Appena li vide, Gesù disse: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un samaritano. Ma Gesù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio, al di fuori di questo straniero?” E gli disse: “Alzati e va; la tua fede ti ha saIvato”
Leggi attentamente e lentamente il testo più volte perché metta radici in te.
Applica tutto/a te stesso/a alla Parola
Meditatio
Essendo il villaggio sul confine tra Galilea e Samaria il gruppo era formato da nove galilei e un samaritano: Pur non potendosi vedere che per insultarsi, samaritani ed ebrei, nella sventura si sentivano uguali e si aiutavano”.
Essi chiedono, a voce alta, di essere risanati. Gesù li vede e presta loro una sollecita attenzione, ma non li guarisce immediatamente; li invia dai sommi sacerdoti affinché riacquistino anche l’autonomia per riprendere la vita sociale nel consorzio degli uomini (cfr. Lv 14,2). E durante il tragitto sono sanati.
Fin qui nulla di particolare rispetto ad altri miracoli; la singolarità sta nel fatto che di La reazione di Gesù è di stupore per un’unica presenza riconoscente; per questo dona al samaritano la guarigione integrale con la remissione dei peccati fronte all’evento straordinario della guarigione, uno solo, il samaritano; lo straniero, sente l’esigenza e il dovere di ringraziare, “lodando Dio a gran voce”. La reazione di Gesù è di stupore per un’unica presenza riconoscente; per questo dona al samaritano la guarigione integrale con la remissione dei peccati: “Alzati e va, la tua fede ti ha salvato”. Tutti si sono sottomessi al comando del Signore vincendo la prova della fede, ma uno solo ha superato quella della gratitudine.
Il miracolo ci offre l’opportunità di riflettere sulla virtù del ringraziamento che stiamo smarrendo sia nei riguardi di Dio che degli uomini, disconoscendo il legame della nostra vita con un Altro e con tanti altri.
L’uomo contemporaneo si proclama sempre più “creatore” che “creatura” continuamente plagiato dall’invito che l’antico tentatore fece ad Adamo ed Eva: “Sarete come Dio” (cfr. Libro della Genesi 3,4-5); vale a dire: “Sarete indipendenti da Dio; potrete voi decidere cos’è bene e cosa è male; diventerete gli arbitri della morale”. In quel momento l’uomo si sottrasse all’Amore, cercando soltanto in sè la propria identità (cfr, Libro della Genesi cap. 3). E l’esistenza senza Dio, per i nostri progenitori e per noi, divenne ed è una tribolazione essendosi abbassato il livello della dignità dell’uomo ed incrinati i rapporti con il Creatore, con le cose e con gli altri uomini. Ricordava il card J. Ratzinger nel Concistoro Straordinario indetto nel1991 da Giovanni Paolo II e dedicato alle minacce alla vita: “La radice ultima dell’odio contro la vita umana, di tutti gli attacchi contro la persona è la perdita di Dio. Dove Dio è eclissato, scompare anche la dignità assoluta della vita umana…. Nella lotta per la vita il discorso su Dio è indispensabile”. E il card, G. Biffi, nella stessa circostanza, aggiungeva: “Il guaio primario e più radicale della scristianizzazione cioè del rinnegamento della creaturalità, non è la perdita delle fede: è la perdita della ragione”. E portava un esempio molto attuale: “Si è riusciti a convincersi che sopprimere una vita umana ai suoi inizi (embrione o feto) non sia sopprimere una vita umana”.
Perché dobbiamo ringraziare Dio? Per i suoi continui ed abbondanti doni: dalla vita alla nuova giornata, dalle soddisfazioni che quotidianamente ci offre alla salvezza attualizzata in Gesù Cristo, E allora nella nostra preghiera è opportuno ritrovare il giusto equilibrio tra quella di domanda e di supplica e quella di lode e di ringraziamento, spesso dimenticata.
Essendosi ridotto il nostro ringraziamento a Dio, è scomparso anche quello nei confronti degli uomini. Questa mancanza rende arida la convivenza, pesante la quotidianità, povera d’amore l’esistenza, perché come ricorda un proverbio africano: “La riconoscenza è la memoria del cuore”.
Ci stiamo convincendo ed educando i nostri figli al tutto dovuto sia in famiglia che nel sociale ma anche nella Chiesa, dimenticandoci dell’importanza esistenziale del legame con gli altri. Ci scordiamo che nessun uomo è un’isola o un bene solo per se stesso ma è indissolubilmente unito agli altri, dipendendone in molteplici modi e anche la sua realizzazione avviene sempre con il loro concorso, Dando ciò per scontato, dobbiamo purtroppo riconoscere che non facciamo memoria delle molte persone che lavorano per noi ogni giorno e non ricordiamo a quante dobbiamo riferirci e rendere merito.
Così pensando si affievolisce la solidarietà e trionfa l’individualismo, dimenticandoci la responsabilità nel ricercare il bene dei singoli e della collettività, scordandoci che siamo garanti anche degli altri, soprattutto di quelli che hanno avuto meno. Il cristiano ha il dovere di potenziare la loro vita non solo donando cose o tempo ma favorendo la loro crescita e la loro realizzazione.
Terminato di leggere questo commento ricorda che esso ti da soltanto degli stimoli ciò che conta è che
tutta questa Parola la applichi a te
Cioè applicata concretamente alla tua vita, al tuo esistere quotidiano.
Sei cosciente che il tuo esistere è indissolubilmente legato all’esistere degli altri?
Comprendi che la tua realizzazione avviene sempre con il concorso degli altri?
Sei una persona solidale? Individualista?
Con il tuo modo di pensare e di vivere favorisci la crescita e la realizzazione degli altri?
Ed ora quando la Parola ti avrà finalmente toccato ed illuminato, quello che avrai meditato trasformalo in una preghiera che nasca dal tuo cuore.
ORATIO
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