a) Il progetto di Francesco e Chiara è stato e deve restare una vita cristiana radicale: «osservare il santo vangelo», «seguire l’insegnamento e le tracce del Signore». Non dimenticatelo: non siete chiamati a una vita di diaconia specifica nella chiesa e nel mondo: le diaconie che assumete sono accidentali, non sono un vostro scopo. Questo significa però un primato dell’essere sul fare in equivalenza al primato dell’essere sull’avere. Il fare è assolutamente necessario per l’uomo e per il cristiano, ma dipende dall’essere. Essere un uomo evangelico, una donna evangelica: questa è la vostra chiamata. Nessuna fuga dal mondo né fuga dalla chiesa, ma essere quello che dovete essere...
b) So bene che ormai per il peso della storia e per la volontà ancora recente della Santa Sede i figli di san Francesco sono un ordine clericale e non più dei semplici fedeli tra i quali ci sono anche presbiteri, come desiderava e voleva Francesco. Nessun massimalismo, ma lasciate che cresca in piena comunione con voi anche una pianticella di frati «semplici fedeli» (laici - termine che aborro! -,se volete) che come Francesco ricordino che basta il vangelo e nient’ altro... Perché per tutti voi, anche presbiteri, la vita, è francescana se è «Osservare il santo vangelo» e basta, e la contemplazione è per tutti una necessità, non un’opzione! Occorrono oggi fraternità di uomini e di donne che al ritmo del mondo urbano siano umanizzate, pacifiche, capaci di mostrare il primato dell’essere sul fare: allora queste fraternità, conventi, comunità, potranno essere anche luoghi di preghiera per chi le abita e per chi sulla strada le cerca...
Luoghi in cui, come diceva Francesco, si possa credere in Dio benedicendolo e rendendogli grazie (Rnb 23,32) e «pregare sempre con cuore puro» (Rb 10,11). Uomini che non siano contemplativi nel senso evangelico che abbiamo definito, sono come ciechi in un mondo di luce, di bellezza e di colori.. Se la santità cristiana non è altra cosa che sviluppo della vita di fede, di speranza e di carità ricevute nel battesimo, allora questa crescita teologale abbisogna sia di contemplazione che di azione, che le sono coerenti.
Se amate dire di Francesco ché era diventato tutto preghiera, cominciate a essere uomini di preghiera e non dite mai: «Noi non siamo contemplativi!», perché questa è una scusa che appare oggi molto vile e manifestamente falsa!
Se la santità cristiana non è altra cosa che sviluppo della vita di fede, di speranza e di carità ricevute nel battesimo, allora questa crescita teologale abbisogna sia di contemplazione che di azione, che le sono coerenti.
Esiste purtroppo, oggi, un tipo di cristiano e quindi di «religioso», chiamiamolo pure «impegnato», che di fatto agisce, opera sempre per non riflettere. Questo isterico fare consola questo credente nella sua ignoranza, ma poco per volta lo svuota, finché giunge l’ora in cui non sa perché è cristiano... Bergson diceva: «Occorre agire come uomo che ha pensato e occorre pensare come uomo che deve agire». L’azione (magari «pastorale») è diventata il nuovo idolo al quale il credente si aliena continuamente. Oggi il cristiano non conosce più questi momenti indispensabili di distanza dall’ operare, di astensione dal fare, momenti in cui si deve interrogare su ciò che è e sul senso di ciò che fa. E la non conoscenza è sempre più estesa... Non conoscenza di sé, ma anche di Cristo, del suo mistero, del suo volto, della sua gloria!
e) Francesco e Chiara hanno iniziato un movimento comune, come dicono le fonti non interessate quali Giacomo da Vitry che parla di fratelli e sorelle minores come di una realtà unitaria: Il peso della tradizione monastica, il diritto della chiesa, la storia non li hanno solo distinti ma separati.
Non si tratta forse oggi di riscoprire questa verità, non per fare stravaganti comunità miste, ma per cominciare a respirare, voi francescani e voi clarisse, con i due polmoni dei vostri fondatori? Forse il Signore richiede da voi questa maggiore comunione non a parole, ma nella spiritualità, nella contemplazione!
di Enzo Bianchi
Monastero di Bose
Note
(1) Fondamentali per la questione restano ancora gli studi seguenti: i. Dupont, «Gnosis». La connaissance religieuse dans les épîtres de saint Paul, Louvain-Paris 1949; J. Leclercq, Études sur le vocabulaire monastique du moyen àge, Roma 1961 (Studia Anselmiana 48); J. Lemaitre-R. Roques-M. Vilier, sv. «Contemplation», in Dictionnaire de Spirilualité 11, 1762 55.; I. Hausherr, Hésychasme et prière, Roma 1966 (OCA 176), p. 247. Ma cf. anche: i. Leclercq, «La vie monastique est-elle une vie contemplative?», in CoIl. Cist. 27 (1965), pp. 108-120.
(2) Cf. Giuseppe Dossetti, «Testimonianza di un monaco», in L’esperienza religiosa oggi. Atti del 56’ corso di aggiornamento culturale dell’ Università cattolica. Sorrento. 21-26 settembre 1986, Milano 1986, pp. 221-244. Cf. Y. Cattin, «Le poème impossible», in Lumière et vie 207 (1992), pp. 5-19; C. Royon, «À l’ombre de la croix>,, in Lumière et vie 207 (1992), pp. 21-31.
(3) Cf. G. Moioli, «Sequela e contemporaneità del cristiano», in Communio 9 (1973), pp. 500-504.
(4) Cf. J.-H. Nicolas, Contemplazione e vita contemplativa nel cristianesimo, Città del Vaticano 1990, pp. 139-162; C. Royon, «À l’ombre de la croix», p. 23. Cf. anche A. J. Festugière, Contemplation et vie contemplative selon Platon, Paris 1950.
(5) Si pensi ad André Bernard che ancora recentemente ha scritto che la contemplazione del monaco conserva il carattere dell’oscurità nel cammino verso Dio, mentre la contemplazione dell’ apostolo si presenta come una luce proiettata sul mondo: s.v. «Contemplazione», in Nuovo dizionario di spiritualità, Roma 1979, p. 270.
(6) Cf. B. Besret, «Il problema dei fini della vita religiosa», in I religiosi oggi e domani, Roma 1968, pp. 59 ss
(7) Cf. J.-H. Nicolas, Contemplazione, pp. 44-46 e p. 276.
(8) Così A. Louf, «La dimension apostolique et contemplative de la vie religieuse», in Vie consacrée 3 (1985), p. 149.
(9) Jean Leclercq, osservando questa eredità, dovuta a Tommaso, di una dicotomia tra vita attiva e vita contemplativa, si chiede in che misura su questo argomento il pensiero dell’Aquinate rifletta lo spirito del vangelo: cf. J. Leclercq, La philosophie morale de St. Thomas d ‘Aquin devant la pensée contemporaine, Louvain, pp. 160-165. Cf. anche J. Brun, «L’action comme ombre de la contemplation», in La contemplation comme action nécessaire, Paris 1985 (Cahiers de J’Llniversité St. Jean de Jérusalem 11), pp. 26 ss.
(10) Cf Théophile d’Antioche, Ad Autolycum 1,2, SC 20, Paris 1948, p. 58.
(11) Ct. Th. Merton, La vie contemplative dans le monde actuel, Paris 1976, p. 52; cf. anche Th. Matura, Il progetto evangelico di Francesco d’Assisi oggi, Assisi 1982, p. 72 ss.
(12) Francesco a partire dalle sante Scritture dà a Dio ottantasei nomi e quarantotto a Cristo. Vedi su questa eloquente conoscenza scritturistica e spirituale di Francesco: Th. Matura, Francesco parla di Dio, Milano 1992, pp. 7 e 11
(13) Cf. U. Occhialini, «Francesco d’Assisi», in La lectio divina nella vita religiosa, Bose 1994, pp. 323-341.
(14) Cf. 11. Sbaralea, Bullarium Franciscanum Romanorum Pontificum, t. 1, Romae MDCCLIX, p. 37; cf. anche J. Garrido, La forma di viso di S. Chiara, Milano 1989, pp. 236-243.
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