Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Trentacinquesima parte
2. L'interiorità
Gustare Dio (è risonanza del Sal. 33, 9) produce un cambiamento determinante per il resto della vita. Il P. Colin ritiene anche che questa esperienza all’inizio del cammino religioso sia un punto di riferimento per tutto il resto della vita:
“Più tardi nello scorrere della vita, quando uno ha gustato Dio, se ne ricorda e vi ritorna con piacere” (Ibid., Doc. 63, n. 3, p.190; Doc. 64, n. 1: “Una volta che essi (i novizi) sono uniti a Dio essi si arricchiranno più in un giorno che attraverso quello che voi potrete fare. Sì, se essi hanno gustato Dio una volta, voi non avrete più che una sola preoccupazione, sarà quella di moderarli”.)
Lo spirito d’interiorità introduce nella vita “in Cristo”, riveste il religioso di lui; è come essere il “corpo del suo corpo e l’anima della sua anima”. Al P. Eymard consigliava:
“Dato che la nostra vita è una vita di azione, rivestendovi di Nostro Signore, voi sarete sempre in pace e la vostra stessa anima sarà sempre occupata come in una dolce preghiera”. (Ibid., Doc. 45, nn. 1-2)
l’interiorità consiste nello stabilire l’anima in un atteggiamento di preghiera. L’ideale non la quantità, bensì l’immergere l’anima in uno stato di preghiera, avvolgerla con lo “spirito di adorazione”, alimentarla con il “gusto per la preghiera”: essa infatti è la linfa che nutre l’albero e l’olio che alimenta la lampada:
“Colui che non ama la preghiera assomiglia ad un albero morto o almeno languente… E’ un albero che produce foglie, forse anche qualche fiore, ma non dei frutti… E’ una lampada che fa del fumo o che è sul punto di spegnersi”. (Ibid., Doc. 132, nn. 8-9)
Il traguardo che il P. Fondatore propone ai Maristi, da una parte, prevede che sia raggiunto con le pratiche di pietà le più normali e senza stravaganze e individualismi (Constit., art. VII, nn. 37 ss., pp. 12ss; Ibid., cap. II, art. II, n. 95, p. 35) e, dall’altra che si percorra il cammino della vita interiore fino all’unione mistica con Dio. Per questo maestro “in rebus divinis viisque spiritualibus peritissimo”, ci si applichi a fondo allo studio della teologia mistica (“Parole di un fondatore”, cap. III, art. V, n. 153, p. 53), già iniziato negli anni dello scolasticato e ritenuto da P. Colin un supplemento indispensabile alla teologia scolastica, senza il quale non si potrebbe conoscere, né dirigersi e neppure dirigere gli altri (“Parole di un fondatore”, op. cit., Doc. 79, n. 7, p. 226).
Tra le pratiche che al P. Colin sembrano le più atte a mantenere e favorire lo spirito dell’Istituto, la meditazione (Constit., cap. II, n. 86, p. 31,; Ibid., art III, n. 107, p. 38) occupa un posto di particolare rilievo: essa è “fon set origo omnium bonorum spiritualium” (Ibid., cap. V, art. I, n. 182, p. 62), a cui si attinge la sapienza della vita.
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Trentaquattresima parte
Lo spirito o spiritualità marista, come scaturisce dal carisma, si incarna in quattro atteggiamenti: l’interiorità, la povertà, la precarietà e la comunione. Ne delineiamo i contenuti.
1. L’interiorità
La dimensione più profonda in cui vive lo spirito marista è la “vita vera interna”; essa – nella mente di P. Colin – “ Istituti caracter quasi proprius esse debet”. ( Constit., art. VIII, n. 37, p.14) .
Benché la Società di Maria sia un istituto dedicato primariamente all’azione e alla vita apostolica e non ordinato unicamente alla preghiera (“Parole di un fondatore” , op. cit., Doc. 132 , nn. 12-13), tuttavia il P. Fondatore ha pensato che fosse necessario che il Marista attingesse costantemente dall’esempio di Maria lo “spiritus intimae cum Deo unionis” (Constit., art. X, n.49, p. 18). Donde l’importanza per il Marista della complementarietà: “contemplazione-azione”.
Gli Entretiens ci rilevano il metodo che il P. Colin voleva applicato fin dai primi mesi della formazione in vista di stabilire questo fondamento dello spirito marista. Secondo il Fondatore, nei primi due o tre mesi si dovrebbe mirare solo ad unire i novizi a Dio, a portarli allo spirito di preghiera:
“Una volta che ci fosse l’unione con Dio, il resto andrebbe da solo . quando il buon Dio è nel cuore egli agisce in tutto; senza quello, tutto ciò che voi fate è del tutto inutile; avrete ben a piantare, ad affaticarvi, manca il principio vivificante. Ma quando un novizio ha gustato Dio una volta, tornerà a Lui continuamente; è come una risorsa che egli ha nella sua anima ed alla quale è necessariamente ricondotto come al centro; amerà intrattenersi con Lui”. (Parole di un fondatore, op. cit., doc. 63, n.2)
Questo testo è molto significativo sia per conoscere il metodo pedagogico del Fondatore, sia per la grande esperienza spirituale che denota in lui: l’unione a Dio e l’esperienza viva della sua presenza diventano come la chiave della vita spirituale.
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Trentatreesima parte
A noi interessa ora cogliere il nesso tra lo spirito e il carisma della Società di Maria nel pensiero del P. Colin, seguendo principalmente le Costituzioni da lui redatte e approvate dal Capitolo Generale del 1872.
Se il carisma è l’intuizione profonda, donata dallo Spirito Santo al Fondatore dell’Istituto, e il discernimento della fede per comprendere le esigenze del Vangelo e ciò che è richiesto per rispondergli, lo spirito dell’Istituto è lo “stile di vita” che permette di tradurre pienamente il carisma in un preciso contesto di motivazioni teologiche e spirituali che scaturiscono dal carisma.
Il P. Colin paragona lo spirito dell’Istituto al carattere dell’individuo; Entretiens Spirituels, Doc 102, n.3, “Esigete che un individuo non segua il suo spirito, il suo carattere, un certo modo di reagire, una certa ampiezza nel giudicare. Ebbene, esigete che un individuo non segua il suo spirito, il suo carattere, voi esigete da lui l’impossibile… Questo spirito, questo carattere, è Dio che glieli ha dati. Egli ne deve trarre il miglior partito possibile e non preoccuparsi del resto. Una società ha egualmente il suo Spirito, chi glielo ha dato? Se questo Spirito è contenuto nella Regola, è evidente che è stato Dio a darglielo”.
Lo spirito si esprime in una regola di vita, che costituisce il patrimonio proprio a cui fare continuo riferimento per realizzare la fisionomia dell’Istituto nella Chiesa: è il modo specifico di realizzare il Vangelo con le sottolineature derivanti dagli aspetti del mistero di Cristo impliciti nel carisma dalla regola di vita si distingue il regolamento, costituito dall’insieme delle norme e delle consuetudine che regolano dall’esterno il modo di vivere del religioso. (Cfr. L. Guccini, Carisma persona e comunità nella vita religiosa, Bologna, s.d., pp. 26-27.)
Il P. Colin, pur avvertendo l’importanza del regolamento per l’organizzazione dell’apparato istituzionale e delle opere della Società di Maria, nelle varie Costituzioni da lui redatte ha voluto raccogliere in un articolo speciale il suo pensiero sullo “spirito dell’Istituto”. Lo “spiritus” delineato in tale articolo esprime la genialità cristiana specifica della Società con cui si traduce la fede e il carisma religioso: contiene la “spiritualità” dell’Istituto, l’anima di tutte le norme. (Parole di un fondatore, Doc. 174, n. 1: “Una Società deve avere il suo spirito; lo spirito di una Società è come l’anima che anima i corpi; se lo spirito è buono, tutto va bene”.)
“Spirito” è anche riferimento costante all’azione dello Spirito Santo che rende traducibile praticamente il carisma attraverso la fedeltà alla vocazione dell’Istituto e dei suoi membri.
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Ventottesima parte
In primo luogo faccio ora riferimento ad alcuni brani del volume "Parole di un Fondatore", che riporta discorsi, riflessioni, esortazioni del P. Colin, citandoli sinteticamente.
Nei paragrafi 42, 3; 117, 3; 119, 9 il P. Colin ci dice che:
"la Chiesa nascente è il modello della società di Maria che non ha altri modelli che quella".
Nel paragrafo 115, 5: "la Società di Maria ne deve rappresentare i primi tempi".
Nel 120, 1 afferma che la Società deve irrigare una nuova Chiesa.
Nel 150 che deve imitare la Chiesa nascente.
Vorrei ora puntualizzare in modo più approfondito, secondo la Tradizione (dei Padri) e secondo il pensare di Colin, le parole apostolato ed apostolico, sulle quali avremo modo di tornare quando esporremo la spiritualità della missione Marista.
Ciò che diciamo ora di apostolato ed apostolico è un approfondimento di quanto esposto brevemente nella parte XXIV.
Nelle costituzioni della Società di Maria del 1872 al numero 8 il fondatore ci dice: "nei vari ministeri a cui devono attendere (i religiosi) si comportino con tale modestia, dimenticanza di sé ed abnegazione da risultare veramente sconosciuti e come nascosti in questo mondo".
La missione così concepita nasce e matura in uno stile di vita determinato dall’esempio di Cristo unico modello degli apostoli.
Leggiamo in proposito quanto dicono le Costituzioni del 1872 al n. 244.
Poiché fa parte dello scopo della Società andare di luogo in luogo a diffondere la parola di Dio e catechizzare gli incolti, al fine di adempiere un così santo imitare sempre Nostro Signore Gesù Cristo, il quale, prima di insegnare in pubblico, volle restare quaranta giorni nel deserto; dopo andò per le città e i villaggi della Giudea predicando ovunque che il regno di Dio era vicino e invitando i peccatori a penitenza.
Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
di Padre Franco Gioannetti
Ventiseiesima parte
L’umiltà di Gesù costituisce il fulcro del mistero di Nazareth. La "kénosis" dell'Unigenito figlio di Dio, del Verbo del Padre, si realizza storicamente nella nascita da una madre obbediente ed umile in un ambiente dl grande povertà materiale. Ed alle umili e povere persone che ha attorno a sé, come suoi primi adoratori, Egli "era sottomesso".