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Omelia

di Don Paolo Scquizzato,

Omelia

di Don Paolo Scquizzato,

Prima lettura: 2Re 5,14-17

In quei giorni, Naamàn 14Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato.
15Tornò con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». 16Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L'altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. 17Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore.

Salmo: 97

Rit.: Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Alleluia, Alleluia, Alleluia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. Rit.

2 Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

3 Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d'Israele. Rit.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.

4 Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! Rit.

Seconda lettura: 2Tm 2,8-13

8Ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio Vangelo,
9per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.

Ma la parola di Dio non è incatenata! 10Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. 11Questa parola è degna di fede:

Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
12se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
13se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.

Canto del Vangelo: 1Ts 5,18

Alleluia, alleluia!

18 In ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

Alleluia!

Vangelo: Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».

OMELIA

 

«Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea» (v. 11).

Perché l’amore potesse dirsi compiuto (Gerusalemme), Gesù dovette passare dentro-attraversare la Samaria e la Galilea, simboli da sempre di lontananza, ‘non popolo’, di inimicizia, di infedeltà.

Stando al Vangelo di Giovanni (cap. 4), sarà proprio in Samaria a risiedere la sposa infedele che muore di sete, di una sete esistenziale che né l’acqua del pozzo (il possesso delle cose), né la passione grande dell’amore (i sei uomini che l’hanno posseduta), e tanto meno l’adorazione del suo Dio sul monte Garizim (la religione), hanno potuto estinguere. Gesù dovrà proprio passare da lì per unire a sé la propria amata (l’umanità malata d’amore) e mostrarsi finalmente come il ‘settimo’ uomo (numero della pienezza) ossia il compimento del cuore.

Proviamo a tradurre tutto questo in parole semplici: per incontrare il nostro Dio e farne esperienza, l’unico luogo che dobbiamo frequentare, l’unico pellegrinaggio che dobbiamo compiere è risiedere ‘malati d’amore’ là dove siamo in questo momento: il nostro peccato, il nostro limite, la nostra debolezza, la nostra fragilità è il posto che lui sceglie di attraversare, perché possa avere senso il suo ‘andare a Gerusalemme’, ossia il vivere l’Amore. È la nostra lontananza da lui, il luogo dove lui può starci vicino. Sono le nostre zone perdute, i luoghi dove Dio può farci visita.

Gesù, entra in un villaggio – la parte più indecente di me – e «gli vennero incontro dieci lebbrosi» (v. 12), dieci ‘morti viventi’, secondo la religiosità del tempo, le mie zone d’ombra.

Gesù entra e il ‘male’ gli si fa incontro! La misericordia è calamita che attira a sé la miseria!

A questo punto succede un fatto strano: Gesù non li guarisce! Dice loro semplicemente: «Andate a presentarvi ai sacerdoti» (v. 14).

Si tenga presente che secondo l’Antico Testamento, i lebbrosi non possono recarsi dai sacerdoti perché questi risiedono nella città santa, Gerusalemme, la città di Dio.  E nella città santa – al Tempio – non possono accedere gli impuri.

Il significato è splendido. Gesù mi dice: non temere, non credere più che non puoi avvicinarti a Dio come sei. Vai, cammina, credici! E vedrai cosa succederà mentre camminerai con la tua verità esistenziale verso la Verità. Abbi fede che così come sei, con la tua storia, con la tua fragilità, con le zone di ombra che ti porti dentro, con le tue continue cadute e con tutti i tuoi sbagli Dio ti sta già attraversando, è già in cerca di te.

«Mentre essi andavano furono purificati» (V. 14b). La guarigione, la nostra ‘ricreazione’ avviene in itinere, durante il lento procedere della nostra storia personale. L’importante è camminare, procedere, non lasciarsi bloccare da inutili e sterili sensi di colpa.  “La meta è la via” ricorda la tradizione taoista. Infatti la lebbra di questi dieci malati, scompare proprio durante il loro lento cammino.

Non ci è più chiesto di guarire per poterci avvicinare a Dio, ma siamo guariti perché Dio è già in noi. Perché in ultima analisi la nostra lebbra, il peccato che ci condanna a rimanere fuori dalla vera vita, è la mancanza di fiducia verso Dio immaginato come padre-padrone, giudice e castigatore, verso gli altri considerati nemici, e verso noi stessi considerati sbagliati.

Tutti e dieci son stati purificati, ma uno solo torna indietro a ringraziare (v. 15).

Il contesto in cui inserire questo brano è evidentemente quello eucaristico, di ringraziamento. Gesù domanda: «e gli altri nove dove sono?». Attenzione, questa domanda non è tanto un rimprovero per i nove assenti che non son tornati indietro a ringraziare (Dio non rimprovera nessuno e non vuole sudditi che ringrazino il Dio-sovrano piegandosi  per la grazia ricevuta), bensì un  richiamo proprio per questo che è tornato a fare eucaristia da solo. Qui risuonano come un’eco le parole che Dio rivolse a Caino in Genesi: «dov’è tuo fratello?». L’unione con Dio, il frequentarlo – anche a livello sacramentale – non può mai esaurirsi in un fatto personale e intimistico. O riconosciamo Dio come Padre perché fratelli, o per noi rimarrà sempre e solo un idolo. Ogni eucaristia celebrata si realizza nella missione vissuta. Ogni eucaristia diventa di per se stessa un mandato ad amare i fratelli, infatti la si definisce anche Messa, da ‘missio’, missione. Se non si parte in missione a recuperare i fratelli nell’amore dopo aver partecipato alla Messa, si perde anche ciò che si è celebrato in Chiesa.

 

CAMMINO DELLA SETTIMANA

Durante la messa della Domenica ciascuno memorizzi alcuni passi, personalmente coinvolgenti, e li mediti durante tutta la settimana.

Ad esempio:

  • 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».

  • 2 Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
    agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

    Buon cammino!!

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    Anno C –

    Omelia di Don Paolo Scquizzato,

    Prima lettura: Ab 1,2-3; 2,2-4


    2Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
    e non ascolti,
    a te alzerò il grido: «Violenza!»
    e non salvi?
    3Perché mi fai vedere l'iniquità
    e resti spettatore dell'oppressione?
    Ho davanti a me rapina e violenza
    e ci sono liti e si muovono contese.
    2Il Signore rispose e mi disse:
    «Scrivi la visione
    e incidila bene sulle tavolette,
    perché la si legga speditamente.
    3È una visione che attesta un termine,
    parla di una scadenza e non mentisce;
    se indugia, attendila,
    perché certo verrà e non tarderà.
    4Ecco, soccombe colui che non ha l'animo retto,
    mentre il giusto vivrà per la sua fede».

    Salmo: 94

    Rit.: Ascolta oggi la voce del Signore, anima mia.

    Alleluia, Alleluia, Alleluia.

    1 Venite, cantiamo al Signore,
    acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

    2 Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
    a lui acclamiamo con canti di gioia. Rit.

    6 Entrate: prostrati, adoriamo,
    in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

    7 È lui il nostro Dio
    e noi il popolo del suo pascolo,
    il gregge che egli conduce. Rit.

    Se ascoltaste oggi la sua voce!
    8 »Non indurite il cuore come a Merìba,
    come nel giorno di Massa nel deserto,

    9 dove mi tentarono i vostri padri:
    mi misero alla prova
    pur avendo visto le mie opere. Rit.

    Seconda lettura: 2Tm 1,6-8.13-14


    6Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani. 7Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. 8Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
    13Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l'amore, che sono in Cristo Gesù. 14Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

    Canto del Vangelo: 1Pt 1,25

    Alleluia, alleluia!

    La parola del Signore rimane in eterno.
    E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.

    Alleluia!

    Vangelo: Lc 17,5-10

    5Gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sradicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe.
    7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? 8Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».

    OMELIA

     

    Credo che una grande colpa di un certo cristianesimo – di sempre – sia stato quello di tradire la terra in nome del cielo. Pensare che tutto si risolva in un indefinito ‘aldilà’, mentre qui, in questa ‘valle di lacrime’ siamo solo di passaggio, e che per quanto ora possiamo soffrire, ciò che ci sarà riservato in paradiso ci farà dimenticare tutto il male subìto.

    Ebbene, no. Questo non è cristianesimo, questo non è vangelo ma soprattutto non è essere uomini e donne di fede. Gesù non ha mai identificato la fede col quieto vivere, non ha mai invitato a tradire la terra in nome del cielo, non ha mai parlato di aldilà come dimora di anime pie, o di premi di consolazione celesti per religiosi frustrati.

    Dovremmo inserire nei nostri catechismi una virtù in più, ovvero la ‘fede nell’umanità’. Forse, prima di credere in Dio, sarebbe necessario cominciare a credere nell’uomo: «la fede nella possibilità che l’uomo ha di liberarsi del suo male è una qualità straordinaria. La fede nell’uomo è la fede nell’impossibile, è la fede, per esempio per chi lotta perché il mondo sia fatto da uomini eguali fra loro e senza violenza» (Balducci).

    Ci portiamo dentro l’idea che l’uomo – per la sua innata debolezza – da solo non ce la può fare, che ci voglia comunque un dio che lo sollevi, che gli dia una mano, che lo aiuti con la sua santa ‘grazia’. Ma il Vangelo di oggi è chiarissimo: ‘solo dopo che hai fatto tutto ciò che dovevi fare, solo dopo aver vissuto da uomo, fino all’estremo, sino alla morte, solo dopo potrai dire “sono un servo inutile”’. Ma non prima. Non ti è dato disertare la storia, sino a quando non sarai venuto alla luce della tua squisita umanità, fino a quando non diventerai finalmente vivo. Anche perché ‘alla fine’ a risorgere saranno solo i vivi, non i morti.

    L’uomo religioso invece ha l’insana abitudine di dire già in corso d’opera: ‘sono inutile’, e ‘ho bisogno di un dio come stampella delle mie insufficienze, tappabuchi della mia inconsistenza’.

    La fede nell’umano occorrerebbe mettere in campo nel nostro vivere quotidiano. Fede come fiducia nella capacità di bene insita in noi stessi, nella nostra retta coscienza, nella nostra profondissima capacità di amare. Si sposterebbero così montagne di odio e di violenza, d’intolleranza e d’ignoranza.

    Oggi, ancora qualcuno crede in Dio, ma chi crede ancora nella bontà dell’uomo?

    «Abbiamo avuto uomini che hanno saputo morire per il futuro dell’umanità, hanno dato voce alla specie umana e sono morti per questo. Che importa se dicevano che in cielo non c’è nessuno? In cielo ci sono tanti idoli. Ce li abbiamo messi noi. Forse è una via necessaria anche quella di spopolarlo, visto che molta sostanza di umanità è stata proiettata e come alienata nel cielo delle immaginazioni. Quel che conta è la fede nel futuro dell’umanità. Dobbiamo essere intransigenti contro i rassegnati. I veri nemici del futuro non sono i cattivi, i terroristi, ma i rassegnati.

    C’è una serenità illegittima, come quella di certe comunità di fede che si riuniscono e poi si nutrono di Alleluia in un mondo pieno di armi. La fede seria è quella che ci mette di fronte all’Epulone e al Lazzaro e ci chiede di pronunciarci» (Balducci).

    CAMMINO DELLA SETTIMANA

    Durante la messa della Domenica ciascuno memorizzi alcuni passi, personalmente coinvolgenti, e li mediti durante tutta la settimana.

    A livello di esempio ne alleghiamo 2, qui di seguito, ma i più importanti sono quelli che durante la Messa hanno colpito il vostro cuore:

    • «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».

    • Oggi, ancora qualcuno crede in Dio, ma chi crede ancora nella bontà dell’uomo?

    Buon cammino!!

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    di Don Paolo Scquizzato,

    Prima lettura: Sir 3,19-21.30-31

    17Figlio, compi le tue opere con mitezza,
    e sarai amato più di un uomo generoso.
    18Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
    e troverai grazia davanti al Signore.

    19Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
    ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
    20Perché grande è la potenza del Signore,
    e dagli umili egli è glorificato.

    28Per la misera condizione del superbo non c'è rimedio,
    perché in lui è radicata la pianta del male.
    29Il cuore sapiente medita le parabole,
    un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

    Salmo: 67

    Rit.: Hai preparato, ho Dio, una casa per il povero

    Alleluia, Alleluia, Alleluia.

    4 I giusti invece si rallegrano,
    esultano davanti a Dio
    e cantano di gioia.

    5 Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, Rit.

    6 Padre degli orfani e difensore delle vedove
    è Dio nella sua santa dimora.

    7 A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
    fa uscire con gioia i prigionieri. Rit.

    10 Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
    la tua esausta eredità tu hai consolidato

    11 e in essa ha abitato il tuo popolo,
    in quella che, nella tua bontà,
    hai reso sicura per il povero, o Dio. Rit.

    Seconda lettura: Eb 12,18-19.22-24a

    18Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, 19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. 22Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all'adunanza festosa 23e all'assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, 24a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova,

    Canto del Vangelo: Mt 11,29ab

    Alleluia, alleluia!

    28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.

    29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore,

    Alleluia!

    Vangelo: Lc 14,7-14

    «Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. 7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedigli il posto!». Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: «Amico, vieni più avanti!». Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato»12Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

    OMELIA

     

    La Lettera agli Ebrei afferma con forza che per entrare in contatto con Dio e quindi con la Vita stessa, non solo non è necessaria più alcuna mediazione gerarchica e plenipotenziaria,  ma che la via da seguire non è più quella che punta dritta verso il cielo, bensì quella che passa per l’uomo. Insomma, siamo al consueto e folle paradosso evangelico: «Dio si incontra incontrando l’uomo e non incontrando Dio».

    Gesù è venuto a liberare le coscienze in forza della consapevolezza che Dio suo Padre, non si trova sulla vetta della montagna, ma nell’incontro con l’uomo: “Nell’assemblea festosa” dei figli che si riconoscono tra loro fratelli (v. 22).

    Si ‘conosce’ Dio ‘conoscendo’ l’uomo. E qui conoscenza ha tutta la portata evangelica che sappiamo, ossia di esperienza, passione e compassione.

    È interessante notare come questa idea fondamentale nel Vangelo, tradita pressoché immediatamente dalla Chiesa nella storia, sia stata ripresa dal Concilio Vaticano II, ma purtroppo più come idea teorica che come opportunità di vera conversione:

    «Il popolo di Dio è un popolo ‘regale’, non ha cioè né capi né re su di sé. È il popolo stesso re di sé stesso.

    È un popolo sacerdotale, per cui non ci sono i preti fra lui e Dio perché lui stesso – il popolo – ha il sacerdozio. Siamo tutti sacerdoti in virtù del battesimo.

    È un popolo profetico capace cioè di conoscere il futuro del regno di Dio, il futuro dell’uomo e non ha esperti che lo possa ammaestrare».

    Dunque la Parola di questa domenica è tutta volta a rispondere alla domanda fondamentale: dove poter incontrare il nostro Dio?

    Non in cielo, e non attraverso alcuna mediazione con i detentori del ‘potere celeste’ che a certe condizioni (morale, cultuale, rituale …) si arrogano il diritto di aprire o sbarrare le sue porte (cfr. Mt 23, 13), ma nell’uomo assetato e affamato. Il Vangelo di oggi è inequivocabile a questo riguardo.

    La società che viene qui auspicata, quella conforme al sogno di Dio, non è quella formata da un gruppo religioso – nella fattispecie quello cristiano – che grida “Viva Dio”, o “io sto con Dio”, ma quella dove a tutti è dato sedersi alla medesima mensa per poter fare festa, senza distinzione tra ricchi e poveri condividendo in maniera equa i frutti della terra che è madre e perciò di tutti. «Questo è l’esser cristiani. Il nome di Dio viene dopo. È meglio che non si pronunci, per ora, perché ci imbroglia, e perché reintroduce un’idea creata dalla classe del potere. Solo se io amo il povero posso pensare a Dio senza sbagliare. Se non penso all’uomo, penso a Dio sbagliando. Questa è la verità che viene dal Vangelo» (Ernesto Balducci).

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    di Don Paolo Scquizzato,

    Prima lettura: Ger 38,4-6.8-10

    4I capi allora dissero al re: «Si metta a morte quest'uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest'uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». 5Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». 6Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, un figlio del re, la quale si trovava nell'atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c'era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango. 8Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: 9«O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c'è più pane nella città». 10Allora il re diede quest'ordine a Ebed-Mèlec, l'Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia».

     

    Salmo: 39

    Rit.: Signore, vieni presto in mio aiuto

    Alleluia, Alleluia, Alleluia.


    2 Ho sperato, ho sperato nel Signore,

    ed egli su di me si è chinato,

    ha dato ascolto al mio grido. Rit.

     

    3 Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose,

    dal fango della palude;

    ha stabilito i miei piedi sulla roccia,

    ha reso sicuri i miei passi. Rit.

     

    4 Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,

    una lode al nostro Dio.

    Molti vedranno e avranno timore

    e confideranno nel Signore Rit.

     

    18 Ma io sono povero e bisognoso:

    di me ha cura il Signore.

    Tu sei mio aiuto e mio liberatore:

    mio Dio, non tardare. Rit.

     

     

    Seconda lettura: Eb 12,1-4


    1 Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, 2tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. 3Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo. 4Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato

     

    Canto del Vangelo:

    Alleluia, alleluia!

    27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

     

    Alleluia!



    Vangelo: Lc 12,49-53


    49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

    51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

     

     

    OMELIA

    Gesù non è mai stato pacifista e tanto meno un 'non-violento'. Siamo stati noi a trasformarlo spesso (complice una certa insana cinematografia) in una sorta di figlio dei fiori, in salsa hippy.

    Gesù è stato un profeta, ossia un uomo che ha avuto sempre il coraggio della denuncia, della presa di posizione dinanzi all'affermarsi dell'ingiustizia e dell'ipocrisia, ossia ogni qualvolta il bene dell'uomo fosse minacciato da poteri forti e iniqui. Ha alzato la voce, quando in questione vi era la dignità delle persone, invitando i suoi a fare altrettanto (Mt 10, 27).

    Gesù non ha mai cercato la diplomazia o il parlare politically correct al fine di non urtare la sensibilità dei forti per paura di ritorsioni o di destabilizzare precari equilibri politici (Mt 23, 16ss.).

    Non è mai entrato nei palazzi dei potenti se non come prigioniero con le mani legate (Gv 18, 24).

    Gesù è il profeta che crea divisione, pur di vedere affermata la giustizia e la dignità dei poveri. Perché a un certo punto occorre decidersi da che parte stare. Quelli che stanno sempre al centro per paura di sbilanciarsi, i tiepidi, Dio – dice l'Apocalisse – li vomita (3, 16).

    Gesù non ha mai amato i quieti, e tanto meno il quieto vivere, ma ha elevato l'inquietudine a cifra dell'umano. E come tutti i profeti, ha minacciato le false ideologie, le false teologie, le istituzioni tese a difendere il proprio prestigio.

    Per Gesù ha sempre contato anzitutto l'uomo.

    «Ci sono forme di pace che sono disordini costituiti, che spremono lacrime di disgraziati. Non è questa la pace che noi vogliamo perché essa giova soltanto alla malizia umana. Vogliamo una pace il cui nome più immediato e più caro è quello della fraternità effettiva tra gli uomini» (Balducci).

    L'affermare la pace richiede il pungolo dell'inquietudine e la disponibilità a mettersi in gioco sino a dare la vita. Stare dalla parte di Dio e quindi dalla parte degli ultimi, chiederà di scegliere di rompere con un ordine costituito – civile o religioso che sia – e magari con la propria famiglia, con gli affetti più cari. È una questione di scelta. Accontentarsi nel proclamarsi pacifisti, gridando in ogni angolo 'pace, pace', non fa che perpetuare i conflitti profondi, aiutando la permanenza delle sopraffazioni.

    Presumere di essere con Dio  ma di fatto non stare e non lottare dalla parte dei poveri e dei disgraziati di questa terra, non è certo cristianesimo, e Lui stesso nell'ultimo giorno negherà per questo di conoscerci: «In quel giorno molti mi diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?". Ma allora io dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!» (Mt 7, 22).

    Mi chiedo quanto siamo quieti, noi cristiani, dinanzi allo stillicidio giornaliero dell'ingiustizia cui sono vittima i più poveri di questa terra rimanendo inermi spettatori. Quanto continua ad andarci bene una commistione scandalosa tra stato e Chiesa, in virtù di un Concordato che obbliga spesso la gerarchia ecclesiastica ad inchinarsi a scelte statali sciagurate solo per continuare a vedere affermati e preservati i propri vantaggi e privilegi.

    «Quello che a noi manca è la capacità di indignarsi quando la giustizia giace prostrata sulle strade e quando la menzogna furoreggia sulla faccia della Terra, una santa collera contro tutto ciò che nel mondo è ingiusto. La collera contro il saccheggio della Terra del Signore e la distruzione del mondo di Dio, la collera perché i bambini devono morire di fame mentre le tavole dei ricchi si piegano sotto il peso delle vivande, la collera per l'indulgenza di tanti verso la Chiesa, che non si avvede di poter vivere solo grazie alla verità e ignora che la nostra paura sarà la morte di tutti noi. Quello che ci è necessario è di perseguire senza sosta quella temerarietà che saprà lanciare la sua sfida e di cercare di cambiare la storia umana finché essa giunga a conformarsi alle norme del Regno. E ricordatevi, i simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba e il pesce, ma mai il camaleonte! E ricordate anche questo: la Chiesa è il popolo che Dio si è scelto, ma coloro che sono scelti saranno riconosciuti in base alle loro scelte» (Kaj Munk, 1898-1944) 

    - Anno C -

    di Don Paolo Scquizzato,

    Anno C –

    di Don Paolo Scquizzato,

    Prima lettura: 1Re 19,16b.19-21

    Ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto.
    19Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. 20Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse: «Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». 21Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.

    Salmo: 15

    Rit.: Mio Signore, sei tu il solo mio bene.

    Alleluia, Alleluia, Alleluia.

    Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

    2 Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,

    5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
    nelle tue mani è la mia vita. Rit.

    7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
    anche di notte il mio animo mi istruisce.

    8 Io pongo sempre davanti a me il Signore,
    sta alla mia destra, non potrò vacillare. Rit.

    9 Per questo gioisce il mio cuore
    ed esulta la mia anima;
    anche il mio corpo riposa al sicuro,

    10 perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
    né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Rit.

    11 Mi indicherai il sentiero della vita,
    gioia piena alla tua presenza,
    dolcezza senza fine alla tua destra.
    Rit.

    Seconda lettura: Gal 5,1.13-18

    1 Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

    13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. 14Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 15Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!

    16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. 17La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
    18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

    Canto del Vangelo: 1Sam 3,9; Gv 6,68c

    Alleluia, alleluia!

    Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

    Alleluia!

    Vangelo: Lc 9,51-62

    Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

    57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

    OMELIA

    Il cristianesimo non è questione di adeguamento, ma di compimento.
    Non siamo chiamati ad imitare Cristo, ma a dargli compimento in noi, concedere spazio al principio divino che ci portiamo dentro, entrarci in contatto sino ad esserne trasformati.
    La nostra vita dunque non consisterà nell’adeguarsi a verità estrinseche a noi (la legge), ma nel portare alle estreme conseguenze la verità che siamo, il nostro essere umani.
    Il Vangelo di oggi ci dona anche il segreto perché tutto questo possa compiersi: abbandonare tane, nidi e padri. Traducendo, potremmo affermare che è necessaria la ferma decisione di rompere anzitutto con l’immagine della madre; tane e nidi sono simbolo dell’utero materno, il mondo dei bisogni e delle sicurezze. Gesù invita a rompere con tutto ciò che ha a che fare con i nostri sogni, le nostre fiducie e certezze, di qualsiasi genere materiali, immaginifiche, religiose siano.
    Ora, questa rottura non va letta come rinuncia fine a se stessa, bensì come possibilità per un’autentica libertà. È nel vuoto e nell’abbandono – ossia ciò che la mistica chiama puro silenzio – che il divino può finalmente compiersi in noi. L’io deve essere liberato non tanto da qualcuno o da qualcosa, bensì ‘per’ qualcuno, perché Lui possa compiersi in pienezza. Attenzione tane e nidi possono includere anche le nostre immagini di Dio, il nostro presunto rapporto con lui nel quale siamo soliti trovare protezione, comprensione, rifugio, aiuto. È interessante notare che solo nel momento in cui Gesù sulla croce grida: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46; Mc 15, 34), sperimenta anche l’unione massima col Padre, il compimento del suo essere umano, la risurrezione.

    Gesù invita a rompere altresì con l’immagine del padre (v. 60), ossia col mondo di quegli affetti, di quei doveri, di quei rapporti che hanno il potere di determinarci, esercitare un forte impatto su noi, dominandoci. Proviamo a chiederci: quanto potere abbiamo concesso alle ‘personalità forti’ nella nostra vita, impedendoci di fatto di vivere in pienezza?
    Occorre insomma abbandonare i morti (cfr. 60), slegarci da quei fantasmi che presumiamo essere capaci di donarci vita dall’esterno. No, l’essenziale per vivere abita in noi. Occorre solo crederci fino in fondo, prenderne consapevolezza e poi concedergli spazio e farlo crescere, fino alla nostra piena trasformazione.

    CAMMINO DELLA SETTIMANA

    Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri:


    "Ti seguirò ovunque tu vada"


    L’essere ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 2, 27),


    non è dunque qualcosa che si è compiuto all’inizio, ma è la nostra destinazione,

    il compimento del nostro crescere nell’amore.

    Buon cammino!

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