, sotto gli alberi. E una donna afferma di essere guarita dopo aver pregato sulla tomba di José Comblin.

Eduardo Hoornaert

Questo articolo, che vi proponiamo, ci è parso molto interessante ed è stato tratto da SETTIMANA   del 19   DEL 15 MAGGIO 2011 delle Dehoniane, che vi invitiamo a visitare.

 

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Letto 6132 volte Ultima modifica il Martedì, 28 Giugno 2011 11:25

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